ELIA BENAMOZEGH



A cura di Ilaria Orsini



Elia Benamozegh è una tra le maggiori figure dell'ebraismo italiano dell'Ottocento. Nacque a Livorno il 24 aprile 1823 da una famiglia originaria di Fez, in Marocco, rimasto orfano ben presto, fu allevato dalla madre e dallo zio di lei Yehudah Coriat, rabbino e cabalista. Proprio dallo zio fu iniziato allo studio del Talmud e della qabbalah. Esercitò l'ufficio rabbinico nella città natale, Livorno e qui vi rimase tutta la vita e vi morì il 6 febbraio 1900. Benamozegh fu scrittore prolifico e spesso non soddisfatto del suo lavoro, come testimoniano le opere inedite; scrisse in ebraico, italiano e francese. Oltre che rabbino, fu filosofo e cabalista: si interessò alla filosofia, alla teologia, al diritto, alla critica biblica e alla filologia. Le sue opere ancora adesso sono ritenute fonte indispensabile per la comprensione di una serie di testi antichi. Attraverso i suoi testi, il lettore riconosce di trovarsi di fronte ad un pensatore colto e geniale, ma anche non rigoroso, a volte confuso come dimostrano le numerosissime note e aggiunte ai suoi testi. Questo aspetto particolare deve però essere ricondotto alla situazione culturale in cui Benamozegh scrive. Egli vive in un periodo in cui l'ebraismo europeo attraversa una forte crisi di identità: è l'epoca dell'ebraismo riformato. In questo periodo si sviluppa in ambito culturale la Wissenschaft des Judentums, la Scienza dell'ebraismo: la ricerca scientifica, i metodi di analisi del pensiero europeo, operano molte volte dei processi di assorbimento della cultura ebraica in quella occidentale, e non sempre la tradizione, l'ortodossia, a contatto con le nuove metodologie riesce a mantenere la propria stabilità. Benamozegh, a differenza di altri pensatori ebrei contemporanei, non troverà contrasto tra la scienza moderna e l'ebraismo: fu lettore di molte opere della tradizione filosofica occidentale, egli cita Hegel, che conobbe tramite le opere di Gioberti, Hartmann e, nelle scienze, Darwin; lesse la maggior parte delle opere di questi autori nella traduzione francese che si faceva inviare. La peculiarità di Benamozegh è di presentarsi sulla scena europea con una preparazione da autodidatta nella formazione filosofica, ma anche con un'eredità propria difficile da proporre. Egli è rabbino e, come professa egli stesso: "Il mio credo religioso è quello dell'ebraismo ortodosso", il suo retaggio culturale è quello di un ebreo proveniente dall'ambiente sefardita nord-africano, quindi notoriamente più tradizionalista: l'eredità esoterica della qabbalah ha un ruolo importante nel suo panorama culturale. Malgrado ciò, Benamozegh fu uno dei pochi pensatori ebrei che, in epoca moderna, riuscì ad associare l'erudizione occidentale con il proprio patrimonio culturale, visse in un contesto occidentale con il quale seppe intrecciare la propria cultura orientale. La tradizione, per Benamozegh, non è qualcosa di esaurito, di morto, è una dimensione antropologica e rappresenta l'elemento vitale dell'ebraismo, la sua anima. E' bene comunque ricordare che, proprio per la posizione che Benamozegh assume nei confronti della tradizione esoterica, egli fu al centro di molte discussioni, soprattutto nell'ambiente rabbinico; nota è la polemica che intrecciò con un'altra importante figura dell'ebraismo italiano ottocentesco: Samuel David Luzzatto. Il punto di contrasto verteva sull'importanza della tradizione cabalistica, essenziale per Benamozegh, inutile e dannosa per Luzzatto. Egli si poneva come interlocutore attivo nel dibattito culturale e religioso europeo dell'epoca, il suo contributo al pensiero occidentale è ricco di spunti e fervidi apporti non solo nutriti dall'interesse per la qabbalah. Nell'opera più famosa dell'illustre rabbino, Israele e l'umanità, Benamozegh si propone di trovare la religione che possa offrire una soluzione per risolvere il problema della crisi religiosa e morale contemporanea. Secondo Benamozegh all'interno dell'ebraismo coesistono due elementi che lo caratterizzano: quello universale e quello particolare. Israele ha una religione universale, ossia la religione che Dio ha dato a Noè e la soluzione alla crisi di valori viene proprio da questo antico ebraismo, da quelle radici che accomunano il popolo di Israele all'umanità intera: la religione noachide. Con questo termine, colto dalla tradizione, Benamozegh fa riferimento ai sette precetti che Dio diede a Noè dopo il diluvio, si tratta di norme giuridiche che regolano la convivenza tra i popoli. I precetti "noachici" prevedono: l'obbligo di istituire tribunali, il divieto di blasfemia, il divieto di idolatria, il divieto di fornicazione, il divieto di omicidio, il divieto di furto, il divieto di mangiare le membra di un animale vivo. Per dimostrare l'universalismo della religione ebraica Benamozegh fa riferimento alla concezione di un Dio universale, la cui provvidenza abbraccia l'intero universo, e all'unità d'origine e quindi all'uguaglianza tra gli uomini. Le leggi noachidi investono tutti gli ambiti della vita individuale e sociale dell'uomo. Benamozegh sostiene che il noachismo è una legge razionale, ma in accordo con la tradizione afferma il carattere religioso delle leggi di Noè. Comunque, per il suo carattere razionale, il noachismo può essere considerato una base per costruire un intero sistema etico e giuridico valido per l'intera umanità. Benamozegh individua, nelle leggi di Noè, una radice etica e antropologica. L'uomo è libero e questa libertà risiede nella capacità dell'uomo di perfezionarsi; l'avanzamento verso uno stato di perfezione morale, sociale, intellettuale è possibile attraverso l'esercizio della libertà umana, ma anche per la vocazione dell'uomo all'imitazione di Dio. La concezione dell'uomo come "essere progressivo" e di una società in via di perfezionamento, si spiega attraverso l'esigenza di fondare una società giusta. La giustizia è un'idea fondante l'etica del noachismo: Noè è nello stesso tempo l'uomo giusto e l'uomo etico. Ma l'ebraismo è anche una religione particolare che ha, all'interno del progetto teorico di Benamozegh, un ruolo fondamentale; infatti nella storia religiosa dell'umanità il popolo ebraico con la propria legge particolare è strumento della provvidenza divina: ha il compito di custodire attraverso tale legge la legge noachide che porta dentro di sè e di mostrarla all'umanità. La legislazione mosaica ha quindi un carattere "sacerdotale": essa, così restrittiva, ha la funzione di preservare l'integrità di Israele e di prepararlo al suo compito universale. Benamozegh si rivolge anche al cristianesimo che assume una posizione importante; egli elabora la teoria di un cristianesimo incompleto e deviato e riconduce la dogmatica cristiana alla matrice ebraica attraverso l'esame della lingua viva della qabbalah, che abbiamo detto rappresenta una parte importantissima dell'indagine di Benamozegh. Il cristianesimo, come anche l'islamismo, hanno bisogno di essere restaurati per tornare alla loro religione madre. Benamozegh, nei confronti del cristianesimo, assume posizioni ambivalenti: da una parte sembra che, dopo la restaurazione, la religione cristiana possa ambire a diventare religione universale, dall'altra sembra che debba essere sorpassata o ridotta a semplice noachismo. Credo che il cristianesimo, in questo progetto, abbia un ruolo di mediatore tra Israele e l'umanità laica in vista dell'attuazione dell'era messianica affinché, un giorno, l'umanità intera, riconosca e rispetti la legge noachide. Benamozegh invita, quindi, le chiese a collaborare all'avvenire religioso dell'umanità; ma è necessario ripristinare la duplice struttura di Israele e l'umanità: altrimenti, ogni pretesa di universalità etica dovrebbe essere considerata vana.

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