Vogt, La concezione della vecchiaia prima e adesso

Dopo aver affermato che una volta la vecchiaia era considerata con grande rispetto e venerazione, Carl Vogt conclude constatando che nella seconda metà del secolo XIX essa sia ormai valutata come un ostacolo al progresso.

 

C. Vogt, Lettere fisiologiche, XXX

 

Il rispetto che la vecchiaia ispira in ogni uomo bene educato ha, in tutti i tempi, fatto considerare questa età come l’espressione del piú alto sviluppo dell’intelligenza. Se si considera come un massimo la scomparsa delle passioni, l’insensibilità nei confronti delle impressioni esterne, la mancanza di slancio, la scipitaggine delle produzioni spirituali e l’opposizione ad ogni progresso, si ha ragione di accordare al vecchio la saggezza che comunemente gli si attribuisce. Se si è occupato di scienze o di altri lavori che hanno bisogno di uno spirito superiore, il vecchio si attiene unicamente alle sue opinioni e alle sue idee; egli non è piú capace di contribuire al loro avanzamento; non comprende, al contrario, alcun progresso, e si compiace di ciò che regredisce; diffida quasi sempre di ogni novità e le rifiuta la sua approvazione; se l’accetta, non comprende le nuove vie che vanno aprendosi, non coglie le trasformazioni che subisce la scienza e che tendono a modificarla, trova invece che tutto gli era già noto da un pezzo e che i fatti nuovi non apriranno orizzonti nuovi. Ogni cosa è, al contrario, rimasta per lui quella che era prima. Quanto alla forza creatrice dello spirito, si può dire, senza ingannarsi, che tutte le produzioni simili, veramente concepite nel periodo della vecchiaia, potrebbero essere distrutte senza che le scienze o le lettere nel senso piú esteso della parola ne soffrano minimamente.

Una morte necessaria mette fine a questa retrograda metamorfosi del corpo e all’attività umana: essa non deriva da uno stato di infermità particolare, bensí da un indebolimento uniforme dell’attività vitale di tutti gli organi. Tale indebolimento, è vero, provoca in generale in questo o in quell’organo speciale una malattia mortale.

 

Grande Antologia filosofica, Marzorati, Milano, 1976, vol. XXIV, pagg. 116-117