JEAN BAUDRILLARD




CONCLUSIONE



Baudrillard non è mai stato tanto influente in Francia quanto lo era nel mondo anglofono e altrove. È un esempio del ‘popolare-globale’, un pensatore che ha i suoi seguaci e i suoi lettori in tutto il mondo. La sua influenza è stata più che altro ai margini di svariate discipline che spaziano dalla teoria sociale, alla filosofia, alla storia dell’arte, perciò è difficile valutare il suo impatto sulla visione tradizionale delle discipline accademiche. Egli è forse più importante in quanto parte della svolta postmoderna contro la società moderna e i suoi pensieri tradizionali. Egli sfida la saggezza convenzionale e mette in discussione dogmi e metodi tradizionali. Mentre le sue prime opere sulla società consumistica, l’economia politica del segno, la simulazione e i simulacri, e l’implosione dei fenomeni precedentemente separati gli uni dagli altri possono essere inserite all’interno della filosofia critica e della teoria sociale, molti dei suoi lavori scritti dopo gli anni Ottanta vanno, piuttosto consapevolmente, oltre la tradizione classica e nella maggior parte delle interviste del decennio passato Baudrillard ha preso le distanze dalla “filosofia critica” e dalla teoria sociale, dichiarando che l’energia della critica si è ormai spenta.

In questa maniera, egli emerge come un teorico interdisciplinare della fine della modernità. Si possono leggere le sue opere successive agli anni Settanta come se si trattasse di fantascienza che anticipa il futuro esagerando le tendenze attuali e fornendo così degli avvertimenti tempestivi riguardo ciò che potrà accadere se le propensioni correnti continuano. Non è una coincidenza che Baudrillard sia un aficionado della fantascienza e che egli stesso abbia influenzato un largo numero di scrittori e registi di fantascienza dell’epoca contemporanea, incluso quello di The Matrix (1999), in cui la sua opera è citata.

Comunque, in vista della sua esagerazione della presunta rottura con la modernità, non è chiaro se sia meglio considerare gli ultimi vent’anni del suo lavoro come fantascienza o come teoria.

Ovviamente, Baudrillard vuole tenere il piede in due staffe con i teorici sociali che ritengono che fornisca rilevanti prospettive sulle realtà sociali contemporanee e che riveli cosa sta realmente accadendo. E gli anti-sociologi ancora più cinici sono incoraggiati a unirsi alle sue narrative, al suo discorso sperimentale, ai suoi giochi. Nello stesso modo, a volte egli incoraggia i metafisici culturali a leggere i suoi libri come serie riflessioni sulle realtà del nostro tempo, ammiccando contemporaneamente, con il suo lato patafisico, a coloro che sono più scettici nei confronti di tali opere. Inoltre, i suoi scritti filosofici incitano i filosofi a difendere le loro posizioni contro le sue e a ripensare a certe questioni tradizionali alla luce delle realtà contemporanee.

Dunque, è difficile decidere se sia meglio leggere Baudrillard come fantascienza o come patafisica, o come filosofia, teoria sociale, metafisica culturale, e se le sue opere successive agli anni Settanta debbano essere considerate sotto il segno della realtà o della finzione. Le sue prime esplorazioni critiche del sistema degli oggetti e della società consumistica contengono alcuni dei suoi contributi più importanti alla teoria sociale contemporanea. Importante e originale è anche la sua analisi risalente a metà degli anni Settanta della mutazione drammatica all’interno delle società contemporanee e della comparsa di un nuovo modo di simulazione, che delineava gli effetti dei media e dell’informazione sull’intera società. Ma a questo punto del suo lavoro, Baudrillard cade preda di un determinismo tecnologico e di un idealismo semiologico che ipotizzano una tecnologia autonoma e un gioco di segni che generano una società di simulazione che crea una rottura postmoderna e la proliferazione di segni e simulacri. Egli cancella le sfere autonome e differenziate dell’economia, della politica, della società e della cultura postulate dalla teoria sociale classica, in favore di una teoria implosiva che valica anch’essa i confini disciplinari, unendo così la filosofia e la teoria sociale in una forma più ampia di diagnosi sociale e gioco filosofico.

In ultima analisi, Baudrillard è forse più utile come provocatore che sfida e mette in discussione la tradizione della filosofia classica e della teoria sociale che come qualcuno che fornisce dei concetti e dei metodi che possono essere applicati nell’analisi filosofica, sociale o culturale. Egli dichiara che l’oggetto della teoria sociale classica – la modernità – è stato superato da una nuova postmodernità e che perciò sono necessari strategie teoretiche, modi di scrittura e forme di teoria alternativi. Mentre il suo lavoro sulla simulazione e la rottura postmoderna, muovendo dalla metà degli anni Settanta fino ad arrivare agli anni Ottanta, fornisce una teoria postmoderna paradigmatica e un’analisi della postmodernità che è stata altamente influente, e che a discapito delle sue esagerazioni continua a essere impiegata per interpretare le tendenze sociali attuali, il suo lavoro successivo è probabilmente più di interesse letterario. In definitiva, Baudrillard va oltre la teoria sociale, in una nuova sfera del modo di scrittura che fornisce delle introspezioni occasionali all’interno dei fenomeni sociali contemporanei e critiche provocatorie della filosofia contemporanea e di quella classica e della teoria sociale. 

 




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