E’ in corso il dibattito in Parlamento dopo il duro (e macroniano) discorso di Conte e la penosa replica di Salvini — ancor più penoso vedere i peones leghisti spellarsi le mani per fare la clack, comprese le stucchevoli invocazioni a Maria Vergine. Tra questi anche Bagnai (la verità, caro Alberto, è che, anche per colpa tua, per tener fede alla divinazione secondo cui “dall’euro ci saremmo usciti con le persone sbagliate”, non solo ci teniamo l’euro, ma pure le persone sbagliate).

Di errori Salvini, da un mese in qua, ne ha compiuti diversi, il più grave dei quali è quello di avere sparato a zero al suo alleato invece di farlo contro il suo vero nemico: i poteri forti. Quei poteri che proprio grazie alla sua mossa maldestra, ora possono riconquistare Palazzo Chigi. Così facendo ha consegnato l’alleato ai nemici del “governo populista”. Una schiappa, come stratega politico Salvini si è dimostrato una schiappa.
Altro che “capitano”, un caporale.

C’è ancora qualche sovranista che si arrovella il cervello cercando recondite ragioni al suo comportamento squinternato. Tempo perso. La ragione è una sola: montatosi la testa, egli ha davvero pensato che era giunto il momento per afferrare tutto il potere, che poteva quindi fare a meno dell’alleato a 5 Stelle.
Salvini “sovranista”? Fossimo complottisti dovremmo pensare che egli (altro che Putin!) sia sul libro paga dei franco-tedeschi. Col suo harakiri ha provocato, alla causa della sovranità nazionale, un danno gravissimo.
Ciò facendo ha dimostrato di non aver capito un fico secco di un’altra dimensione cruciale della lotta politica — oltre a quella del criterio schmittiano del distinguere molto bene tra l’amico e il nemico: che la lotta per l’egemonia, per sua natura, chiede pazienza, intelligenza strategica, ritirate tattiche per preparare l’offensiva e, data la storia e le peculiarità del Paese, massima attenzione e cura delle alleanze. A maggior ragione in regime di vincolo esterno, in un Paese a sovranità più che limitata, con un nemico agguerrito e potente che detiene ancora tutte le leve del potere.
Alla fine del suo discorso Salvini ha allargato le braccia offrendosi in sacrificio come capro espiatorio. Davvero buffo per uno che solo qualche giorno fa invocava i “pieni poteri”. Una retorica che ci ha riportato alla mente quel che Mussolini disse ai giudici che lo avrebbero condannato, nel 1911, ad un anno di reclusione per i moti violenti contro la guerra di Libia:

“Se mi assolvete, mi fate un piacere; se mi condannate, mi fate un onore”.

Il piccolo particolare è che il Mussolini era allora un pericoloso sovversivo e non un manettaro Ministro del governo Giolitti.
Sarà Conte a presiedere il prossimo governo? Sara Fico? Sarà un nuovo “tecnico”?
Probabilmente al Quirinale già lo sanno. Non è questo l’importante. L’importante, come ha detto l’esultante Matteo Renzi, è che, visto il fallimento del “governo populista”, ora i poteri forti — la “casta” cari pentastellati! — potrà riportare l’Italia nell’ovile ordoliberista, nella sua cronica posizione di subalternità e soggezione.
Il caporale, nel disperato tentativo di salvarsi la faccia, ha imprecato contro questo stato di fatto e, strizzando l’occhio alla sua cara borghesia padana, farfugliato di Leggi di Bilancio da 50 miliardi per la cosiddetta flat tax  — ovvero la tipica e demenziale idea liberista che il settore capitalistico privato possa davvero invertire la stagnazione — che l’Europa (qui il retorico accenno “sovranista”) lo consenta o meno.
Troppo tardi, dovevi pensarci prima.
Fallito il governo giallo-verde (e blu: non dimentichiamo mai che esso nacque sotto la cattiva stella del veto di Mattarella), e addomesticati i 5 Stelle, il campo populista si riduce a quello presidiato dalla destra liberista staliniana.
La domanda è adesso chi darà voce alla richiesta di giustizia sociale, di democrazia e di riscatto nazionale. Chi darà corpo e gambe ad un autentico populismo di sinistra? La risposta non verrà dalla sinistra sinistrata, vittima dell’incubo per cui il “fascista Salvini” sarebbe il nemico principale, e per questo subalterna ai poteri forti.
Se questa risposta non verrà dalla Sinistra Patriottica, da nessuno potrà venire.
Intanto facciamo del 12 ottobre una grande manifestazione.

 





Citazioni

“L’errore dell’intellettuale consiste nel credere che si possa sapere senza comprendere e specialmente senza sentire ed esser appassionato (non solo del sapere in sé, ma per l’oggetto del sapere) cioè che l’intellettuale possa essere tale (e non un puro pedante) se distinto e staccato dal popolo-nazione, cioè senza sentire le passioni elementari del popolo”. (A. Gramsci, "Quaderni del carcere")







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Diego Fusaro