Socrate

Ci risiamo. Come ogni anno è il 25 aprile e non ci sottraiamo dal difficile compito di svolgere alcune considerazioni decisamente controvento su questa data. Non intendo occuparmi del patetico teatrino dello scontro tra fascisti e antifascisti oggi, uno scontro demenziale che rivela soltanto la cecità politica del nostro presente. Patetici sono oggi quelli che ancora si definiscono fascisti, proprio come lo sono quelli che oggi giocano a fare gli antifascisti in assenza di fascismo. Se fossimo negli anni trenta, dovremmo indubbiamente essere antifascisti e lo saremmo senz’altro, secondo l’insegnamento di Gramsci di Gobetti. Ma il fascismo per fortuna è morto e sepolto e altre sono le contraddizioni che innervano il nostro tumultuoso presente: la fiction dello scontro odierno tra fascisti e antifascisti serve solo al potere dominante a defocalizzare lo sguardo rispetto alle contraddizioni del presente, che si chiamano libero mercato e deregolamentazione, fiscal compact e imperialismo statunitense, ingiustizia sociale e nuova miseria che cresce negli spazi alienati della società opulenta. Davvero qualcuno pensa che oggi la contraddizione principale siano il manganello fascista e l’olio di ricino? L’odierno capitalismo non ne ha più alcun bisogno, perché funziona meglio con un software liberal-progressista: l’aveva capito perfettamente Pasolini, la cui lezione resta ad oggi inascoltata. Per quel che mi riguarda, e lo ripeto ogni anno, il 25 aprile rappresenta un giorno di festa e, insieme, di lutto: di festa, per la fine della tragica esperienza del nazifascismo; di lutto, dacché segna il cominciamento della nuova occupazione dell’Italia da parte dei cosiddetti alleati, ossia degli imperialisti a stelle e strisce che ancora oggi occupano il nostro paese con più di cento passi militari, rendendolo de facto e de jure una colonia priva di autonomia e anche di dignità. Finché non si sarà capito questo punto, tutto sarà vano: e si continuerà demenzialmente a celebrare insieme con la propria liberazione la propria rioccupazione statunitense. Non si può essere sovrani e democratici se il proprio territorio nazionale risulta occupato da basi straniere, che decidono da oltreoceano le politiche dell’Italia. La confusione che regna sotto il cielo è tale che continuiamo a definire “alleati” gli occupanti, con la subalternità propria del servo che ama le proprie catene e che le scambia ingenuamente per fonti di libertà.

(Visualizzazioni 63 > oggi 1)