Vico, La legge delle tre età

Questi due paragrafi del libro IV della Scienza nuova introducono alla dottrina delle tre età (degli dèi, degli eroi e degli uomini) che costituiscono, secondo Vico, il “corso” della storia.

 

a) Un ordine costante e mai interrotto (G. Vico, Princípi di una scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni [1744], libro IV, Introduzione)

 

In forza de’ princípi di questa Scienza, stabiliti nel libro I; e dell’origini di tutte le divine ed umane cose, ricercate e discoverte dentro la Sapienza poetica nel libro II; e nel libro III ritruovati i poemi d’Omero essere due grandi tesori del diritto naturale delle genti di Grecia, siccome la legge delle XII Tavole era stata già da noi ritruovata esser un gravissimo testimone del diritto naturale delle genti del Lazio: ora con tai lumi cosí di filosofia come di filologia, in séguito delle degnità d’intorno alla storia ideal eterna già sopra poste, in questo libro IV soggiugniamo [aggiungiamo] il corso che fanno le nazioni, con costante uniformità procedendo in tutti i loro tanto var” e sí diversi costumi sopra la divisione delle tre età, che dicevano gli Egizi essere scorse innanzi nel loro mondo, degli déi, degli eroi e degli uomini. Perché sopra di essa si vedranno reggere con costante e non mai interrotto ordine di cagioni e d’effetti, sempre andante nelle nazioni, per tre spezie di nature; e da esse nature uscite tre spezie di costumi; da essi costumi osservate tre spezie di diritti naturali delle genti; e, ‘n conseguenza di essi diritti, ordinate tre spezie di Stati civili o sia di repubbliche; e, per comunicare tra loro gli uomini venuti all’umana società tutte queste già dette tre spezie di cose massime, essersi formate tre spezie di lingue ed altrettante di caratteri; e, per giustificarle, tre spezie di giurisprudenze, assistite da tre spezie d’autorità e da altrettante di ragioni in altrettante spezie di giudizi; le quali giurisprudenze si celebrarono per tre sètte de’ tempi che professano in tutto il corso della lor vita le nazioni. Le quali tre speziali unità, con altre molte che loro vanno di séguito e saranno in questo libro pur noverate, tutte mettono capo in una unità generale, ch’é l’unità della religione d’una divinità provvedente, la qual è l’unità dello spirito, che informa e dà vita a questo mondo di nazioni. Le quali cose sopra sparsamente essendosi ragionate, qui si dimostra l’ordine del lor corso.

 

b) Tre spezie di governi (G. Vico, Princípi di una scienza nuova d’intorno alla comune natura delle nazioni [1744], libro IV, sez. Quarta)

 

 I primi furono divini, che i Greci direbbono teocratici, ne’ quali gli uomini credettero ogni cosa comandare gli dèi: che fu l’età degli oracoli, che sono la piú antica delle cose che si leggono sulla storia.

I secondi furono governi eroici ovvero aristocratici, ch’è tanto dire quanto governi d’ottimati, in significazion di fortissimi; ed anco, in greco, governi d’Eraclidi o usciti da razza erculea, in sentimento di nobili, quali furono sparsi per tutta l’antichissima Grecia, e poi restò lo spartano; ed eziandio governi di cureti, ch’i Greci osservarono sparsi nella Saturnia, o sia antica Italia, in Creta ed in Asia; e quindi governo di Quiriti ai Romani, o sieno di sacerdoti armati in pubblica ragunanza. Ne’ quali, per distinzion di natura piú nobile, perché creduta di divina origine, ch’abbiam sopra detto, tutte le ragioni civili erano chiuse dentro gli ordini regnanti de’ medesimi eroi, ed a’ plebei, come riputati d’origine bestiale, si permettevano i soli usi della vita e della natural libertà.

I terzi sono governi umani, ne’ quali, per l’ugualità di essa intelligente natura, la qual è la propria natura dell’uomo, tutti si uguagliano con le leggi, perocché tutti sien nati liberi nelle loro città, cosí libere popolari, ove tutti o la maggior parte sono esse forze giuste della città, per le quali forze giuste son essi i signori della libertà popolare; o nelle monarchie, nelle qual’i monarchi uguagliano tutti i soggetti con le lor leggi, e, avendo essi soli in lor mano tutta la forza dell’armi, essi vi sono solamente distinti in civil natura.

 

(G. Vico, Opere filosofiche, a cura di N. Badaloni, Sansoni, Firenze, 1971, pagg. 641 e 643)