GIUSTINO

A cura di




Giustino, che spesso si dichiarava in verità samaritano, visto il suo nome e il nome di suo padre - Bacheio - sembra piuttosto di origini latine o greche. La sua famiglia probabilmente si era stabilita da poco in Palestina, al seguito degli eserciti romani che qualche anno prima avevano sconfitto gli Ebrei e distrutto il Tempio di Gerusalemme. Come riferisce Giustino stesso nel Dialogo con Trifone, venne educato nel paganesimo ed ebbe un'ottima educazione che lo portò ad approfondire i problemi che gli stavano più a cuore, quelli riguardanti la filosofia. Racconta che la sua smania di verità lo portò a frequentare molte scuole filosofiche. Presso gli stoici non trovò giovamento, in quanto il problema di Dio, per questa filosofia, non era essenziale. Poi frequentò la scuola peripatetica, ma anche presso questi filosofi non trovò quanto cercava. Si recò presso un filosofo pitagorico che lo sollecitò dunque ad approfondire le arti della musica, dell’astronomia e della geometria. Ma Giustino, troppo concentrato nel voler raggiungere la "verità" e la "conoscenza di Dio", reputava tempo sprecato il soffermarsi su tali materie. Da ultimo frequentò una scuola platonica; un maestro di questa filosofia era da poco giunto nel suo paese e presso questa corrente filosofica trovò quanto credeva di cercare. «Le conoscenze delle realtà incorporee e la contemplazione delle Idee eccitava la mia mente...», dice Giustino. Si convinse che questo lo avrebbe portato presto alla "visione di Dio", che considerava essere lo scopo della filosofia. Decise di ritirarsi in solitudine lontano dalla città, ma in questo luogo appartato incontra un anziano, con cui inizia un serrato dialogo, incentrato su Dio e su cosa fare della propria vita. Dopo aver dichiarato all’anziano la sua idea di Dio «Ciò che è sempre uguale a sé stesso e che è causa di esistenza per tutte le altre realtà , questo è Dio», l’anziano lo porta a ragionare su di un aspetto che forse a Giustino era sfuggito: come possono i filosofi elaborare da soli un pensiero corretto su Dio se non l’hanno né visto né udito? E porta il giovane a meditare sulle persone considerate "gradite a Dio" e dallo stesso "illuminate", i Profeti, che nel tempo avevano parlato di Dio e "profetizzato in Suo nome", in particolare la "venuta del Figlio nel mondo" e la possibilità "attraverso di Lui" di avere una "vera conoscenza del divino". Dopo questa esperienza, Giustino si converte al Cristianesimo e per tutto il resto della sua vita educherà i discepoli, utilizzando gli stessi schemi usati dalle altre scuole filosofiche. Oltre a questo incontro, che fu decisivo per la sua conversione, Giustino indica anche un altro fatto che lo rinfrancava nella fede: «Infatti io stesso, che mi ritenevo soddisfatto delle dottrine di Platone, sentendo che i cristiani erano accusati ma vedendoli impavidi dinanzi alla morte ed a tutti i tormenti ritenuti terribili, mi convincevo che era impossibile che essi vivessero nel vizio e nella concupiscenza». La sua fede lo porterà a subire pure lui una morte violenta. Fu condannato a morte da Rustico che era prefetto ai tempi dell'imperatore Marco Aurelio con queste parole: « Coloro che si sono rifiutati di sacrificare agli déi e di sottomettersi all’editto dell’imperatore, siano flagellati e condotti al supplizio della pena capitale, secondo le vigenti leggi » . Di questo processo esiste ancora il verbale. Giustino venne decapitato assieme ai sui discepoli, Caritone e sua moglie Carito, Evelpito, Jerace e Peone. « Io, Giustino, di Prisco, figlio di Baccheio, nativi di Flavia Neapoli, città della Siria di Palestina, ho composto questo discorso e questa supplica, in difesa degli uomini di ogni stirpe ingiustamente odiati e perseguitati, io che sono uno di loro. » (Apologia Prima, I, 2) La Prima Apologia dei cristiani è indirizzata all'imperatore Antonino Pio e al Senato romano. In essa compare un tema che sarà ampiamente sviluppato dall'apologetica cristiana, cioè la critica della prassi diffusa presso i tribunali romani, per la quale il solo fatto di appartenere alla religione cristiana era motivo sufficiente di condanna. Giustino inoltre polemizza con i pagani riguardo ad alcune contraddizioni interne alla società romana, per esempio fa notare come, mentre i cristiani sono condannati a morte perché ritenuti atei, vari filosofi greci e latini sostengono apertamente l'ateismo senza conseguenze. Interessante, poi, è il fatto che Giustino citi abbondantemente vari brani dei vangeli sinottici per esporre le dottrine cristiane; ancor più notevoli sono i tentativi dell'apologeta per convincere i pagani della verità del Cristianesimo attraverso le citazioni di autori classici sia di filosofia (come Socrate e Platone) che di mitologia (come Omero e la Sibilla) che vengono accostati a brani dei vangeli o dell'Antico Testamento. L'opera si conclude con una petizione che contiene una lettera dell'imperatore Adriano, la quale serve a Giustino per mostrare come anche un'autorità imperiale era del parere di giudicare i cristiani in base alle loro azioni e non in base a dei pregiudizi.

Email

__________________________________________________________

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------