BERGSON, LO SLANCIO VITALE
[L’evoluzione creatrice]
È necessario comparare la vita ad uno slancio, perché nessun’altra immagine, tratta dal mondo fisico, vale a esprimerne con altrettanta approssimazione l’essenza. Tale è la mia vita interiore e tale è pure la vita in generale. Se, nel suo contatto con la materia, la vita è paragonabile a un impulso o a uno slancio, considerata in se stessa, essa è un’immensità di virtualità, un compenetrarsi reciproco di migliaia di tendenze: le quali, tuttavia, saranno ” migliaia ” solo quando verranno rese esteriori le une alle altre, ossia spazializzate. Allo stesso modo, di un sentimento poetico esprimentesi in strofe, in versi, in parole distinte, si può dire che esso conteneva in sé tale molteplicità di elementi particolari, e che tuttavia, chi l’ha prodotto è stata la materialità del linguaggio. Ma attraverso le parole, i versi, le strofe, circola l’ispirazione indivisibile che costituisce l’unità del poema […]
Il finalismo radicale è altrettanto inaccettabile. Nella sua forma estrema la dottrina della finalità riposa sul postulato che le cose e gli esseri non facciano che attuare un piano prestabilito. Qui, come nell’ipotesi meccanicistica, tutto è dato. E perciò il finalismo così inteso non è che un meccanicismo rovesciato. Esso muove dallo stesso postulato del meccanicismo, con questa sola differenza: che, nella corsa delle nostre intelligenze finite lungo la successione apparente delle cose, esso pone davanti a noi, anziché dietro, la luce con cui pretende di guidarci. All’impulso del passato esso sostituisce un’attrazione dell’avvenire: ma la successione resta ugualmente, come la cosa stessa, una mera apparenza.
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"A me pare, infatti, che se c'è qualche cosa bella all'infuori del Bello in sé è tale solo perché partecipa di questo Bello e così per tutte le altre cose. Sei d'accordo che sia questa la causa?» «Sì , sono d'accordo.» «Stando così le cose,» continuò Socrate, «io non riesco più a capirle, non riesco più a spiegarmele tutte le altre cause, quelle tirate in ballo dai sapienti che mi vogliono far credere che una cosa è bella perché ha un bel colore o una bella forma o altra roba del genere, tutte cause che io te le saluto e che mi lasciano assai perplesso; mentre, invece, con tutta semplicità e forse anche ingenuamente, io me ne resto nella mia convinzione che una cosa è, bella soltanto perché in essa vi è o la presenza del Bello in sé o una sua partecipazione o un qualche altro rapporto qualsiasi, perché io non faccio tanto questione di questo ma solo del fatto che è per il Bello che tutte le cose belle sono tali. Questa è, infatti, la spiegazione più convincente che io posso dare a me stesso e agli altri". (Platone, "Fedone")
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