BERENGARIO DI TOURS

 

 

Berengario (999-1088 circa), famoso esponente della scuola Scolastica, nacque a Tours, nella valle della Loira in Francia, nel 999 (secondo altre fonti nel 1010); studiò dapprima alla scuola della città, e successivamente alla famosa scuola di teologia di Chartres, sotto la guida del vescovo Fulberto (vescovo dal 1007 al 1029). Alla morte di quest'ultimo, nel 1029, Berengario tornò a Tours, diventando il direttore della locale scuola di San Martino.

Nel 1039, Berengario fu nominato arcidiacono di Angers dal vescovo Uberto, ma continuò a vivere e a lavorare a Tours.

Nel 1047 Berengario entrò in discussione con Lanfranco di Pavia, abate del monastero di Le Bec in Normandia e futuro arcivescovo di Canterbury (n. 1005, arcivescovo: 1070-1089), a proposito della natura della Eucarestia. Questo problema è, in certo senso, connesso a quello dell’onnipotenza di Dio, giacché riguarda un evento che sembra sfuggire alla regolarità della natura e delle sue leggi. Il corpo e il sangue di Cristo sono realmente presenti nel pane e nel vino? Oppure pane e vino sono soltanto segni o simboli di realtà spirituali? È questa la vexata quaestio dell’Eucarestia; e si tratta, in realtà, di una polemica già affrontata circa 200 anni prima da:

 

Pascasio Radberto, secondo cui, nella sua opera più importante, De corpore et sanguine Domini (Del corpo e sangue del Signore), l'essenza (ovviamente non l'apparenza) del pane e del vino realmente si trasformava in quel Corpo e in quel Sangue, che era nato da Maria e aveva patito sulla croce,

Ratramno di Corbie, il quale insisteva sul fatto che la presenza di Cristo nell'Eucarestia fosse un mistero, non riducibile ad una trasformazione alla lettera del pane e del vino, e

Giovanni Scoto Eriugena, il quale dichiarò che la trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo durante la messa era da intendersi in senso simbolico.

 

Lanfranco si allineò al pensiero di Pascasio Radberto e Berengario a quello di Scoto Eriugena, ribadendo che, dal punto di vista razionale, gli sembrava inconcepibile l'effettiva trasformazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, denominata transustanziazione. Appoggiandosi all’impianto filosofico elaborato da Aristotele, in particolare alle nozioni di “sostanza” e “accidente”, Berengario perviene alla conclusione secondo cui il pane e il vino sono soltanto simboli di realtà spirituali. Il punto di partenza del suo ragionamento è che se una sostanza scompare, allora scompaiono anche le sue proprietà (giacché non possono sussistere accidenti senza sostanza): riferito all’Eucarestia, ciò significa che se la sostanza del pane e del vino scomparisse, allora dovrebbero scomparire anche le loro proprietà accidentali (ad esempio il sapore, l’odore, il colore, ecc); ma dal momento che esse non scompaiono, allora anche la sostanza del pane e del vino continua a sussistere. A questa conclusione – è bene sottolinearlo – Berengario perviene per via meramente razionale, convinto che ciò sia legittimo alla luce del fatto che l’uomo è immagine di Dio proprio in forza del possesso della ragione. Alle tesi di Berengario si oppone, come abbiamo avuto modo di accennare, Lanfranco di Pavia, nel suo scritto del 1066 Sul corpo e sul sangue del Signore: per Lanfranco nel pane e nel vino v’è una presenza reale del corpo e del sangue di Cristo; per sostenere questa tesi, anch’egli non meno di Berengario si avvale della dialettica, nella convinzione che essa sia indispensabile, purché accompagnata dalla fede.    

Denunciato dal suo avversario, Berangario fu fatto imprigionare su ordine del re Enrico I di Francia (1031-1060) e successivamente condannato dal concilio di Vercelli del 1050.

Gli anni successivi a Berengario si caratterizzarono per le frequenti convocazioni di concili, che condannavano puntualmente le sue tesi e che spesso portavano il teologo di Tours a ritrattare ufficialmente, salvo poi smentire tutto poco dopo.

Indubbiamente gli fu utile, più di una volta, l'amicizia con Ildebrando di Soana, il potente ed influente arcidiacono, che ebbe un ruolo decisivo nella politica papale tra il 1050 ed il 1073, anno in cui diventò lui stesso papa con il nome di Gregorio VII (1073-1085).

Le condanne contro Berengario furono pronunciate al concilio di Parigi (1051), Tours (1055), Roma (1059), Poitiers (1075), Saint Maixeut (1076) ed infine nuovamente a Roma nel 1078, dove, in un concilio convocato in Laterano dall'amico Ildebrando, diventato nel frattempo Papa Gregorio VII, Berengario firmò un atto di fede, in cui affermava di credere:


“che, dopo la consacrazione, il pane diventa il vero Corpo di Cristo, quel corpo nato dalla Vergine”,

“che il pane ed il vino sull'altare, grazie al mistero della preghiera santa e del parole del nostro Salvatore, vengono convertiti in sostanza nel Corpo e Sangue del Signore Gesù Cristo”.

 

In cambio, Gregorio stabilì che Berengario non potesse essere perseguitato per le sue idee. Tuttavia, tornato in Francia, Berengario, come al solito, ritrattò, ma fu infine convinto a firmare una definitiva rinuncia alle sue idee al concilio di Bordeaux del 1080.

Berengario morì in solitudine sull'isola di San Cosma, vicino a Tours nel 1088.

Centoventisette anni dopo la sua morte, nel 1215, al Quarto Concilio Laterano, la transustanziazione divenne un dogma della fede, per poi tornare al centro di una vivace discussione ai tempi della Riforma protestante.

 

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