Libri di Diego Fusaro

Ammetto di essere decisamente confuso in relazione al referendum indetto per il 9 giugno. Lasciate che vi spieghi brevemente perché. Da una parte, sembra un referendum importante e massimamente degno, dato che finalmente si torna a mettere al centro il tema del lavoro, che è il tema intorno al quale dovrebbe organizzarsi ogni discorso politicamente serio. La lotta contro la precarietà è indubbiamente una cosa sacrosanta. Una cosa sulla quale non posso che essere del tutto d’accordo. Però vi sono due aspetti che mi lasciano interdetto e che così voglio condensare. Anzitutto, mi lascia decisamente perplesso che a organizzare questo referendum contro la precarietà lavorativa siano quelle forze che, quando erano al governo, hanno più di tutte aperto la strada alla precarizzazione del mondo del lavoro. In sostanza, le stesse sinistre fucsia che hanno introdotto il Jobs act e massacrato senza pietà i lavoratori, adesso che non sono più al governo indicono un referendum con il quale dicono di voler tutelare il mondo del lavoro che esse stesse hanno spietatamente massacrato quando erano nelle condizioni per poterlo fare. Vogliono combattere contro se stesse? Hanno rinnegato il proprio fare? O più semplicemente cavalcano l’onda della protesta contro la precarietà che loro stesse hanno contribuito in modo non trascurabile a introdurre? Sembra a tutti gli effetti il giuoco delle tre carte: la destra, che criticava il Jobs act quando era all’opposizione, adesso che è al governo e potrebbe rimuoverlo tace solennemente. La sinistra, che ha introdotto Jobs act quando era al governo, adesso che è all’opposizione vuole toglierlo. Poco da altro da aggiungere, temo. Il secondo aspetto che mi stupisce riguarda il fatto che inserito e quasi camuffato tra i quesiti referendari legati al tema del lavoro compare anche un quesito legato all’allargamento della cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia della sinistra arcobaleno. Sorge quasi il vago sospetto che questo sia il vero tema che sta a cuore alla sinistra fucsia. E che, per ottenerlo con successo, vogliano portare le persone a votare attirandole con la questione lavorativa. Considerando lo spirito del nostro tempo, mi pare piuttosto realistico che nei prossimi anni, con o senza il referendum, le condizioni del lavoro non miglioreranno, mentre probabilmente la cittadinanza verrà allargata sempre più fino a distruggere il concetto stesso di cittadinanza con i diritti e i doveri che essa comporta: stiamo infatti attraversando il transito epocale dalla forma stato alla forma mercato, dal cittadino con diritti al consumatore apolide che tanta libertà ha quanta può comprarne.