GIORDANO BRUNO, SCOPO DELLA FILOSOFIA
[Degli eroici furori]
Tans. La è oggetto finale, ultimo e perfettissimo, non già in questo stato dove non possemo veder Dio se non come in ombra e specchio; e però non ne può esser oggetto se non in qualche similitudine; non tale qual possa esser abstratta ed acquistata da bellezza ed eccellenza corporea per virtú del senso; ma qual può esser formata nella mente per virtú de l’intelletto. Nel qual stato ritrovandosi, viene a perder l’amore ed affezion d’ogni altra cosa tanto sensibile quanto intelligibile; perché questa congionta a quel lume dovien lume essa ancora, e per consequenza si fa un dio: perché contrae la divinità in sé, essendo ella in Dio per la intenzione con cui penetra nella divinità (per quanto si può), ed essendo Dio in ella, per quanto dopo aver penetrato viene a conciperla e (per quanto si può) a ricettarla e comprenderla nel suo concetto. Or di queste specie e similitudini si pasce l’intelletto umano da questo mondo inferiore, sin tanto che non gli sia lecito de mirar con piú puri occhi la bellezza della divinitade. Come accade a colui che è gionto a qualch’edificio eccellentissimo ed ornatissimo, mentre va considerando cosa per cosa in quello, si aggrada, si contenta, si pasce d’una nobil maraviglia; ma se avverrà poi che vegga il signor di quelle imagini, di bellezza incomparabilmente maggiore, lasciata ogni cura e pensiero di esse, tutto è volto ed intento a considerar quell’uno. Ecco dunque come è differenza in questo stato dove veggiamo la divina bellezza in specie intelligibili tolte da gli effetti, opre, magisteri, ombre e similitudini di quella, ed in quell’altro stato dove sia lecito di vederla in propria presenza.
Dice appresso: Pascomi d’alt’impresa, perché (come notano gli pitagorici) cossí l’anima si versa e muove circa Dio, come il corpo circa l’anima.
Cic. Dunque, il corpo non è luogo de l’anima?
Tans. Non; perché l’anima non è nel corpo localmente, ma come forma intrinseca e formatore estrinseco; come quella che fa gli membri, e figura il composto da dentro e da fuori. Il corpo dunque è ne l’anima, l’anima nella mente, la mente o è Dio, o è in Dio, come disse Plotino: cossí come per essenza è in Dio che è la sua vita, similmente per l’operazione intellettuale e la voluntà conseguente dopo tale operazione, si referisce alla sua luce e beatifico oggetto. Degnamente dunque questo affetto de l’eroico furore si pasce de sí alta impresa.
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"Dopo che l'esperienza mi ebbe insegnato che tutto ciò che accade nella vita comune è vano e futile; e vedendo che tutto ciò che era per me causa e oggetto di timore non aveva in sé nulla né di bene né di male, se non in quanto l'animo ne fosse turbato, decisi finalmente di indagare se si desse qualcosa che fosse un bene vero e partecipabile, dal quale soltanto, respinti tutti gli altri beni, l'animo fosse affetto; soprattutto se si desse qualche bene che, trovato e acquisito, godessi in eterno di una continua e somma letizia".
(B. Spinoza, "Trattato sull'emendazione dell'intelletto")
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