Amore e giustizia


A cura di Daniele Albasini

Indice: Introduzione dell'autore, Poetica dell’amore, Prosa della giustizia, La dialettica amore/giustizia, Postfazione.

In questo breve saggio scritto al principio degli anni novanta, Ricoeur esplora la possibilità di una terza via tra le logiche antitetiche dell'amore e della giustizia. Se amore e giustizia avanzano rivendicazioni opposte e presentano una certa incommensurabilità, Ricoeur si assume il compito di ricercare mediazioni pratiche tra i due termini è, sfruttando le risorse dell’esegesi biblica. La stessa partizione dell'opera, e i titoli dei tre capitoli in cui è suddivisa, esibiscono con chiarezza l'impostazione dialettica adottata da Ricoeur: procedere dal riconoscimento di una contraddizione per giungere alla possibilità di una mediazione. Ma in che cosa consiste l'estraneità reciproca di amore e giustizia? Il riconoscimento di una "sproporzione" tra amore e giustizia può condurre all'esaltazione oppure alla "banalità emotiva", a un sentimentalismo che non pensa. Ricoeur intende invece analizzare le forme di discorso in cui prende corpo il linguaggio dell'amore. Vi è innanzitutto un legame essenziale tra amore e lode. Il discorso d'amore è per prima cosa un discorso di lode. A sua volta la lode appartiene al repertorio della poesia biblica, che si avvale di risorse espressive irriducibili al livello univoco di principi astratti. Per questo motivo l'amore fa resistenza all'analisi concettuale propria dei filosofi analitici. Fin dalla prefazione il filosofo francese prende le distanze dalle prospettive da loro privilegiate, che mirano a cogliere il contenuto normativo dell'amore. L'amore ha inoltre una forte capacità di produrre metafore; mobilita con il suo dinamismo una varietà di affetti che si raccolgono attorno a polarità opposte. Tale dinamismo ha la contropartita linguistica nella produzione di innumerevoli espressioni che esibiscono le varie modalità dell'amore. In ciò risiede il suo valore metaforizzante: la capacità di significare più di se stesso e indicare altre qualità di sé. Nella seconda sezione del saggio Ricoeur si sofferma su alcuni tratti della giustizia che con più evidenza si oppongono al discorso d'amore. Considerata come pratica sociale, la giustizia si identifica da principio con un apparato che comprende più cose: un corpo di leggi scritte, tribunali e corti, giudici incaricati di pronunciare la sentenza giusta. Sia nelle circostanze, sia nei suoi canali, la giustizia come pratica giudiziaria è parte dell'attività comunicativa: si traduce in un confronto di argomenti, di ragioni pro e contro, degni d'essere discusse, un confronto in un certo senso infinito, ma che deve pur risolversi nella decisione con cui il giudice fa valere, oltre alla bilancia, la forza della spada. Ciò che qualifica la giustizia a livello di pratica giudiziaria è dunque il suo formalismo. Più difficile da tracciare è il confine che separa l'amore dalla giustizia intesa come idea applicata alle istituzioni sociali. Ciò che accomuna la tradizione che inizia con l'Etica nicomachea di Aristotele e giunge sino a Una teoria della giustizia di Rawls è l'identificazione della giustizia con il paradigma distributivo. In quest'angolo visuale la società appare come una distribuzione di oneri e di benefici, di vantaggi e di svantaggi, di ruoli e di compiti. La formula più generale della giustizia intesa come virtù delle istituzioni sociali si racchiude nell'operazione del distribuire. La distinzione tracciata da Aristotele tra giustizia distributiva e giustizia aritmetica, nonché all'altra estremità della tradizione la regola del maximin di Rawls, determinano un ineludibile formalismo della giustizia. Così intesa essa può condurre, come esito più elevato, a una società in cui il reciproco disinteresse è il sentimento dominante. Questo impedisce il riconoscimento di un'autentica solidarietà in cui ciascuno si senta in debito verso ogni altro.
L'ultima parte del saggio mira ad individuare punti di equilibrio tra la poetica dell'amore e la prosa della giustizia, tra l'inno e la regola formale. Se la prassi è estranea all'inno, in cui l'amore è lodato per la sua bellezza ed altezza morale, nella regola di giustizia manca ogni riferimento all'amore, relegato nella sfera delle passioni. Sembra così esservi una tensione ineliminabile tra la "logica della sovrabbondanza" implicita nel comandamento d'amore ("amate i vostri nemici", Lc 6-27) e la "logica dell'equivalenza" racchiusa nella Regola d'oro (ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" Lc 6-31). Eppure osserva Ricoeur, se il comandamento d'amore abolisse la regola d'oro di giustizia, che tipo di distribuzione potrebbe mai venire istituita qualora la massima di offrire senza nulla attendere in cambio fosse eretta a principio universale? E del resto senza il correttivo del comandamento d'amore, la regola d'oro sarebbe forzata al rango di una massima utilitaristica: "do affinché tu dia" (do ut des). Anche il calcolo rawlsiano del maximin sarebbe, sostiene Ricoeur, una sottile variante dell'utilitarismo; solo l'affinità con il comandamento d'amore salverebbe il secondo principio di Rawls da una ricaduta in un irriflesso utilitarismo. Pur possedendo logiche discordanti amore e giustizia possono integrarsi. Il tentativo di esprimere quest'equilibrio è praticabile anche se impegnativo: "L'incorporazione tenace, via via, di un grado supplementare di compassione e di generosità in tutti i nostri codici - dal codice penale alle norme di giustizia sociale - costituisce un compito perfettamente ragionevole, benché difficile e interminabile" (p. 45). Come questo programma possa tradursi nella prassi non è però argomento toccato da Ricoeur. Questo breve saggio appartiene a una serie di scritti che hanno indotto di recente ad includere Ricoeur nella famiglia dei filosofi politici. Anche se la ricostruzione sommaria dell'idea di giustizia nella tradizione occidentale accetta il rischio di sottovalutare ogni specificità, collocando ad esempio Aristotele e Rawls in un medesimo paradigma, questo saggio ha il merito di richiamare l'attenzione sulla questione dei limiti di una impostazione normativa dei problemi di giustizia distributiva. Ricoeur lascia intendere che tale prospettiva conduce nell'ipotesi migliore a una società formata da persone reciprocamente disinteressate. E' la logica dell'amore, riscoperta attraverso l'ermeneutica biblica, che pone le basi per una solidarietà autentica in cui i soggetti si riconoscano debitori l'uno verso l'altro. Benché siano altri i temi che Ricoeur si propone di sviluppare in questo scritto, va detto però che nell'opera di Rawls si può rintracciare una versione di reciprocità più profonda di quella rilevata da Ricoeur. L'enfasi sul formalismo della giustizia rawlsiana, che sarebbe solo parzialmente riscattato dalla prossimità del principio di differenza con i contenuti dell'amore, è legata nell'analisi di Ricoeur alla priorità argomentativa attribuita alla complessa procedura di scelta escogitata da Rawls. Eppure, al di là del celebre artificio espositivo della posizione originaria e del velo di ignoranza, l'argomento intuitivo della lotteria sembra incarnare una versione più radicale di reciprocità, poichè sottolineando l'arbitrarietà delle dotazioni di partenza, sociali e naturali, esprime l'esigenza d'integrare la società alla luce di un'idea di fraternità democratica, che neutralizzi gli effetti provocati da fattori contingenti e iniqui sui piani di vita delle persone.


INDIETRO