BERNARDO SILVESTRE



A cura di Diego Fusaro

"Deus omnia, omnia ex Deo sunt".


Bernardo Silvestre di Chartres (1100-1169 circa) fu filosofo di tendenze neo-platoniche, noto soprattutto per aver divulgato le tematiche filosofiche elaborate presso la "Scuola di Chartres". Poco si sa sul suo conto: è tuttavia certo che tra il 1145 e 1153 abbia composto un'opera intitolata De Mundi Universitate (Sull'universo), dedicata a Teodorico di Chartres con le parole “Terrico veris scientiarum titulus Doctori famosissimo Bernardus Sylvestris opus suum”. Da questa iscrizione si è dedotto che Bernard era probabilmente il pupillo di Teodorico o di qualche altro membro della famosa Scuola di Chartres. Il trattato De Mundi Universitate è diviso dall'autore in due libri, il primo dei quali, Megacosmus, seu Maior Mundus, è un discorso della Natura all’Intelletto e il secondo la risposta dell’Intelletto alla Natura. Lo stile e il metodo della composizione ricordano quelli di Marciano Capella e di Boezio, il contenuto è molto curioso ed è esposto in un misto di poesia e prpsa, con un costante ricorso alle personificazioni (la Natura, l'Intelletto, ecc). L'opera poggia in buona parte su presupposti neo-platonici e neo-pitagorici (tendenze filosofiche, quest'ultime, che sono molto rare nel dodicesimo secolo e praticamente sconosciute fuori dalla Scuola di Chartres). Non è del tutto improbabile che Bernardo, come i panteisti Amaury e Davide di Dinant, che erano suoi contemporanei, fosse influenzato dagli scritti di Scoto Eriugena, a suo tempo accusato di panteismo. La filosofia bernardiana è infatti un tentativo di spiegare l’universo della natura (fisica) descrivendo le emanazioni cosmiche da una Monade originaria. Nella sua opera, Bernardo si propone di seguire le orme platoniche del Timeo (l'unico dialogo platonico - come è noto - dedicato al mondo fisico): il Nous (l'Intelletto contenente le idee, alla maniera plotiniana) impone ordine alla materia informe (da Bernardo chiamata Silva). Tra i tanti personaggi, è anche introdotta l'Anima del mondo (Endelechia), che era centrale nel pensiero platonico. Essa emana dal Nous ed è intermedia fra l'intelletto e la materia; essa è inoltre principio di vita diffuso ovunque nel mondo sensibile, ma permane integra in sè. Dopo aver affrontato quest'esposizione nel Megacosmo, Bernardo passa ad esaminare - nel Microcosmo - la creazione dell'uomo, che si attua in virtù della cooperazione di tre personaggi: a) Natura, b) Urania (principio dell'esistenza celeste), c) Physis (principio dell'esistenza terrena); in questo senso, l'uomo è anfibio tra il celeste e il terreno, vive in terra ma è destinato a mete superiori. Bernardo pare incline ad ammettere l'influenza delle sfere celesti sui caratteri e sui destini umani. Il suo scritto, però, non sviluppa analisi nè argomentazioni, è piuttosto un racconto lussurreggiante di personificazioni e di metafore poetiche e, in forza di ciò, esso appare in sintonia perfetta coi miti platonici, anche se la personificazione della natura diventa un tema tipico della cultura filosofica dell'epoca (pensiamo allo scritto di Alano di Lilla Il pianto della Natura). Non meno pregevoli sono quelle parti del trattato in cui l’autore descrive montagne, fiumi, animali e piante, sebbene lo stile allegorico, poetico dell’ opera molto spesso ne oscuri il significato. Il senso velatamente panteistico della filosofia di Bernardo appare chiaro nell’espressione “Deus omnia, omnia ex Deo sunt”. Riguardo alla teologia tradizionale sembra adottare un atteggiamento scettico: “si theologis fidem praebeas argumentis”. Il suo filosofo preferito è Platone, benché sia chiaro il fatto che egli non abbia letto alcuno dei suoi dialoghi, eccetto - forse - il Timeo. La caratteristica peculiare dello scritto di Bernardo Silvestre risiede nel fatto che il mondo naturale (macrocosmo) e l'uomo (microcosmo) siano studiati - più che nei loro caratteri strutturali - come risultati di una vicenda che si svolge nel tempo e che coinvolge svariati personaggi.

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