Libri di Diego Fusaro

Nei giorni scorsi, sono tornati i fridays for future, i venerdì ambientali lanciati dalla piccola scandinava Greta Thunberg: in tutta Italia si sono registrate manifestazioni ambientaliste, che hanno puntato il dito contro il riarmo, evidenziandone l’impatto ambientale nefasto. In questo caso, gli ambientalisti hanno perfettamente ragione: il riarmo rappresenta una oscenità non solo dal punto di vista umanitario, dato che la guerra come è noto produce cadaveri, ma anche dal punto di vista ambientale, dato che bombe, carri armati e missili concorrono a distruggere l’ambiente. La nostra posizione sui venerdì ambientali di Greta Thunberg resta quella che abbiamo più volte evidenziato: giusti i motivi della protesta, sbagliate le richieste avanzate e l’impostazione generale della protesta stessa. La contraddizione ambientale mette capo alla contraddizione capitalistica: è la mistica capitalistica della crescita infinita a produrre la devastazione ambientale, cosicché il solo ambientalismo autentico coincide con l’anticapitalismo. L’aveva capito bene anche l’ultimo Marx, che aveva scoperto la seconda contraddizione del capitalismo: esso non sfrutta allo sfinimento solo la forza lavoro umana, ma anche la natura, utilizzata come risorsa disponibile e gratuita per la valorizzazione del valore. Per parte loro i venerdì ambientali ricadono nello spazio dell’ambientalismo neoliberale: quello che chiede di mitigare il capitalismo, tramite quella transizione verde che non assume il mercato come causa principale della distruzione ambientale ma al contrario lo adotta come possibile rimedio. Per questa via, il capitalismo riesce a mettere a profitto anche i propri disastri ambientali, trasformandoli in volano verde per l’accumulazione del valore. Il vero ambientalismo deve necessariamente mettere in discussione il mercato capitalistico, ben sapendo che esso rappresenta la causa principale dell’apocalisse verde: la via dunque resta quella di Marx, non quella di Greta Thunberg. Dunque, non transizione verde o green economy, ma superamento del modo capitalistico della produzione: questo e non altro deve essere il vero ambientalismo. Oltretutto i militanti dei venerdì ambientali non propongono una trasformazione dal basso, ma si rivolgono ai padroni del mondo implorandoli affinché prendano a cuore la questione ambientale: Marx li avrebbe collocati tra le fila degli utopisti che col cuore in mano chiedono ai padroni di cambiare lo stato delle cose. Superfluo sottolineare che mai nella storia questa strategia ha funzionato: le vere trasformazioni sono avvenute sempre per via rivoluzionaria dal basso, non con l’ausilio dei padroni, ma opponendosi al loro dominio. Chiedere ai padroni di prendere in mano la questione ambientale significa solo legittimare l’eco-autoritarismo dall’alto, il leviatano verde che già si sta costituendo da tempo e che impone a tutti noi una riorganizzazione verde della società volta in astratto a tutelare l’ambiente e tesa in concreto a generare profitto verde per i padroni. Per queste ragioni si spiega in fondo perché i militanti dei venerdì ambientali non dispiacciano all’ordine padronale dominante: non lo mettono realmente in discussione e, di più, finiscono per svolgere una funzione apotropaica, defocalizzando lo sguardo dal vero ambientalismo, coincidente con l’anticapitalismo di chi ha capito che il solo modo per difendere l’ecosistema coincide con la generale battaglia contro il sistema capitalistico dominante.