JEAN BAUDRILLARD




LA NARRATIVA TEORICA E LE ILLUSIONI DELLA STORIA



Baudrillard sviluppò ciò che definì la “narrativa teorica”, o “teoria di simulazione”, o “teoria anticipatoria”. Tale ‘teoria’ intendeva simulare, cogliere e anticipare gli eventi storici, che egli riteneva precedessero sempre di molto ogni teoria contemporanea. Secondo lui, la situazione presente era più fantastica della fantascienza, o delle proiezioni teoriche di una società futurista. Nel saggio Rovine anoressiche pubblicato nel 1989, considerò il muro di Berlino come un segno di una storia congelata, anoressica, in cui nulla poteva più accadere, segnata da una “mancanza di eventi” e dalla fine della storia stessa; in questo contesto, il muro di Berlino era un segno di una stasi tra comunismo e capitalismo. Poco dopo, eventi piuttosto significativi distrussero quel muro che Baudrillard vedeva come permanente e inaugurarono una nuova epoca storica.

Lo stallo della Guerra Fredda rafforzò per molto tempo in Baudrillard l’idea che si stesse stabilendo una “storia congelata” in cui nessun cambio significativo potesse avere luogo. Già nelle sue riflessioni della metà degli anni Settanta, egli affermò che la guerra del Vietnam fosse un pretesto per incorporare la Cina, la Russia e alla fine anche il Vietnam in un mondo economico e in un ordine politico più razionalizzati e modernizzati, e nel suo libro sulla guerra del Golfo ribadì questa convinzione. Per Baudrillard, anche le torri gemelle del World Trade Center di New York simbolizzavano la storia congelata e la stasi tra i due sistemi del capitalismo e del comunismo. In generale, egli vedeva la storia come lo sviluppo della razionalità tecnologica, la quale si trasformava nel suo opposto, mentre il sistema incorporava sempre più elementi, producendo un ordine tecnologico migliore, che in seguito diventava irrazionale a causa dei suoi eccessi, delle sue illusioni e delle sue conseguenze imprevedibili. Questa analisi altamente astratta, tuttavia, occludeva fattori storici più specifici che sarebbero stati utili per analizzare come fosse costruita e come funzionasse la razionalità tecnologica, e come e perché essa non riuscisse nel suo intento. L’analisi trattava anche del tumulto creato da fenomeni come le crisi e le ristrutturazioni del capitalismo globale, l’ascesa del fondamentalismo, il conflitto etnico e il terrorismo globale che, in parte, si erano sprigionati in quanto reazione a una razionalizzazione globalizzata del sistema di mercato e allo smantellamento dell’ordine bipolare del mondo.

Le riflessioni di Baudrillard sulla guerra del Golfo presentavano un approccio simile, poiché vedevano in essa un tentativo del nuovo ordine mondiale di razionalizzare ancora di più il mondo; infatti egli riteneva che la guerra del Golfo in realtà servisse per introdurre l’Islam nel nuovo ordine mondiale. Il primo saggio sull’argomento, intitolato La Guerra del Golfo non c’è mai stata, fu inizialmente pubblicato pochi giorni prima dell’effettivo scoppio delle ostilità militari e ribadiva il concetto già considerato precedentemente di “eventi deboli” e “storia congelata”. A discapito di ciò che pensava Baudrillard, la guerra del Golfo ci fu davvero, ma questo non gli impedì di pubblicare altri studi, mentre il conflitto era in atto, nei quali dichiarava che la guerra “non stava accadendo davvero” e studi, dopo la fine dell’evento, nei quali asseriva che “non era accaduta” – sostenendo che era stata un’illusione mediatica e non una guerra vera. Ridurre eventi complessi come le guerre in categorie come la simulazione o l’iperrealtà chiarisce gli eventi mediatici alla luce della dimensione virtuale e tecnologicamente avanzata, ma ne cancella tutti gli aspetti concreti. Tuttavia, le categorie postmoderne di Baudrillard aiutano a comprendere alcune delle dinamiche della cultura del vivere nei mondi mediatici e computerizzati, dove sembra che alle persone piaccia immergersi in eventi simulati (ne è prova l’interesse per la guerra del Golfo nel 1991, i processi di O.J. Simpson tra il 1994 e il 1996, gli scandali a sfondo sessuale del presidente Clinton, vari altri spettacoli mediatici durante gli anni Novanta e gli attacchi terroristici dell’11 settembre nei primi giorni del terzo millennio).

Ne La fine dell’illusione, Baudrillard attaccò frontalmente quelle che egli considerava essere le illusioni comuni della storia, della politica e della metafisica, e cercò scherzosamente di spiegare le proprie previsioni politiche, che poi si erano rivelate sbagliate, secondo le quali la storia appariva in uno stato congelato, glaciale, in stallo tra l’Oriente e l’Occidente, e secondo le quali la guerra del Golfo non poteva accadere e la fine della storia era già avvenuta. Baudrillard diede libero sfogo ai suoi artifici retorici e alle analisi filosofiche per tentare di continuare a sostenere queste ipotesi a dispetto dei drammatici eventi degli anni 1989-1991, che egli riteneva essere degli “eventi deboli”, poiché gli eventi veri erano ancora “in sciopero” e la storia era scomparsa davvero. Egli continuava a essere dell’opinione che la modernità in quanto epoca storica era finita, con i suoi conflitti e scombussolamenti politici, le sue innovazioni e le sue rivoluzioni, il suo soggetto autonomo e creativo e i suoi miti del progresso, della democrazia, dell’illuminismo e simili. Egli dichiarava che questi miti, queste idee forti, erano terminati e perciò l’era del banale eclettismo, dell’implosione inerziale e dell’eterno ritorno delle stesse cose diventavano le caratteristiche delineanti.

Con il crollo del comunismo, l’era delle “idee forti”, di un mondo conflittuale di rivoluzione ed emancipazione universale, era finita. Secondo Baudrillard, il comunismo crollò a causa della sua stessa inerzia, si autodistrusse dall’interno, implose, più che morire nella battaglia ideologica o nella guerra militare. Con l’assorbimento dei suoi dissidenti nel potere, non c’era più un contrasto di idee forti, di opposizione e resistenza, di trascendenza critica. Con l’integrazione degli ex regimi comunisti nel sistema del mercato mondiale capitalista e della democrazia liberale, l’Occidente non aveva più un Altro contro cui combattere, non c’era più nessuna tensione creativa o ideologica, né una alternativa globale al mondo occidentale.

Baudrillard celebrò la venuta del nuovo millennio riproponendo alcune delle sue vecchie idee sulla clonazione, la fine della storia e la sparizione del reale in una serie di lezioni riunite ne L’illusione vitale (2000). Per lui, la clonazione era connessa al desiderio di immortalità, volto a sconfiggere il ciclo della vita. Perciò, non c’è da stupirsi se la criogenetica – il congelamento dei cadaveri umani nella speranza che possano rigenerarsi in futuro grazie ai progressi della medicina – è un’industria globale in completa espansione. Similmente, in un’era digitale, Baudrillard dichiarava che la storia era giunta alla fine e la realtà era stata uccisa dalla virtualizzazione, mentre la specie umana si preparava a un’esistenza virtuale. Egli si lamentava del fatto che l’era contemporanea era caratterizzata da eventi deboli, che nessun fatto storico cruciale aveva avuto luogo e che, quindi, la vita e il pensiero stavano diventando sempre più noiosi.

Subito dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, Baudrillard scrisse un articolo, Lo spirito del terrorismo pubblicato il 2 novembre 2001 su Le Monde. In questo articolo, egli sosteneva che gli assalti al World Trade Center e al Pentagono costituivano un “evento forte”, che gli attacchi erano “l’evento principale, quello da cui sono derivati tutti gli altri, l’evento perfetto che unisce in sé tutti gli eventi che non sono mai accaduti”. Baudrillard affermò che “lo sciopero degli eventi” era finito e da allora in poi ha continuato a concentrarsi intensamente sulle dinamiche e gli accadimenti della società contemporanea.

Il pensiero di Baudrillard fu riacceso dall’11 settembre e dalla successiva Guerra del Terrore: egli dimostrò la continua importanza di alcune delle sue categorie chiave e produsse alcune delle sue opere più provocative. Aveva scritto a lungo sul terrorismo e stava concentrando le sue riflessioni sulla globalizzazione quando accaddero gli attacchi dell’11 settembre. Replicò prontamente con l’articolo di Le Monde, subito dopo tradotto e ampliato in uno dei libri più provocatori e controversi sul terrorismo, Lo spirito del terrorismo: requiem per le Torri Gemelle (2002). Per Baudrillard, gli attacchi dell’11 settembre rappresentavano un nuovo tipo di terrorismo, che mostrava una

 

“forma di azione che sta alle regole del gioco, che le stabilisce, esclusivamente con l’obiettivo di infrangerle […] si sono impossessati di tutte le armi del potere dominante”.

 

Ciò significa che i terroristi, nell’opinione di Baudrillard, avevano usato gli aereoplani, i computer e i media, associati alle società occidentali, per produrre uno spettacolo di terrore. Gli attacchi avevano evocato uno spettro di terrore che faceva credere che il sistema stesso della globalizzazione e il capitalismo e la cultura occidentali fossero minacciati dallo “spirito del terrorismo” e da possibili attacchi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo.

Per Baudrillard,

 

“i discorsi e i commenti fatti dopo l’11 settembre sono indice di un’enorme abreazione post-traumatica sia nei confronti dell’evento stesso, sia nei confronti dell’interesse che esso esercita. La condanna morale e l’unione sacra contro il terrorismo sono direttamente proporzionali alla prodigiosa esultanza provata nell’aver visto questa superpotenza globale distrutta”.

 

Baudrillard comprese che i terroristi speravano che il sistema reagisse in maniera spropositata in risposta alle molteplici sfide del terrrorismo: “è il modello terrorista che provoca un eccesso di realtà e fa crollare il sistema al di sotto di quell’eccesso”.

Secondo Baudrillard, gli attacchi dell’11 settembre rappresentavano “lo scontro della globalizzazione trionfante in guerra contro se stessa” e inauguravano una “quarta guerra mondiale”:

 

“La prima aveva posto fine alla supremazia europea e all’era del colonialismo; la seconda al nazismo; e la terza al comunismo. Ciascuna ci ha portato sempre più vicini all’ordine mondiale unitario di oggi, che si sta ora avvicinando alla sua fine, in ogni parte, ad ogni lato in lotta contro forze ostili. Questa è una guerra di complessità frattale, condotta su scala mondiale contro realtà singole ribelli che, come gli anticorpi, oppongono resistenza in ogni cellula”.

 

Sokal e Bricmont hanno criticato Baudrillard per tale uso metaforico della terminologia scientifica. Riguardo l’iniziale pubblicazione della sua risposta sui giornali francesi e la sua immediata traduzione in inglese e in altre lingue, Baudrillard fu accusato di giustificare il terrorismo quando affermò nell’articolo apparso su Le Monde:

 

“Poiché era questa superpotenza intollerabile [gli Stati Uniti] che aveva originato sia la violenza che si sta diffondendo in tutto il mondo e l’immaginazione terrorista che (senza che ne siamo consci) è presente in ognuno di noi. Che il mondo intero senza eccezione alcuna ha sognato questo evento, che nessuno ha potuto fare a meno di sognare la distruzione di un’egemonia così potente – questo fatto è inaccettabile per la coscienza morale dell’Occidente. Cionondimeno, è un fatto, un fatto che si oppone alla violenza emotiva di tutta la retorica che cospira per nasconderlo. In fin dei conti, sono loro che l’hanno fatto, ma noi che lo speravamo”.

 

Baudrillard si difese dalle accuse secondo le quali tali riflessioni costituivano un anti-americanismo virulento o una legittimizzazione del terrorismo dichiarando:

 

“non elogio gli attacchi assassini – sarebbe da idioti. Il terrorismo non è una forma contemporanea di rivoluzione contro l’oppressione e il capitalismo. Nessuna ideologia, nessuna lotta per un obiettivo, neppure il fondamentalismo islamico, possono spiegarlo. […] Non ho glorificato niente, non ho accusato nessuno, non ho giustificato nulla. Non si dovrebbe confondere il messaggero con il suo messaggio. Io ho cercato di analizzare il processo attraverso il quale l’illimitata espansione della globalizzazione crea le condizioni per la propria distruzione”.

 

Infatti, Baudrillard fu anche l’autore di alcune riflessioni provocatrici sulla globalizzazione.

Ne La violenza del Globale, distinse tra il globale e l’universale, associando la globalizzazione alla tecnologia, al mercato, al turismo e all’informazione, in opposizione all’identificazione dell’universale con “i diritti umani, la libertà, la cultura e la democrazia.” Mentre “la globalizzazione sembra essere irreversibile, […] è probabile che l’universalizzazione sia sulla via del tramonto”. Altrove, egli scrisse:

 

“l’idea di libertà, un’idea recente, sta già svanendo dalle menti e dalle usanze, e la globalizzazione liberale sta prendendo una forma totalmente opposta – indicativa di una globalizzazione da stato-poliziotto, di un controllo totale, di un terrore basato su misure volte al mantenimento dell’ordine pubblico. La deregolamentazione si risolve in un valore massimo di obblighi e restrizioni, simile a quelli della società fondamentalista”.

 

Molti vedono la globalizzazione come la matrice dell’economia di mercato, della democrazia, della tecnologia, della migrazione e del turismo, e della circolazione su scala mondiale delle idee e della cultura. Baudrillard, curiosamente, prese le parti dei movimenti anti-globalizzazione che condannavano la globalizzazione come l’opposto della democrazia e dei diritti umani. Per lui, la globalizzazione era fondamentalmente un processo di omogeneizzazione e standardizzazione che era in contrasto con ‘il singolo’ e l’eterogeneità. Questa posizione, tuttavia, non riusciva a mettere in risalto le contraddizioni per le quali la globalizzazione produceva allo stesso tempo omogeneizzazione, ibridizzazione e differenza, e per le quali il movimento anti-globalizzazione corporativa stava combattendo per la giustizia sociale, la democratizzazione e maggiori diritti, fattori che Baudrillard collegava a una universalizzazione morente. In effetti, la lotta per i diritti e la giustizia costituiva una parte importante della globalizzazione, e la prefigurazione di Baudrillard dei diritti umani, della democratizzazione e della giustizia in quanto facenti parte di un’universalizzazione, obsoleta distrutta dalla globalizzazione, era teoricamente e politicamente problematica.

Prima dell’11 settembre, Baudrillard vedeva la globalizzazione e lo sviluppo tecnologico produrre la standardizzazione e la virtualizzazione che stavano eliminando l’individualità, la lotta sociale, la critica e la realtà stessa, mentre sempre più persone venivano assorbite nelle realtà iperreali e virtuali dei media e del ciberspazio. Questa sparizione della realtà costituiva il “crimine perfetto” che è il soggetto del libro dallo stesso titolo e che venne approfondito ne L’illusione vitale (2000). In quest’ultimo lavoro, Baudrillard si presentava in veste di “investigatore privato” in cerca dell’autore del “crimine perfetto”, l’assassino della realtà, “l’evento più importante della storia moderna”. La sua tematica ricorrente era la distruzione e la sparizione del reale nel regno dell’informazione e delle immagini, e il susseguente regno dell’illusione e dell’apparenza. In maniera nitzscheana, egli suggeriva che da allora in poi la verità e la realtà erano soltanto più delle illusioni, che le illusioni regnavano sovrane, e che quindi le persone avrebbero dovuto rispettare l’illusione e l’apparenza e rinunciare all’ingannevole ricerca della verità e della realtà.

Eppure, negli attacchi dell’11 settembre e nella successiva Guerra del Terrore, la differenza e il conflitto erano apparsi sul palcoscenico globale ed erano emerse forze eterogenee che il capitalismo sembrava incapace di assorbire e assimilare, forze che avevano prodotto quella che appariva come un’era di conflitto intenso. Gli apologeti ideologici della globalizzazione, come Thomas Friedman, furono obbligati a riconoscere che la globalizzazione aveva i suoi lati oscuri e che produceva conflitti, oltre a reti di collaborazione, interrelazioni e progresso. Naturalmente, restava da vedere come la Guerra del Terrore e gli intensificati conflitti globali sarebbero stati risolti.

 




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