CAPITALISMO E IDEOLOGIA

Marx ha criticato nel Capitale l'ipocrisia dell'economia politica borghese, che finge di non riconoscere la differenza tra le due opposte proprietà: quella basata sul proprio lavoro e quella basata sul lavoro altrui. E ha dimostrato come dalla dissoluzione della prima sorge inevitabilmente la seconda, per quanto il capitalismo sia nato in opposizione non solo alla suddetta libera proprietà, ma anche alla proprietà feudale basata sul servaggio.

Nel cap. XXV (libro Io del Capitale) dedicato al colonialismo, Marx afferma che la proprietà basata sul proprio lavoro era presente nei territori extraeuropei successivamente colonizzati dalle nazioni capitalistiche più industrializzate. Anche questo però è un modo astratto di vedere le cose, poiché al tempo di Marx la proprietà libera in Asia non esisteva più, mentre in Americalatina era già in forte disuso nel XV sec. Solo in Africa si poteva ancora ampiamente costatare.

Marx in sostanza non ha capito che in Europa occidentale l'economia politica borghese si preoccupava di affermare che il capitalismo era una proprietà basata sul lavoro personale non perché voleva porsi in antitesi alla libera proprietà pre-capitalistica (ch'era cosa quantitativamente irrilevante), ma piuttosto perché voleva illudere il servo della gleba (figura dominante nel Medioevo) che, lottando contro il servaggio e accettando il capitalismo, avrebbe potuto diventare finalmente libero, in quanto vero proprietario di qualcosa. Il capitalismo cioè venne accettato come un miraggio che prometteva condizioni di vita migliori.

Se nella transizione dal feudalesimo servile al capitalismo i contadini avessero potuto costatare solo gli aspetti negativi dell'industrializzazione, l'opposizione al capitalismo sarebbe stata certamente più forte.

Marx non ha compreso questo semplicemente perché non ha sufficientemente studiato l'ideologia con cui il capitalismo emergente cercava di superare il feudalesimo: questa ideologia ha le sue radici nel protestantesimo, anzi, ancor prima, nella riscoperta dell'aristotelismo avvenuta in ambito cattolico.

La nascita storica del protestantesimo non è avvenuta, ovviamente, con Lutero, ma intorno al Mille, cioè nel momento in cui si è verificato il passaggio dall'Alto Medioevo (ideologicamente caratterizzato, in Europa occidentale, dall'agostinismo) al Basso Medioevo (ideologicamente caratterizzato dal tomismo). Il tomismo rappresenta, grazie alla riscoperta dell'aristotelismo, il superamento ideologico dell'agostinismo in un ambito ancora dominato politicamente dal cattolicesimo. E' stato il tomismo che indirettamente ha portato al protestantesimo.

Con Lutero si è avuta la migliore formulazione teologica del protestantesimo basso medievale, la sua definitiva sanzione giuridica. Nella Riforma, in effetti, sono confluite tutte quelle correnti borghesi, tutti quei movimenti ereticali che si erano succeduti per almeno mezzo millennio, prima della nascita di Lutero.

Il primo Paese di religione protestante è dunque stato l'Italia, che a partire dal Mille e fino alla scoperta dell'America, ha conosciuto una rivoluzione culturale (non politica), ineguagliata nel resto d'Europa. La Germania, in questo senso, non fece che portare a compimento, sul piano dell'ideologia religiosa, un processo iniziato nelle università e nei comuni italiani e fra i primi movimenti ereticali: un processo che aveva trovato in Francia, Inghilterra, Olanda, Cecoslovacchia... un felice seguito. Non dobbiamo dimenticare che la Germania, nell'Europa occidentale, ha sempre rappresentato il massimo dell'idealismo possibile.

Tuttavia la rivoluzione politica borghese non avverrà anzitutto in Germania, ma in Inghilterra, poi in Olanda e in Francia. Cioè la Germania, pur riuscendo a fare sul terreno sociale e ideologico ciò che l'Italia non era riuscita a fare (se non in ambiti meramente intellettuali), non ebbe poi la forza di compiere il passo successivo, probabilmente perché riteneva sufficiente all'emancipazione del lavoratore un'acquisizione interiore della libertà, una liberazione della coscienza.

Ma torniamo a Marx. I limiti della sua analisi si manifestano anche laddove parla delle colonie. In effetti, qui l'espropriazione è potuta avvenire usando metodi più brutali, appunto perché non c'era necessità di giustificarla attraverso lo strumento dell'ideologia religiosa (o almeno questa necessità non era così sentita come in Occidente).

Che l'ideologia protestantizzante fosse profondamente penetrata nella società occidentale, ancor prima della Riforma, è documentato anche dal fatto che nelle colonie i lavoratori salariati, là immigrati per emanciparsi, non si lasciarono mai sfuggire l'occasione di diventare dei capitalisti (cioè degli sfruttatori del lavoro degli indigeni locali).

Il riferimento alla religione per comprende la transizione dal feudalesimo al capitalismo non va inteso, ovviamente, che in senso culturale, al fine d'individuare le mentalità, gli atteggiamenti psicologici, gli usi e i costumi etici che possono aver influenzato determinate scelte economiche o comportamenti sociali. La religione non ha solo cercato di adeguarsi a una prassi sociale in evoluzione, ma inevitabilmente, inconsapevolmente, ha pure condizionato l'evolversi di questa stessa prassi.

Singolare inoltre il fatto che Marx abbia visto nel colonialismo soprattutto la possibilità per l'operaio salariato immigrato di diventare un capitalista. Marx cioè non ha mai analizzato il rapporto di stretta dipendenza che legava le colonie alla madrepatria occidentale. Eppure il colonialismo era iniziato con la scoperta-conquista dell'America. Era cioè tempo di rendersi conto che il capitalismo non è mai stato un fenomeno tipicamente euroccidentale, nato in Inghilterra e da qui trasferito in tutto il mondo. Esso in realtà è nato come fenomeno mondiale.

In altre parole, senza colonialismo non ci sarebbe stato il capitalismo, che non avrebbe potuto sopravvivere nel mero ambito dell'Europa occidentale. Esso aveva necessariamente bisogno di espandersi ovunque fosse possibile. Marx insomma considerò il colonialismo un effetto del capitalismo, mentre esso in realtà ne è una concausa.

Enrico Galavotti galarico@inwind.it http://www.homolaicus.com/