Libri di Diego Fusaro

Alla cena di Stato offerta dal Granduca Enrico di Lussemburgo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato che il progetto dell’Unione Europea è di pace e di giustizia sociale, come riportato da tutti i più letti e soprattutto più venduti quotidiani nazionali. Sempre nel rispetto della più alta carica istituzionale dello Stato, ci siano consentite alcune considerazioni critiche e controvento su queste parole, che a nostro giudizio non corrispondono per nulla alla realtà fattuale. E anzi si inscrivono pienamente nell’ordine discorsivo dominante, che prova a celebrare l’Unione Europea come trionfo della democrazia e dell’idea di Europa, quando in realtà rappresenta la perversione di entrambe le cose. Come da tempo sosteniamo, l’Unione Europea non è altro se non la riorganizzazione verticistica del capitalismo nel vecchio continente dopo la data epocale del 1989: per dirla con Gramsci, si tratta di una “rivoluzione passiva”, mediante la quale i gruppi dominanti hanno riorganizzato il loro dominio mettendo a frutto il mutato diagramma dei rapporti di forza e potenziando ulteriormente la dominazione capitalistica sul mondo della vita e del lavoro. Per quel che riguarda la pace, non dimentichiamo che l’Unione Europea si sta riarmando fino ai denti, secondo il demenziale piano del rearm Europe proposto da Ursula von der Leyen, vestale dei mercati cosmopoliti e sacerdotessa del capitalismo no border. Sembra anzi che l’Unione Europea di tutto stia facendo per produrre la guerra contro la Russia, lasciando intendere che la responsabilità sia della Russia stessa. Altro che progetto di pace! Ci avevano garantito che l’Unione Europea ci avrebbe protetti dalle guerre e invece ora sembra che stia avvenendo il contrario e che sia l’Unione Europea stessa a propiziare il conflitto. Per quel che concerne la giustizia sociale, essa ci pare distante dall’Unione Europea almeno quanto lo è il pianeta Terra da Plutone. L’Unione Europea rappresenta infatti un progetto di classe, teso a garantire la dominazione dei gruppi dominanti e il conseguente massacro sociale ed economico dei subalterni: basti oltretutto considerare il fatto che le disuguaglianze e le ingiustizie sociali sono notevolmente aumentate rispetto alla situazione anteriore all’Unione Europea, voglio dire la situazione degli stati nazionali europei non ancora inglobati nel progetto di Bruxelles. E questa distruzione di ogni residuo di giustizia sociale e di dignità del lavoro avviene non accidentalmente, ma in forma strutturale: basterebbe anche solo leggere il Trattato di Lisbona del 2007 per averne contezza; in detto trattato, la parola che ricorre più spesso è il lemma “competitività”, termine che difficilmente si può abbinare all’idea della giustizia sociale, essendo invece la parola chiave dell’ordine neoliberale e del suo competitivismo sfrenato. Sì, l’Unione Europea non conosce alcuna idea di giustizia sociale, ammettendo soltanto la cosiddetta “giustizia del mercato”, quella in grazia della quale tanti diritti hai quanti puoi comprarne (è questo un altro modo per intendere l’esiziale processo di privatizzazione e di liberalizzazione che da subito ha investito i popoli interni all’Unione Europea). L’Unione Europea non è altro se non l’involucro politico che garantisce e anzi propizia la dominazione capitalistica su tutto e su tutti. Una volta di più, il problema di vitale importanza che oggi si pone non è salvare l’Unione Europea, ma salvarsi da essa whatever it takes, riprendendo, in forma rovesciata, il teologumeno dell’euroinomane di Bruxelles Mario Draghi.