COLUCCIO SALUTATI



A cura di Diego Fusaro



Un posto centrale nell'umanesimo civile occupa Coluccio Salutati, figlio dell'età medioevale ma già proteso verso il sorgente Umanesimo, di cui è in certo senso antesignano. Lino Coluccio Salutati - questo il suo vero nome - era nato a Stignano in Valdinievole [Pistoia] nel 1331. Si trasferisce a Bologna con la famiglia, in esilio per motivi politici, e qui compie gli studi notarili. Dopo aver soggiornato in varie città italiane, nel 1374 è a Firenze, dove ottiene la carica di cancelliere del Comune che ricopre fino alla morte. Si deve al suo intervento la decisione della Signoria fiorentina di invitare Manuele Crisolora ad insegnare letteratura greca a Firenze (1397). Il Salutati testimonia così la sua passione umanistica - pur ignorando egli il greco - e il suo sostegno convinto ad una lettura filologica dei classici. Il suo studio attento e costante dà come primi frutti la trascrizione delle lettere di Cicerone ai suoi familiari, le epistole "Ad familiares", appunto, e la raccolta delle opere di Ovidio, di Seneca, di Gregorio Magno e di Sant'Agostino. Sono importanti anche le sue lettere, raccolte in un "Epistolario" di 14 libri, poi ridotti a cinque. Egli vi affronta argomenti disparati che spaziano dalla più scottante attualità alla letteratura e alla filosofia. Come molti intellettuali del suo tempo, che si misurano con l'affermazione delle Signorie da un lato, e col permanere delle idealità repubblicane dall'altro, il Salutati interviene nel dibattito sulla tirannide e sul diritto alla libertà, ed esprime al riguardo opinioni decise. Egli condanna la tirannide, cui contrappone l'ideale di libertas (libertà): essa è un "dono divino" che va difeso anche a costo della vita. Come già il Petrarca, anch'egli desume dagli esempi dell'antichità romana la proposta di una federazione di Stati. In altre lettere il fervore umanistico gli detta interventi polemici. Contro il predicatore domenicano Giovanni Dominici (1357 ca.-1419), ad esempio, ostile alla poesia classica e all'amore per la cultura pagana, il Salutati riafferma l'alto significato culturale e civile della ricerca umanistica. Egli è anche autore di vari trattati. Nel "De saeculo et religione", esalta la vita ascetica, che apre la strada alla conquista di una piena serenità dello spirito, e la contrappone alla falsità e vanità della vita mondana, densa di tentazioni e di mali. Nel "De fato, fortuna et casu", lo scrittore elabora concetti più cari alla mentalità umanistica. Egli muove dall'asserzione che l'idea della morte non deve costituire un ostacolo all'agire umano, né frenare l'aspirazione alla piena realizzazione di sé. Il convincimento che l'uomo debba impegnarsi nella vita associata non contrasta con l'intima religiosità dello scrittore: egli vede nella vita attiva una delle strade per giungere "alla gloria di Dio" e a sostegno della sua tesi cita di frequente esempi biblici. Il "De nobilitate legum et medicinae" esalta la funzione delle leggi, che sono necessarie per regolare la convivenza tra gli uomini ed hanno per fine il benessere comune: un tema che era già sentito e discusso nel Due-Trecento (basti pensare a Dante). Nel 1400, la domanda di uno studente di Padova, che chiede i motivi per cui Dante condannava all'Inferno Bruto e Cassio, gli uccisori di Cesare, ispira al Salutati la stesura di un trattato, il "De tyranno", in cui sembra contraddire la sua impostazione repubblicana. Afferma infatti che la condanna di Bruto e Cassio fu giusta perché in taluni periodi storici la monarchia è necessaria, e quindi gli assassini di Cesare, uccidendo un principe, si opposero alla necessità della storia. Lo scrittore unisce dunque all'attività di filologo e di studioso l'ideale umanistico di un uomo attivo, impegnato nella vita civile e consapevole delle proprie capacità intellettuali. L'uomo gli appare responsabile delle proprie azioni, legato agli altri dall'aspirazione alla fratellanza e teso ad affermare i princìpi di giustizia e di onestà. Animatore del Circolo di Santo Spirito, luogo di convegno e dibattito tra i dotti fiorentini, e considerato maestro esemplare dagli umanisti successivi, il Salutati è anche grande ammiratore di Dante, Petrarca e Boccaccio, ai quali riconosce un peso culturale pari a quello degli antichi. Lo stile delle sue opere, e in special modo delle lettere, rivela l'attenta lettura dei classici, in piena coerenza con i suoi interessi culturali: spiccano soprattutto la ricchezza lessicale e la capacità dialettica. Salutati considerò Firenze come sua patria, e la difesa nell' "Invettiva" (Invectiva, 1403) dalle accuse di Antonio Loschi portavoce della corte viscontea milanese. Inizialmente poeta latino, si occupò poi di filosofia e politica. I suoi trattati sono importanti per comprendere il nuovo clima intellettuale che si profilava con l'umanesimo all'interno di temi e questioni tradizionali. Il secolo e la religione (De saeculo et religione, 1381) è una disputa retorica che esalta la vita religiosa contro i vizi e i peccati di quella mondana. Il fato, la fortuna e il caso (De fato, fortuna et casu, 1396-1399). La nobiltà delle leggi e della medicina (De nobilitate legum et medicinae, 1399) sviluppa in termini umanistici un tema largamente dibattuto dalla precettistica tradizionale. Il tiranno ("De tyranno", 1400) segna un ribaltamento in chiave di impegno civile dell'ascetismo sostenuto ne "Il secolo", e vi si difende l'interpretazione alighieriana della figura di Caesar. "Le fatiche di Hercules" ("De laboribus Herculis"), incompiuto, verte sull'interpretazione del mito di Hercules (Ercole) e più in generale sulla poesia: Salutati rivendica, contro il disinteresse della retorica classica, piena autonomia e dignità del genere. Soprattutto importante è il suo vastissimo epistolario. All'interno della tradizione della cancelleria fiorentina segna un deciso superamento della povertà lessicale e del rigido schematismo precedenti. Le lettere, specie quelle di più evidente impianto propagandistico, rivelano il suo attaccamento a Firenze (costantemente esaltata come erede della "libertas" romana), le sue doti di oratore, polemista accorto, e la tensione morale che con il tempo diventa esplicito magistero. Salutati fu un personaggio di primo piano nella vita politica, punto di riferimento della classe dirigente fiorentina. Corrispondente di Petrarca e Boccaccio, devoto sostenitore delle loro opere e di quelle di Alighieri, anche in contrasto con alcuni dei suoi stessi allievi, svolse un ruolo decisivo nella promozione della nuova cultura umanistica.

INDIETRO