GEORGES BATAILLE

A cura di Aldo Trucchio





Je pense comme une fille enlève sa robe.
L’expérience intérieure




1. Il basso materialismo all’inizio della scrittura.

Georges Bataille nasce a Billon, nel Puy-de-Dôme in Francia, il 10 settembre 1897.

I suoi primi ricordi sono legati alle sofferenze del padre, reso cieco e semiparalizzato dalla sifilide, che strabuzza gli occhi quando il dolore gli strappa un urlo: l’uomo — quando la famiglia sarà costretta a evacuare a causa della guerra, nel 1914 — sarà abbandonato a Reims, con una cameriera, e lì morirà solo.

L’adolescente Bataille si converte al cattolicesimo (non aveva ricevuto alcuna educazione religiosa), si fa battezzare e si avvia al seminario per diventare sacerdote; ma dopo pochi anni ci ripensa e addirittura interrompe ogni rapporto con la Chiesa. Viene anche chiamato alle armi, ma è subito riformato per la malattia polmonare della quale soffrirà per tutta la vita.

Nel 1922 discute all’École des Chartres una brillante tesi su di un racconto cavalleresco in versi del secolo XIII; quindi viene assunto alla Bibliothèque Nationale e continua ad occuparsi di antiquaria e numismatica. Ma i suoi interessi sono molto più ampli: si appassiona a Proust, agli studi di etnologia del suo amico Alfred Métraux, resta fulminato da Nietzsche, del quale discute appassionatamente con Léon Chestov, e, per il tramite di Michel Leiris, entra in contatto con i surrealisti ed i dadaisti; inoltre studia Hegel, segue i corsi di Marcel Mauss, legge Freud e Sade, entra in analisi col dottor Adrien Borel.

Se si esclude un giovanile opuscoletto su Notre-Dame de Rheims (1918), l’inizio della scrittura batailleana risale proprio alla fine degli anni venti. L’esempio più significativo della sua attività di questo periodo è la Storia dell’occhio (1928) [ 1 ] , un romanzo breve nel quale sono narrate le avventure erotiche di una giovane coppia, che, attraverso una serie di esperienze anche tragiche e grottesche, giunge fino alla violenza e l’omicidio. In realtà questo racconto osceno nasconde un raffinato gioco retorico nel quale due ardite serie di metafore, una riferita all’occhio e l’altra agli organi sessuali, si intrecciano e si confondono secondo la regola delle immagini surrealiste enunciata da Reverdy e ripresa da Breton (più i rapporti tra due immagini saranno lontani e giusti, più l’immagine sarà "forte"), fino al loro disvelamento e riunificazione nell’ultima pagina.

Bataille aveva scritto ne L’ano solare (1927):

Gli occhi umani non sopportano né il sole, né il coito, né il cadavere, né l’oscurità, ma con reazioni differenti. [ 2 ]

Ciò significa che alcuni eventi fondamentali della vita, tra cui quelli del binomio amore-morte, sono comunque destinati a restare ai margini della consapevolezza umana, essendo estromessi con angoscia o disgusto dalla vita quotidiana: ecco perché l’occhio è viene sempre rappresentato da Bataille cieco o enucleato quando accede all’erotismo più osceno.

Pur con una certa contiguità di suggestioni con il surrealismo, le indagini di Bataille procedono dal basso con un intento apertamente provocatorio:

Così i grandi monumenti si alzano come dighe, opponendo la logica della maestà e dell’autorità a tutti gli elementi torbidi: è sotto la forma delle cattedrali e dei palazzi che la Chiesa e lo Stato si rivolgono e impongono silenzio alle moltitudini. [ 3 ]

Pertanto, inaugurando nel 1929 la sua rubrica Dictionnaire Critique sulla neonata rivista «Documents» con la voce Architettura, Bataille rinviene negli «elementi torbidi» gli strumenti capaci di fornire un punto di partenza per la critica radicale di ogni conformismo e di ogni autorità, i quali sono dimentichi del basso da dove sono sorti e dove poggiano le loro basi. L’immagine del piede ne è un ottimo esempio:

Così la funzione del piede umano consiste nel dare una base ferma a questa erezione di cui l’uomo è tanto fiero (…).

Ma qualunque sia il ruolo svolto nell’erezione dal piede, l’uomo, che ha la testa leggera, cioè elevata verso il cielo e le cose del cielo, lo guarda come uno sputo col pretesto che egli ha questo piede nel fango. [ 4 ]

Viene così ironicamente tratteggiata la contrapposizione tra l’idea verticale, cioè morale, che l’uomo ha di sé, e la sua reale posizione tra gli altri enti, orizzontale.

Queste posizioni provocatorie meritarono a Bataille la rottura di ogni rapporto con i surrealisti ed un attacco personale di Breton nel Secondo manifesto del surrealismo : questi prese le distanze dalla sua «compiacenza» verso il «lordo, senile, rancido, sordido, licenzioso» e lo accusa addirittura di essere affetto da psicastenia, cioè da una grave nevrosi ossessiva.

 

2. Il fallimento dei progetti comunitari.

Nel 1931 Bataille aderisce attivamente al Cercle Communiste Démocratique assieme ad altri comunisti dissidenti (tra gli altri Raymond Queneau e Simone Weil), ma la sua concezione di rivoluzione come scatenamento e catastrofe viene duramente contestata. Negli anni successivi si interessa sempre più alla filosofia hegeliana e nel 1934 segue il celebre seminario di Alexandre Kojève sulla Fenomenologia dello spirito assieme, tra gli altri, a Lacan, Callois, Merleau-Ponty, Klossowski.

Inizia la sua collaborazione con la rivista «La Critique sociale» per la quale scrive saggi importanti sulla dialettica hegeliana e sull’origine del fascismo. Quello più indicativo dei principali interessi di Bataille è il saggio su La nozione di dispendio (1933) [ 5 ], nel quale si affaccia la convinzione dell’«insufficienza del principio classico dell’utilità» e — accogliendo la suggestione del Saggio sul dono di Marcel Mauss e dei suoi studi sulla distruzione rituale di beni da parte degli indiani nordamericani (potlàc) —, si fanno numerosi esempi di situazioni nelle quali viene privilegiato un consumo rapido e violento delle risorse a scapito dell’accumulazione e della conservazione:

L’attività umana non è interamente riducibile a processi di produzione e di conservazione, e il consumo deve essere diviso in due parti distinte. La prima, riducibile, è rappresentata dall’uso del minimo necessario, agli individui di una data società (…). La seconda parte è rappresentata dalle spese cosiddette improduttive: il lusso, i lutti, le guerre, i culti, le costruzioni di monumenti suntuari, i giochi, gli spettacoli, le arti, l’attività sessuale perversa (cioè deviata dalla finalità genitale) rappresentano altrettante attività che, almeno nelle condizioni primitive, hanno il loro fine in se stesse. [ 6 ]

In questi anni, che sono anni anche di impegno politico, ha luogo una breve pacificazione con Breton in occasione della pubblicazione, tra il 1935 ed il 1936, dei «Cahiers de Contre-Attaque» da parte di una Unione di Lotta degli Intellettuali Rivoluzionari.

Lo stesso Bataille riunisce ben tre gruppi di studiosi, all’incirca tra il 1936 e il 1940. Fonda una società segreta, della quale non si sa molto, le cui riunioni avvengono in un luogo considerato sacro, addirittura allo scopo di restituire al mondo moderno un afflato «ferocemente religioso». A tale gruppo è legata una rivista, «Acéphale» [ 7 ], che si avvale soprattutto della collaborazione di Callois e Klossowski: il secondo numero di tale rivista è interamente dedicato a Nietzsche, nel tentativo di sottrarlo alle interpretazioni fasciste.

La figura dell’Acefalo è tratta da una pietra intagliata di origine gnostico-manichea ritrovata da Bataille alla Bibliothèque Nationale e vuole indicare che

La vita umana non ne può più di servire da testa e da ragione all’universo. Nella misura in cui diventa questa testa e questa ragione, nella misura in cui diventa necessaria all’universo, essa accetta un asservimento. (…) la fascinazione della libertà si è offuscata quando la terra ha prodotto un essere che impone la necessità come una legge al di sopra dell’universo. Ciò nonostante, l’uomo è rimasto libero di non rispondere più ad alcuna necessità: è libero di somigliare a tutto ciò che non è lui nell’universo. [ 8 ]

Bataille, con Callois e Leiris, costituisce anche un Collège de Sociologie, nelle cui conferenze settimanali si analizza il sacro, definendo con questa parola ciò che, attraendo e insieme angosciando gli esseri umani (il primo esempio è proprio il sacrificio cruento), costituisce la base di ogni aggregazione sociale, che nasce intorno ad esso, ma al solo scopo di espellerlo (la violenza rituale serve a tenere lontana quella istintuale). Inoltre Bataille fonda una Société de Psichologie Collective assieme al dottor Borel; ma tutte e tre le esperienze naufragano ben presto per lo scontro di forti personalità intellettuali: queste «comunità elettive» si trasformano in «comunità della perdita» e, del resto, l’approccio di Bataille ai problemi che più gli stavano a cuore andava cambiando in maniera radicale.

 

3. Gli anni della guerra: L’esperienza interiore.

Lo scoppio della guerra, la morte dell’amata Colette Peignot, l’aggravarsi della malattia polmonare manifestatasi come tubercolosi, le letture di mistica cristiana e buddista e l’incontro decisivo con Maurice Blanchot, segnano il periodo successivo della scrittura batailleana, portandola ad un intimismo a tratti poetico e diaristico, ma ben più spesso lucido e distaccato, che si attirerà le violente critiche di Sartre.

Per Bataille l’esperienza interiore, titolo anche di una delle sue opere più significative (1942), si situa al limite estremo di un percorso intellettuale volto alla conoscenza:

Dapprima raggiungo l’estremo del sapere (ad esempio mimo il sapere assoluto, poco importa come, ma ciò suppone uno sforzo infinito dello spirito che vuole il sapere). So allora che non so nulla. Ipse ha voluto essere tutto (tramite il sapere) e cado nell’angoscia: l’occasione dell’angoscia è il mio non-sapere, il non-senso senza rimedio (il non-sapere non sopprime qui le conoscenze particolari, ma il loro senso, toglie ogni senso) (...).

Finchè l’ipse persevera nella sua volontà di sapere e di essere ipse dura l’angoscia, ma se l’ipse si abbandona e con se stesso il sapere, se si dà al non-sapere in tale abbandono ha inizio il rapimento. [ 9 ]

Non si tratta, insomma, di mettere da parte gli strumenti intellettuali a favore della conoscenza mistica, bensì di capire di cosa la ragione possa effettivamente rendere conto e cosa invece sia al di fuori della sua portata, allo scopo di tracciare i limiti del pensiero discorsivo che, per Bataille, è giunto al suo compimento nel sistema hegeliano. A torto considerate oscurantiste e misticheggianti (celebre l’articolo di Sartre intitolato: Un nouveau mistique), le riflessioni batailleane di questi anni aspirano piuttosto ad un illuminismo spinto fino alle sue estreme conseguenze.

La differenza tra esperienza interiore e filosofia risiede principalmente nel fatto che, nell’esperienza, l’enunciato non è nulla, se non un mezzo e anche, in quanto mezzo, un ostacolo (…). [ 10 ]

Poiché

Benché le parole si approprino in noi di quasi tutta la vita (…) sussiste in noi una parte muta, nascosta, inafferrabile. [ 11 ]

La verità si dà proprio in ciò che eccede il sistema, in un flusso emotivo che può passare da un uomo all’altro connettendoli in una «comunicazione intensa», come ad esempio fanno l’ilarità, l’angoscia, l’eccitazione erotica.

Spingendosi ancora oltre Bataille dichiara il valore sovversivo delle sue riflessioni:

Chiamo esperienza un viaggio ai limiti dell’umano possibile. Ciascuno è libero di non fare tale viaggio, ma, se lo fa, ciò suppone la negazione delle autorità, dei valori esistenti che limitano il possibile. Perché nega altri valori, altre autorità, l’esperienza avente esistenza positiva diventa essa stessa positivamente il valore e l’autorità. [ 12 ]

Una tale ricerca estrema deve insomma partire dal dato nietzscheano della «morte di Dio». Nel suo Su Nietzsche (1945), Bataille non si pone come uno dei tanti «glossatori» del filosofo tedesco, ma come «identico a lui» e scrive:

Le difficoltà che incontrò Nietzsche – abbandonando Dio e il bene eppure continuando a bruciare del fuoco di coloro che per Dio e per il bene si fecero uccidere – le incontrai anch’io a mia volta. La solitudine scuorante ch’egli ha descritto mi toglie ora le forze. Ma la liberazione dalle entità morali dà all’aria che respiro una verità così grande che preferirei vivere da paralizzato o morire piuttosto che ricadere nella schiavitù. [ 13 ]

Così Bataille chiederà all’editore Gallimard di raccogliere le sue opere di questo periodo col titolo di Somma Ateologica.

Una blasfema rappresentazione della divinità si trova nel racconto Madame Edwarda (1941) [ 14 ] nel quale il protagonista è sconvolto fino al delirio dalle oscenità di una prostituta che gli si presenta come Dio in persona: ancora una volta è la contiguità di eros e thanatos, della perdita di sé nel piacere e nel dolore, ad essere al centro delle riflessioni di Bataille, che attua un doppio capovolgimento, parlando prima di «pratica della gioia dinanzi alla morte» e poi affermando che

l’erotismo considerato gravemente, tragicamente, rappresenta un capovolgimento totale. [ 15 ]

Finalmente l’erotismo si impone al centro delle riflessioni di Bataille.

 

4. I grandi saggi del dopoguerra: il concetto di sovranità.

In La parte maledetta (1949) [ 16 ] Bataille riprende ed approfondisce il tema de La nozione di dispendio moltiplicando gli esempi storici sulle «società di consumo» ed elaborando una vera e propria teoria dell’ «economia generale»: il «sovrano» (opposto alla Signoria di Hegel) è colui che spreca ogni sua risorsa godendone nell’istante e precipitando verso una fine certa, come in quei riti che accomunano le più svariate società arcaiche nei quali il re, vissuto nel lusso e nell’eccesso, viene infine messo a morte.

Uno spreco ed una trasgressione è, come dimostrano i numerosi articoli scritti da Bataille per la sua rivista «Critique» (fondata nel 1946), anche la letteratura, la quale è rimasta l’ultimo luogo dove si possano ritrovare figure sovrane, che pongono la violenza delle proprie passioni davanti ai limiti imposti dal consorzio umano: gli esempi migliori sono nelle poesie e nei «proverbi infernali» di William Blake, in Cime tempestose di Emily Brönte e, soprattutto, nei crudeli libertini dei romanzi di Sade; ma l’uomo nel quale il pensiero sovrano ha trovato la sua ultima, gioiosa affermazione è Friedrich Nietzsche.

Il concetto di sovranità (al quale doveva essere dedicata la terza sezione de La parte maledetta, iniziata a scrivere solo nel 1953) emerge chiaramente quando Bataille si occupa di Kafka:

Non vi è sovranità che ad una condizione: non avere l’efficacia del potere, che è azione, supremazia dell’avvenire sul momento presente, supremazia della terra promessa. Certamente, è tremendo non lottare per distruggere un avversario crudele, significa offrirsi alla morte. (...)

È senza dubbio questa la fatalità di tutto ciò che è umanamente sovrano; ciò che è sovrano non può dare se non nella negazione di se stesso (basta il minimo calcolo, e tutto crolla, non vi è altro che la servitù, la supremazia dello scopo e del calcolo sul tempo presente), o nell’istante durevole della morte. La morte è il solo mezzo per evitare alla sovranità l’abdicazione. Non c’è schiavitù nella morte: nella morte non vi è più nulla. [ 17 ]

La sovranità ci appare, in ultima analisi, come qualcosa di impossibile:

L’essenziale è sempre lo stesso: la sovranità non è NIENTE. [ 18 ]

 

5. I tentativi falliti di realizzare una storia universale dal punto di vista dell’erotismo.

L’Erotismo di Bataille doveva essere, nel 1951, una Storia dell’erotismo da aggiungere a La parte maledetta, e in effetti non mancano innumerevoli riferimenti alla storia dell’uomo (l’uomo di Neanderthal, il Cristianesimo, la stregoneria medievale, le messe nere); ma questo libro, sei anni dopo, prese forma di indagine sulle origini dell’umanità, nella quale erotismo, religione ed il loro opposto, il lavoro, sono considerati parallelamente:

(…) è il mondo umano che, formato nella negazione dell’animalità, o della natura [più esattamente formato dal lavoro], [ 19 ] nega se stesso e, in questa seconda negazione, si supera senza tuttavia tornare a ciò che aveva un primo tempo negato. [ 20 ]

Ciò significa che (e si può notare uno schema di chiara matrice dialettica), l’uomo nasce dalla separazione dalla totalità della natura, poiché inizia a lavorare ed a creare oggetti isolati che fungono da modello per la sua propria individuazione. Ma solo la trasgressione della vita votata al lavoro, all’utile, all’accumulazione, rende l’uomo realmente tale, gli restituisce in qualche modo la completezza perduta:

(…) la totalità divina è legata alla trasgressione della legge che fonda l’ordine degli esseri frammentari. Gli esseri frammentari che sono gli uomini si sforzano di perseverare nella frammentarietà. Ma la morte, o almeno la contemplazione di essa, li riconduce all’esperienza della totalità. [ 21 ]

L’essere nella sua interezza è quindi accessibile all’uomo solo nella trasgressione dei suoi limiti, nell’eccessivo piacere e dolore, oppure nella rappresentazione drammatica di quegli eccessi, cioè nella letteratura, nel sacrificio cruento, nelle immagini dotate del potere di sconvolgere: nel concetto di erotismo tragico questi stati emozionali così intensi trovano la loro unificazione.

L’ultima opera di Bataille, Le Lacrime di Eros[ 22 ] è un tentativo, mai portato a termine, di realizzare una storia universale tramite le immagini più cariche di erotismo tragico, dai graffiti preistorici passando per le pitture greche e romane, i medievali, i fiamminghi, Goya, i manieristi, fino ai surrealisti ed alla fotografia: alla fine di quest’opera, commentando dei clichées fotografici, donatigli da Borel ai tempi dell’analisi, che rappresentano un uomo torturato a morte (il celebre suppliziato cinese sottoposto alla pena detta dei cento pezzi), afferma:

Questa è secondo me l’inevitabile conclusione di una storia dell’erotismo. (…) l’istante in cui evidentemente gli opposti sembrano legati, in cui l’orrore religioso, dato, come sapevamo, nel sacrificio, si lega all’abisso dell’erotismo, agli ultimi singulti che l’erotismo illumina. [ 23 ]

 


 

1. Histoire de l’œil (traduzione italiana in Tutti i romanzi, a cura di Guido Neri, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 101-150).

2. L’anus solaire (tr. it. in L’ano solare, a cura di Sergio Finzi, SE, Milano 1998, p.16).

3. Architecture, in «Documents», n. 2, maggio 1929 (tr. it. in Documents, a cura di Sergio Finzi, Dedalo, Bari 1974, p. 157).

4. Le gros orteil, in "Documents", n.6, novembre 1929 (tr. it. in Documents, cit., p.75).

5. La notion de dépense, in «La Critique sociale», n. 7, gennaio 1933 (tr. it. in La parte maledetta, a cura di Francesco Serna, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 1-22).

6. Ibidem, (tr. it. cit., p. 6).

7. I cinque numeri di «Acéphale» sono tradotti in Italia in La congiura sacra a cura di Fabrizio di Stefano e Riccardo Garbetta, Bollati Boringhiei, Torino 1997.

8. La conjuration sacrée, in "Acéphale", n. 1, 24 giugno 1936 (tr. it. in La congiura sacra, cit., p. 6).

9. L’expérience intérieure (tr. it. in L’esperienza interiore, a cura di Clara Morena, Dedalo, Bari 1994, p.97).

10. Ibidem (tr. it. cit., p. 43).

11. Ibidem (tr. it. cit., p. 44).

12. Ibidem (tr. it. cit., p. 34).

13. Sur Nietzsche, (tr. it. in Nietzsche, il culmine e il possibile, a cura di Andrea Zanzotto, p. 23).

14. Madame Edwarda (tr. it. in Tutti i romanzi, cit., pp. 151-173).

15. Préface a Madame Edwarda (tr. it. cit., p. 153).

16. La part maudite (tr. it. in La parte maledetta, cit.).

17. La littérature et le mal (tr. it. cit., p. 145).

18. La souveraineté (tr. it. a cura di P. Gabellone, il Mulino, Bologna 1990, p. 267).

19. Nota di Bataille.

20. L’Érotisme (tr. it. a cura di Andrea Dell’Orto, ES, Milano 1991, p.82).

21. Ibidem (tr. it. cit., p. 80).

22. Les Larmes d’Eros (tr. it. a cura di Alfredo Salsano, Bollati Boringhieri, Torino 1995).

23. Ibidem (tr. it. cit., p. 223).


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