In questi giorni, il Cremlino ha fatto sapere che vi sono buoni segnali che giungono da Trump il codino biondo appena eletto presidente della casa bianca con un trionfo che ha letteralmente sbaragliato la concorrente Kamala Harris. Non appena Trump è stato eletto, è significativo che subito Xi Jinping si sia congratulato con lui e che Putin abbia senza esitazioni detto di essere pronto a dialogare con il nuovo presidente, il quale si è a sua volta detto disponibile al dialogo. Si tratta di una possibile svolta davvero rilevante, che forse potrebbe portare a una cenere risoluzione del conflitto d’Ucraina. Come sappiamo, infatti, l’arcobalenico e vegliardo Biden aveva da subito negato ogni possibilità di dialogo, qualificando indegnamente Putin come “macellaio” e scegliendo la scellerata via del conflitto incondizionato. Ed è molto probabile che con la Harris nulla sarebbe cambiato. Speriamo vivamente dunque che con Trump cambi la musica, come usa dire. E che il conflitto trovi finalmente una risoluzione diplomatica, che ponga fine alle sofferenze del popolo ucraino, finora sacrificato dal guitto Zelensky e dall’imperialismo dell’occidente, anzi dell’uccidente liberal-atlantista. E che ponga altresì fine alle sofferenze europee, se si considera che l’Europa si sta letteralmente dissanguando per finanziare e armare l’Ucraina del guitto. Lo scopriremo presto e comunque non possiamo non evidenziare i segnali positivi che si stanno riscontrando in questi giorni e che sono certificati, come ricordato, anche dal Cremlino. Mi pregio infine di svolgere una rapida considerazione sui tanti che vanno sostenendo che con Trump la democrazia americana è in pericolo. Tra i tanti, anche il politologo Fukuyama, il teorico della fine della storia, si è espresso in questo senso. Intanto, di quale democrazia esattamente vanno parlando, considerato il fatto che quella americana è in realtà una plutocrazia neoliberale a base imperialistica? E soprattutto: si potrà criticare Trump sotto più profili, come noi stessi abbiamo in più occasioni fatto (non mancano in effetti gli argomenti), ma non si può non riconoscere onestamente che peggio di lui c’è solo Kamala Harris, decisamente più pericolosa non solo genericamente per la cosiddetta “democrazia” americana, ma anche e soprattutto per gli equilibri globali, considerate le pulsioni imperialistiche che caratterizzano l’allieva, se così vogliamo definirla, di Biden.
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