PIERRE BAYLE

A cura di Ernesto Riva

Pierre Bayle nacque a Carla, vicino a Tolosa, nel 1647 da famiglia protestante (il padre era un modesto ministro calvinista). Apprese il latino e il greco sotto la guida del padre e, dopo aver frequentato la scuola del paese natale, entrò nel 1666 nell’accademia di Puylaurens. Si trasferì successivamente a Tolosa e qui si convertì al cattolicesimo, rompendo con la propria famiglia. Ma nel 1670 abiurò il cattolicesimo e ritornò alla religione riformata. Alla fine del 1675 fu nominato professore di filosofia dapprima all’Accademia protestante di Sedan, poi a quella di Rotterdam, svolse un’intensa attività pubblicistica difendendo la tolleranza religiosa e la libertà di pensiero. La tolleranza religiosa trova il suo fondamento, secondo Bayle, nell’obbligo di ciascuno di seguire unicamente il giudizio della propria coscienza, obbligo che non può essere contrastato o impedito con la violenza anche se si tratta di una coscienza errante. Nel 1682 pubblicò i Pensieri sulla cometa, che costituiscono la sua prima presa di posizione contro il valore della tradizione come criterio o garanzia di verità. Nel 1684 iniziò la pubblicazione delle “Nouvelles de la République des Lettres”, un periodico letterario di grande diffusione e fortuna, che lo accreditò come protagonista della vita intellettuale europea. La critica di Bayle diventerà ancora più radicale nel Dizionario storico e critico (1697), che è la sua opera fondamentale. Morì nel 1706.

Ragione e storia
Il modo in cui il Dizionario storico critico è stato condotto rivela il compito negativo e critico che Bayle attribuisce alla ragione umana. La ragione risulta però purtroppo incapace di dirimere le dispute: essa è adatta soltanto a far conoscere all’uomo le sue tenebre e la sua impotenza. È più onesto riconoscere l’incapacità della ragione e accettare umilmente la parola di Dio, anziché ingannare se stessi con prove fittizie e dimostrazioni inconcludenti. Tuttavia c’è un altro insegnamento positivo e che è quello che Bayle esprime dicendo: “Non c’è nulla di insensato che ragionare contro i fatti”. Egli ritiene che bisogna risalire alle fonti di ogni testimonianza, vagliarla criticamente rispetto all’intento esplicito o sottinteso del suo autore, e rigettarla ogni volta che appaia infondata o sospetta. Da questo punto di vista, possiamo considerare Bayle il fondatore della acribia storica (rigore critico, precisione). Uno storico, per Bayle, “deve essere attento solo agli interessi della verità e deve sacrificare a questa il risentimento di un’ingiuria, il ricordo di un beneficio e l’amore stesso della patria”. Bayle ritiene disonesto per il filosofo o il teologo ignorare o chiudere gli occhi di fronte alle contraddizioni della propria dottrina almeno quanto è disonesto per lo storico ignorare o alterare i fatti.

Pensieri sulla cometa
Bayle è stato l’uomo, secondo Marx (cfr. La sacra famiglia, VI, 2), che avrebbe tolto ogni credito alla metafisica. Non solo. Egli avrebbe annunziato la società atea, la quale avrebbe dovuto cominciare presto ad esistere mediante la dimostrazione che una società di puri atei poteva esistere, che un ateo può essere un uomo rispettabile, che l’uomo non si degrada con l’ateismo ma soltanto con la superstizione e l’idolatria! L’occasione della celebre controversia sull’ateismo e della tesi difesa dal Bayle, fu l’apparizione nel 1680 di una cometa che mise in subbuglio tutta l’Europa poiché le masse la giudicavano un segno divino come presagio di malaugurio, foriero di fatti e eventi funesti: un castigo evidentemente e soprattutto contro quanti coltivavano l’incredulità e professavano l’ateismo. La tesi che Bayle sviluppò nei Pensieri diversi era contro ogni allarmismo superstizioso, ossia che nel caso non si trattava affatto di un segno straordinario di Dio, ma di un evento del tutto naturale. L’attribuire ogni fatto straordinario della natura a un miracolo o intervento speciale di Dio, il vedere in tali fatti dei presagi divini come fanno certi cristiani può essere un fomentare la superstizione e l’idolatria. I cristiani, se non vogliono ripetere l’errore dei pagani, farebbero meglio ad attribuirli alle cause naturali cioè alle leggi generali della natura stabilite da Dio, che non appellarsi a volontà particolari di Dio destinate a produrre miracoli. Quindi ciò che il Bayle vuole affermare è un criterio di sobrietà teologica: non nega affatto né la realtà né la possibilità dei miracoli ma, partendo dal caso specifico della comparsa della cometa, osserva che 1) simili fatti possono essere semplicemente naturali; 2) che non hanno affatto il carattere di un presagio divino, ossia non implicano una particolare connessione con la divina provvidenza ed i suoi rapporti con l’uomo e col governo del mondo; 3) un simile rapporto tornerebbe a tutto vantaggio dell’idolatria e della superstizione più che a danno e confutazione dell’ateismo.

La polemica sull’ateismo
Anzi - e qui Bayle entra nel vivo della questione - si può affermare che Dio abomina più l’idolatria e la superstizione, che pongono falsi dèi, che non l’ateismo. L’ateismo è semplice rifiuto, mentre l’idolatria è detta da Dio stesso furto e peggio ancora prostituzione. Più grave è errare sull’essenza del concetto stesso di Dio e adorare per Dio le creature, che non avere nessun concetto di Dio e non rendergli alcun onore. Infatti, basta scorrere la mitologia pagana che presenta gli dèi implicati in ogni sorta di brutture, per persuadersi che il genere umano era assai più corrotto nell’idolatria di quanto non possa esserlo nella semplice privazione della religione. Bayle osserva inoltre che, benché senza una grazia speciale nessun uomo possa, secondo la teologia, operare per il puro amore di Dio, pure l’uomo può comportarsi onestamente e fare buone azioni per i soli motivi umani, per inclinazione, per amore della lode o paura del biasimo: perciò può darsi benissimo che alcuni cosiddetti atei, benché privi di ogni religione, osservino una forma di convenienza e onestà civile. Perciò atei come Epicuro e Plinio potevano ben avere una vita onesta e regolata. Non è vero allora che l’ateo debba essere senz’altro immorale e immerso in ogni sorta di vizi, né basta sapere che una cosa è proibita da Dio per evitarla. L’ateismo è perciò minore ingiuria a Dio che non la negazione dei suoi attributi fondamentali e soprattutto della sua santità. È minore errore concepire Dio separato e disinteressato dal mondo, che non pensarlo dipendente dal medesimo come fa il paganesimo. In sintesi, il confronto non è perciò fra religione e ateismo in generale, ma fra paganesimo come religione corrotta e l’ateismo di alcuni, i quali possono aver ispirato la loro vita a principi di onestà e correttezza naturale. Il risultato del confronto è quindi che si possono dare persone che si dicono religiose, le quali conducono una vita disonesta, e persone che sono e si dicono atee, le quali conducono una vita onesta. In conclusione è dunque innegabile che lo scritto di Bayle sulle comete (si ricordi che siamo alla fine dei Seicento) tenda a togliere l’impressione di orrore che può suscitare l’ateismo e ad incutere un certo rispetto verso la categorie degli atei speculativi o teorici e a diffondere una esplicita accusa o sospetto di ipocrisia o di insufficienza verso la religione in generale. Quello che ha sollevato esplicitamente Bayle è in altri termini il problema dei rapporti fra morale e religione, che è tutt’altro che semplice. La morale e la religione sono correlate o devono essere autonome? In Bayle sembra che l’uomo possa arrivare a fare il bene anche partendo dalla negazione radicale di ogni religione. Qualunque sia stata l’intenzione di Bayle, il suo influsso sull’illuminismo e sul materialismo ateo dei secoli seguenti è stato enorme. Gli atei gli riconoscono il merito di aver messo fine alla loro clandestinità e di aver riconosciuto il patente diritto di uscire in pubblico e a fronte alta.

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