D’ALEMBERT

 

D'ALEMBERTFisico, matematico e filosofo francese (Parigi 1717-1783), fra i maggiori esponenti del pensiero illuministico francese, Jean-Baptiste Le Rond (detto d'Alembert) occupa un posto importante nella storia della letteratura, della meccanica, di cui è considerato uno dei fondatori, ma soprattutto in quella della matematica, dell'astronomia e della filosofia. Figlio naturale di Madame de Tencin e del cavaliere Destouches, generale d'artiglieria, fu abbandonato sui gradini della cappella di Saint-Jean Le Rond, donde il suo nome. Affidato alla moglie di un vetraio, che riconoscerà sempre come sua vera madre, ebbe dal padre una piccola rendita con cui compì gli studi al Collège des Quatre Nations, fondato da Mazzarino e permeato di giansenismo: qui si dedicò allo studio del diritto e della teologia, che abbandonò ben presto per rivolgersi a quello della matematica. Le sue precoci pubblicazioni in questo campo gli valsero l'ingresso nel 1741, a soli 24 anni, all'Académie des Sciences; tra il 1743 e il 1751 scrisse una serie d'importanti opere scientifiche, culminate nella direzione (1747), assieme a Diderot, dell'Encyclopédie di cui scrisse il celebre Discours préliminaire (1751), l'articolo Genève, ispirato da Voltaire, di cui era amico e che gli valse le proteste di Rousseau (Lettre à d'Alembert sur les spectacles), oltre a numerosi articoli di matematica e fisica. Eletto nel 1754 membro dell'Académie Française, ne divenne nel 1772 segretario a vita, declinando l'invito di Federico di Prussia a presiedere all'Accademia di Berlino, sia perché non si riteneva degno di occupare un posto accademicamente superiore a quello di Eulero, il più grande matematico del tempo, sia per le polemiche e le inimicizie che una simile decisione avrebbe suscitato in Francia; con analogo rifiuto rispose a Caterina di Russia che gli voleva affidare l'incarico dell'educazione del granduca Paolo. Nel 1154 conobbe Julie de Lespinasse, alla quale fu legato da tenera amicizia fino alla morte di lei (1776); d'Alembert le sopravvisse pochi anni: morì sei anni avanti lo scoppio della rivoluzione di cui è considerato, assieme agli altri grandi illuministi, uno dei precursori. Le sue opere principali (raccolte negli otto volumi degli Opuscules mathématiques, 1761-80) sono: il Traité de dynamique (1743) in cui fonda la meccanica dei corpi rigidi sui tre principi dell'inerzia, della composizione dei movimenti e dell'equilibrio tra due corpi, esso contiene l'esposizione e numerose applicazioni del principio che porta il suo nome. Da quest'opera discendono il Traité de l’équilibre et du mouvement des fluides (1744), di fondamentale importanza per lo sviluppo dell'idrodinamica, i cui problemi d'Alembert riprende in memorie chiarificatrici del 1752 e 1770; la Théorie générale des vents (1745) e alcune memorie di argomento astronomico (tra cui Recherches sur la précession des équinoxes, 1749) dove stabilisce le equazioni del moto della Terra attorno al suo baricentro e affronta il problema dei tre corpi (legame tra le forze e i moti relativi del Sole, della Terra e della Luna). Nello sviluppo matematico di questi problemi di meccanica d'Alembert s'imbatté nell'equazione che porta il suo nome, di cui fornisce lo studio completo fino all'integrale generale, e nel teorema fondamentale dell'algebra, di cui dà la prima dimostrazione parziale. Il suo spirito illuministico si manifesta pienamente nel Discours préliminaire all'Encyclopédie nel quale, dopo aver esposto l'ordine secondo cui sono nate le diverse branche delle conoscenze umane, fornisce un quadro storico dell'evoluzione della cultura dal Rinascimento ai suoi tempi, con particolare interesse per le arti meccaniche e i loro artefici, gli artigiani e i tecnici, presupposto teorico alla rivoluzione borghese del 1789. In metafisica d'Alembert ritiene insolubili i problemi tradizionali di tale scienza, quali la natura dell'anima, il concetto dell'essere, l'unione dell'anima e del corpo; Dio sarebbe solo l'autore dell'ordine dell'universo e perciò affatto estraneo all'uomo. Nulla in comune hanno dunque la religione e la filosofia: la prima, da lui avversata, è vista come strumento per regolare i costumi del popolo; da qui perciò la sua tesi a suffragio di un catechismo laico avente come fine supremo l'utilità sociale; la seconda come manifestazione pura della ragione e quindi vera e sola ricerca efficace della verità.    Fra le opere filosofico-letterarie sono da ricordare inoltre l'Essai sur la Société des gens de lettres (nei Mélanges, 1753) dove d'Alembert, che ebbe per motto "Liberté, vérité, pauvreté", esalta l'indipendenza dello scrittore e la sua dignità umana; gli Eléments de philosophie (1759), dove espone la sua dottrina, che non si basa su alcun sistema, ma che è solo interpretazione, in tono minore, dell'utilitarismo di Bacone e filiazione del pensiero di Locke; l'imparziale Histoire de la destruction des Jésuites (1765).

Il Discorso preliminare fu composto da Jean-Baptiste Le Rond, detto d’Alembert (1717-1783), verosimilmente nel 1750 e apparve all’inizio del primo volume dell’Encyclopédie nel 1751. In esso sono esposti i princípi informatori della grande opera collettiva. Nella pagina che proponiamo alla lettura è sintetizzata una teoria della conoscenza fondata sulle tre facoltà della mente umana (memoria, ragione propriamente detta e immaginazione). Questa teoria della conoscenza spiega lo stato delle scienze (divise e autonome l’una dall’altra) e la necessità di unificarle.

 

Il sistema delle nostre conoscenze è costituito da diversi settori, alcuni dei quali hanno uno stesso punto di incontro; e, dato che non è possibile, muovendo da questo punto, percorrere contemporaneamente ogni strada, deve esserci una scelta determinata dalla natura dei differenti spiriti. é pertanto assai raro che una medesima persona proceda al tempo stesso in varie direzioni. Nello studio della natura gli uomini si sono all’inizio dedicati, quasi spontaneamente, a soddisfare i bisogni piú urgenti; ma, una volta pervenuti alle conoscenze meno necessarie, essi hanno dovuto distribuirsele, e procedere ognuno da parte sua con un passo all’incirca eguale. Pertanto diverse scienze sono state all’incirca contemporanee; ma nell’ordine storico dei progressi dello spirito si può abbracciarle soltanto successivamente. Lo stesso non avviene invece per l’ordine enciclopedico delle nostre conoscenze. Questo consiste nel riunirle nel piú piccolo spazio possibile, ponendo il filosofo al di sopra di questo vasto labirinto, in una prospettiva cosí elevata da poter considerare insieme le scienze e le arti principali, da poter vedere con un colpo d’occhio gli oggetti delle proprie speculazioni e le operazioni che può compiere su tali oggetti, e da poter distinguere i principali settori delle conoscenze umane, i punti che li separano e quelli che li uniscono, intravedendo anche, in qualche caso, i cammini segreti che li congiungono. [...] Gli oggetti di cui la nostra anima si occupa sono oggetti spirituali od oggetti materiali; e la nostra anima si riferisce ad essi o mediante idee dirette o mediante idee riflesse. Il sistema delle conoscenze dirette può consistere soltanto nella collezione puramente passiva, quasi meccanica, di queste medesime conoscenze: esso è ciò che chiamiamo memoria. La riflessione è invece di due tipi, come si è osservato: essa ragiona sugli oggetti delle idee dirette, oppure li imita. Pertanto la memoria, la ragione propriamente detta e l’immaginazione costituiscono le tre maniere differenti in cui la nostra anima opera sugli oggetti dei propri pensieri. Non intendiamo qui per immaginazione la facoltà di rappresentarsi gli oggetti - poiché questa non è altro che la memoria stessa degli oggetti sensibili, la quale sarebbe in continua attività se non fosse agevolata dall’invenzione dei segni: noi intendiamo l’immaginazione in un senso piú nobile e piú preciso, cioè come la capacità di creare mediante l’imitazione. Queste tre facoltà formano le tre distinzioni generali del nostro sistema, e i tre oggetti generali delle conoscenze umane: la storia, che si riferisce alla memoria; la filosofia, che è il frutto della ragione; le belle arti, che sorgono in virtú dell’immaginazione. Collocando la ragione prima dell’immaginazione, questo ordine appare ben fondato, e conforme al naturale progresso delle operazioni dello spirito: l’immaginazione è una facoltà creativa, e lo spirito comincia - prima di creare - ragionando su quello che vede e che conosce. Un altro motivo che deve indurci a porre la ragione prima dell’immaginazione è il fatto che in questa facoltà dell’anima si trovano riunite in qualche misura le altre due, e che la ragione vi si congiunge con la memoria. Lo spirito non crea e non immagina se non oggetti che siano simili a quelli che ha conosciuto mediante idee dirette e mediante le sensazioni: quanto piú esso si discosta da questi oggetti, tanto piú gli esseri che esso forma risultano bizzarri e meno gradevoli. Nell’imitazione della natura l’invenzione stessa è sottoposta quindi ad alcune regole; e queste costituiscono principalmente la parte filosofica delle belle arti, finora assai imperfetta - poiché essa può essere soltanto opera del genio, mentre il genio preferisce creare anziché discutere.


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