Socrate




Le ultime notize dal mondo mediatico vedono i detrattori della Sea Watch prorompere in poco eleganti improperi ai danni di capitana ed equipaggio, mentre parallelamente i sostenitori delle azioni della Rackete ci tengono neanche troppo velatamente a manifestare il pensiero che certe regole (leggi), se ingiuste, hanno tutto il diritto di essere trasgredite.

Non mi soffermerò sull’ignoranza e l’imbecillità degli appartenenti al primo gruppo. Oltretutto considerando che la Carola – bisogna riconoscerlo – oltre che essere evidentemente dotata di coraggio e pathos, vanta un curriculum che non ha niente a che spartire con le futili vite di molti miseri commentatori.

Mi fermerò però per un istante a riflettere sul secondo punto della faccenda, ovvero sulla credenza che “se una legge è ritenuta ingiusta, essa ha tutto il diritto di essere violata”. Come i più accorti avranno avuto modo di notare, questo assunto è basato su un’implicazione semplice, formalizzabile con: I(x) –> V(x).
Ora, le leggi dell’implicazione prevedono che per poter asserire la verità di un simile enunciato occorra escludere il caso in cui la premessa sia falsa e la conseguenza sia vera. In tutti gli altri casi l’enunciato infatti potrà sempre dirsi vero.

Per giudicare come vera la frase occorre quindi escludere il caso in cui la legge sia ritenuta come giusta, ma è proprio qui che casca l’asino. Quand’è che infatti una legge viene giudicata come giusta? E perchè?

Iniziamo premettendo che “giusto” è un termine morale. Chi crede nella frase qui sopra dovrà quindi avere ben presente cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, e saprà renderne evidenza su domanda esplicita, fornendone giustificazione o fondatezza.
Ma, se ci riflettete bene, le cose qui si complicano un poco. In base a quale tipo di morale infatti dobbiamo scegliere innanzitutto di operare? Deontica (normativa)? Teleologica (del fine)? Utilitarista (dell’utile)? E perchè dovremmo essere autorizzati a usare una o l’altra? Inoltre, esse varranno per tutti i problemi morali o  solo per qualcuno? E perchè? Se si applicassero solo in alcuni casi non perderebbero assolutezza, e quindi verità?

Come vedete è molto difficile formulare un giudizio morale, ed è altrettanto difficile riuscire a giustificare una credenza morale. La domanda quindi è: non si è troppo affrettati se si agisce non avendo solide basi modali (e, in questo caso, anche morali) a supporto?
E ai sostenitori della disobbedienza civile chiedo: in quali casi siamo legittimati a trasgredire le leggi? E perchè? Essi sono assoluti o relativi? Su che tipo di etica si basano? E come ricavano la loro fondatezza?

Mentre cercate di trovare una risposta fornisco una semplice soluzione al dilemma: le leggi, se ritenute ingiuste, non vanno trasgredite, ma cambiate. Dal momento che siamo in un regime democratico, e ciò mi sembra possibile, direi che la prima soluzione da adottare per i sostenitori della Rackete debba essere proprio questa. Ma ciò vorrebbe dire prendere voti, tornare tra la gente, nelle fabbriche, in piazza, abbandonando i proclami sensazionalistici e i gesti ad effetto. In una parola, vorrebbe dire: tornare a governare. Che è l’unico modo per cambiare una legge ingiusta.


Citazioni

"Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell’intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall’ignoranza, è evidente che ricercarono il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando c’era già pressoché tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all’agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. É evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa". (Aristotele, "Metafisica")







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