HEGEL

A cura di F. Bertoldi

GRIGLIA RIASSUNTIVA SU HEGEL


esposizione sintetica

cenni biografici

Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque il 27 agosto 1770 a Stuttgart (Stoccarda), da famiglia protestante, "bene ordinata e agiata"; il padre era impiegato statale. Studiò al ginnasio di Stoccarda i classici greci e latini. Seguì i corsi di filosofia (2 anni) e teologia (3 anni) all'Università di Tubinga (1788-1793), dove si legò di amicizia con Schelling (con cui conndivise un giudizio fortemente critico verso l'ambiente accademico di Tubinga) e Hölderlin.
Si entusiasmò, in tali anni giovanili per la Rivoluzione e Napoleone. Gli avvenimenti della Rivoluzione francese suscitarono infatti in lui un grande entusiasmo ed esercitarono sul suo pensiero un'influenza duratura. Con gli amici di Tubinga, piantò un albero della libertà e fu tra essi l'oratore più acceso in difesa dei princìpi rivoluzionari della libertà e dell'eguaglianza.
Quando Napoleone entrò a Jena (il 13 ottobre 1806), Hegel scrisse in una lettera:

"Ho visto l'Imperatore - quest'anima del mondo - cavalcare attraverso la città per andare in ricognizione: è davvero un sentimento meraviglioso la vista di un tale individuo che, concentrato qui in un punto, seduto su di un cavallo, abbraccia il mondo e lo domina ".

Né questo entusiasmo diminuì quando Hegel ebbe dato la sua adesione allo Stato prussiano. Paragonava infatti, più tardi, la rivoluzione a un levarsi superbo di sole, un intenerimento sublime, un entusiasmo di spirito che han fatto tremare il mondo di emozione, come se solo in quel momento la riconciliazione del divino e del mondo si fosse compiuta".

A Berna, Francoforte e Jena.

Terminati gli studi, Hegel fece, com'era d'uso, il precettore in case private e fu per qualche tempo a Berna (1793-1796). Al tempo del suo soggiorno a Berna appartengono i primi scritti, che rimasero inediti: una Vita di Gesù (1795) e un saggio Sulla relazione della religione razionale con la religione positiva (1795-1796). Dopo tre anni di soggiorno in Svizzera, Hegel tornò in Germania ed ebbe un posto di precettore privato a Francoforte sul Meno (1797). Nel 1798-1799 Hegel compose alcuni scritti, tutti rimasti inediti, di natura teologica; nel 1800 il primo breve abbozzo del suo sistema che anch'esso rimase inedito. Frattanto essendogli morto il padre, che gli aveva lasciato un piccolo capitale, si recò a Jena, invitato da Schelling, e vi ottenne il posto di libero docente. Qui anche esordì pubblicamente con la Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling (1801). Nel frattempo, componeva e lasciava inediti altri scritti politici. Nel 1801 pubblicò la dissertazione De orbitis planetarum e nel 1802-1803 collaborò con Schelling al "Giornale critico della filosofia". Nel 1805 divenne professore a Jena e fu redattore capo di un giornale bavarese ispirato alla politica napoleonica.

A Norimberga
Nel 1808 divenne direttore del Ginnasio di Norimberga e rimase in questo ufficio fino al 1816. Hegel descrive come anni felici quelli di Norimberga: in tale periodo si sposò, e scrisse la Scienza della Logica
Heidelberg e Berlino
Nel 1816 fu nominato professore di filosofia a Heidelberg, dove pubblicò l'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio; e nel 1818 fu chiamato all'Università di Berlino. Cominciò allora il periodo del suo massimo successo. Hegel moriva a Berlino, forse di colera, il 14 novembre 1831."
(alcune notizie sopra riportate sono tratte e adattate dalla Storia della filosofia, di N.Abbagnano, vol.3).

opere

Gli scritti teologici giovanili

Gli scritti giovanili (composti tra il 1793 e il 1800) rimasero inediti e sono quasi tutti di natura teologica:
Religione nazionale e cristianesimo (Fragmente über Volksreligion und Christentum) (1794) Critica sia il Cristianesimo (contrapposto alla grecità, lieta, e a Socrate come fattore triste e desocializzante) sia Kant e la religione razionale da lui proposta: occorre invece una Volksreligion, che dia spazio al cuore e alla fantasia.
Vita di Gesù e La positività della religione cristiana (Die positivität der christlichen Religion)(1795) Gesù vi è presentato come un predicatore della Legge morale, che avrebbe dovuto fingersi il Messia, per comunicare il suo messaggio agli Ebrei, ottusamente legati all'idea di un Dio separato e ad una osservanza pedante di regole esteriori.
Lo spirito del cristianesimo e il suo destino (Der Geist des Christentums und sein Schicksal) (1798)

In quest'opera mantiene il suo antigiudaismo, ma modifica il giudizio sul Cristianesimo, ora rivalutato. Alla grecità, momento di armonia "ingenua" e spontanea tra umano e divino, si contrappone il giudaismo, con la sua idea di un "Dio lontano", che impone norme gravose e incomprensibili, per cui l'uomo si trova ad essere schiavo di una oggettività a lui estranea: al Cristianesimo spetta la sintesi tra l'istanza della particolarità e dell'impulso immediato, affermato dalla grecità, e l''istanza della universalità della legge, presente nel giudaismo. L'amore è appunto tale sintesi: la legge universale diventa praticabile in quanto si incarna in una particolarità. Nel Cristianesimo tutto si concilia, anche il male, nella superiore unità del destino storico, che tutto giudica (morale inclusa).

Da notare il giudizio fortemente critico verso l'ebraismo, reo di avere introdotto una scissione: tra il popolo e Dio, tra le inclinazioni e la legge esterna, e tra il popolo ebraico stesso e gli altri popoli.

Altri scritti anteriori alla Fenomenologia

Inediti rimasero pure un primo abbozzo di Sistema, composto a Jena nel 1800: una Logica e metafisica, una Filosofia della natura e un Sistema della moralità. Dello stesso 1801 è la dissertazione per l'abilitazione alla libera docenza De orbitis planetarum. Con Schelling Hegel collaborò nei due anni successivi al "Giornale critico della filosofia".

Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling (1801)

Primo scritto filosofico pubblicato da Hegel: in esso privilegia l'idealismo di Schelling che, in quanto è soggettivo ed oggettivo ad un tempo, gli appare come il vero e assoluto idealismo. In Fichte vi è ancora opposizione tra io e non-io, solo in Schelling si ha una vera conciliazione degli opposti.

Fede e sapere (Glauben und wissen) (1802)

Anche qui si schiera contro ogni dualismo,
tanto illuminista (che esalta il finito, ponendo l'Infinito come un al-di-là inconoscibile),
quanto kantiano, di Jacobi e di Fichte (che non superano l'opposizione finito/infinito, se non ricorrendo alla fede, mentre è la ragiione che può conciliare i due poli)

La Costituzione della Germania (1802)

Tutto è già come dovrebbe essere. Nella fattispecie storica inutile inquietarsi per la sconfitta tedesca davanti a Napoleone. La stessa guerra è necessaria e salutare per uno stato.

Comunque la Germania è stata sconfitta per la sua disunione, e per l'individualismo in essa diffusosi: occorre invece una unità attorno allo Stato, visto come fine assoluto.

Sistema dell'eticità (1803) Hegel si pone il problema di come sorga la vita spirituale dall'originaria unità indifferenziata. Dal bisogno scaturisce il lavoro, da cui poi il tipo di rapporto economico e infine la famiglia e il popolo, che è la forma più alta di eticità (più della stessa famiglia).

Le opere della maturità

Fenomenologia dello spirito (1807)  
Scienza della logica (Norimberga, 1812 e 1816)  
Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (Heidelberg, 1817; riedita, con ampiamenti, nel 1827 e nel 1830) la più compiuta formulazione del sistema di Hegel
Lezioni sulla filosofia della storia (postuma)  
Estetica (postuma)  
Lezioni sulla filosofia della religione (postuma)  
Lezioni sulla storia della filosofia (postuma)  

Fenomenologia dello Spirito

la Prefazione

a) critica Kant: per la sua pretesa di giudicare la conoscenza dall'esterno (mentre "non si impara a nuotare stando fuori dall'acqua"); la ragione non può dubitare della sua validità in generale, dato che è pur sempre lei a dubitare (impossibile essere giudice e imputata ad un tempo). Si può perciò mettere in discussione una sapere parziale a partire da un altro sapere, più perfetto)

b) critica Schelling: il suo errore è di concepire l'Assoluto come indifferenza, appiattimento dei contorni (una "notte in cui tutte le vacche sono nere"), attingibile perciò dall'intuizione, con un "colpo di pistola" immediato. Invece esso è l'Intero, in cui le differenze non sono annientate, e che non è Sostanza (statica), ma Soggetto (dinamico), si sviluppa realizzandosi progressivamente, mediante tappe o "figure" e così la filosofia lo raggiunge mediante uno sviluppo, la "fatica del concetto", che ripercorre tali figure.

"tutto dipende da questo: che si colga e si esprima il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come Soggetto."
"Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si compie mediante il suo sviluppo. Bisogna dire dell'assoluto che esso è essenzialmente risultato, che esso solo alla fine è ciò che è in verità." per l'intero brano

 

le "le figure" della Fenomenologia

La fenomenologia dello Spirito è divisa in sei sezioni: coscienza, autocoscienza, ragione, spirito, religione e filosofia. Di esse la più giustamente famosa è la seconda, l'autocoscienza. Accenniamo anche alla prima.

 

1) la coscienza

Si scandisce nei tre momenti della certezza sensibile (limitata all'hic et nunc), della percezione (coscienza universale e globale ogg) e dell'intelletto (pensa che l'oggetto sia altro).

2)l'autocoscienza

Hegel stesso dice che "l'autocoscienza è in sè e per sè per un'altra; ossia è soltanto come un qualcosa di riconosciuto" "per l'autocoscienza c'è un'altra autocoscienza".

la dialettica servo/padrone la prima manifestazione della vita è l'appetito, donde lotta per l'autoconservazione vince chi avrebbe accettato di morire pur di non essere schiavo, "soltanto mettendo in gioco la vita si conserva la libertà (..). L'individuo che non ha messo a repentaglio la vita può ben venir riconosciuto come persona, ma non ha raggiunto la verità di questo riconoscimento come riconoscimento di autocoscienza indipendente"; ma al contempo lo schiavo diviene necessario al padrone a) conoscitivamente: ha bisogno di uno che lo riconosca per essere padrone b) praticamente: lo schiavo è colui che plasma le cose, e che le media al padrone, che perciò dipende da lui.
stoicismo per Hegel dalla schiavitù si esce col pensiero (cfr. Epitteto, lo schiavo-filosofo): il suo principio è "la coscienza è essere pensante" e qualcosa ha valore "solo in quanto la coscienza ivi si comporti come essenza pensante"; "lo stoicismo è la libertà che (...) ritorna nella pura universalità del pensiero" ma "l'essenza di questa autocoscienza è in pari tempo soltanto un'essenza astratta"; "la libertà nel pensiero ha soltanto il pensiero puro per sua verità -verità che è senza il riempimento della vita- ed è quindi soltanto il concetto della libertà, ma non proprio la libertà vitale"
scetticismo il pensiero, staccato dal mondo reale, finisce col negarlo: lo stoicismo trapassa nello scetticismo "polemico contro la molteplice indipendenza delle cose" ; "il pensiero diventa pensare perfetto che annienta l'essere del mondo molteplicemente determinato" , e "indica l'inessenzialità di ciò che ha importanza nel comportamento del dominare e del servire"
coscienza infelice la coscienza è infelice, perchè "scissa entro sé stessa", tra una coscienza transmutabile (umana) e una instrasmutabile (divina), ponendo l'Assoluto nella trascendenza, nell'Instrasmutabile. Più che pensiero è devozione, subordinazione della coscienza singola a Dio, a cui riconosce di dovere tutto come un dono. Il culmine è l'ascetismo, con cui tende a liberarsi dalla miseria della carne unificandosi con l'Immutabile. Ma proprio in questa unificazione la coscienza riconosce di essere lei stessa la coscienza assoluta (possibile allusione ai mistici fiamminghi, o al panteismo).

 

3)la ragione

È la "certezza di essere ogni realtà", il che le rende accettabile quel mondo che prima le sembrava diverso da sé, antitetico a sé. Questa certezza per divenire verità deve giustificarsi: a)dapprima cercandosi nel mondo della natura, contemplandolo (naturalismo Rinascimentale); attraverso la ricerca delle leggi naturali, la ragione cerca nel mondo oggettivo nient'altro che sé stessa, benché non lo sappia. b)poi si cerca nell'azione: prima nel piacere (cfr. Faust di Goethe), che però la travolge come qualcosa di estraneo: allora si dà alla legge del cuore (cfr. i Romantici), che però è ancora troppo individuale e urta contro la legge di tutti: così, per vincere la potenza superiore di tale legge esterna punta sulla virtù, che però è qualcosa di astratto, donchisciottesco (allusione a Robespierre, secondo Abbagnano): solo nell'eticità, nell'operare nello Stato, la Ragione trova pienamente sé stessa, deponendo ogni scissione, ogni infelicità e raggiungendo pace e sicurezza.

4) lo spirito

Nasce dalla ragione diventata eticità, dentro un popolo (sostanza della vita degli individui). Hegel ne segue l'evoluzione in tre momenti essenziali: il mondo greco, quello romano e quello moderno.

a) il mondo greco è il mondo della "libertà bella", spontaneo inserimento dell'individuo nello Stato. Già in esso però si manifestano antitesi *tra legge umana (quella della polis) e divina (testimoniata dalla Antigone), e *tra consapevolezza umana e Fato  (documentata nell'Edipo Re).

b) il mondo romano è poi il momento della antitesi (tra individuo e legge universale)

c) il mondo moderno è così chiamato ad essere la sintesi, destinata ad aversi quando avverrà l'alienazione di sè da parte degli individui (come enti naturali) nello Stato e nella società [secondo Hyppolite Hegel pensa qui a Hobbes, Locke e soprattutto Rousseau], costruendo così la civiltà (Bildung).

A ciò si oppongono: *la fede, che la giudica vanità; e *la pura "intellezione" (l'illuminismo), che si chiude nel finito. SSia Kant sia la Rivoluzione francese, in tal senso non sanno conciliare, rispettivamente: legge e volontà, stato e individuo.

Il romanticismo vi si avvicina (proclamando la sanità degli impulsi immediati), ma resta ancora soggettivista, con la sua idea di "anima bella" (da Hegel in precedenza approvata e ora criticata).

5) la religione

A differenza di Schleiermacher H. le riconosce la valenza di pensiero, pur indicandone il limite nel suo separare il divino dall'umano. 

Distigue tre tipi di religione: *quella naturale (che pone il divino in realtà materiali, come animali e piante); *la religione artistica (quella greca, che si avvale soprattutto della scultura, degli oracoli, della tragedia) e * quella rivelata, che ha il suo culmine nel Cristianesimo (l'Assoluto come presente).

6) la filosofia

Hegel vi traccia un rapido abbozzo della sua storia, da Cartesio a Schelling.

in sintesi

il suo sistema, com'è noto, si divide in tre parti:

la scienza della Logica

Idea in sè

"Dio" (/ovvero lo spirito umano) com'era prima di creare il mondo

la filosofia della natura

Idea per sè

la natura, ovvero lo spirito alienatosi, uscito da sè

la filosofia dello spirito

Idea in sè e per sè

lo spirito rientrato in sè stesso

soggettivo
oggettivo
assoluto

la scienza della Logica

ossia la contraddizione come legge fondamentale del reale, o la teorizzazione programmatica della menzogna

"Sia il vostro parlare sì, sì, no, no"

definizione

"La logica è la scienza dell'idea pura, dell'idea nell'astratto elemento del pensiero" (Scienza della Logica, d'ora in poi WL, 19)

essa studia:

  • la semplice impalcatura delle forme dello spirito,
  • i principi, le strutture che stanno a fondamento delle realtà concrete date dall'esperienza,
  • le idee esangui, il "regno delle ombre", il "mondo delle semplici essenzialità, libero da ogni concrezione sensibile"
  • "Dio come è nella sua terna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito".
il pensiero è

a. [atto del soggetto] "una delle attività o facoltà spirituali" del soggetto, "accanto alla sensibilità ,all'intuizione, alla fantasia, all'appetizione, al volere, etc" [WL,20]

b. [che si rapporto ad un oggetto] "riflessione su qualche cosa", pensiero di qualcosa[WL,21]

c. [trasformandolo] mutamento prodotto nell'oggetto, facendolo affiorare alla coscienza nella sua vera natura (oltre la sensazione) [WL, 22]

d. [anzi creandolo] il pensiero scopre di essere produttivo dell'oggetto; "quella vera natura [dell'oggetto] è il prodotto del mio spirito (..) come soggetto pensante (ossia della mia libertà)." [WL,23]

 

ne segue l'identità di logica e metafisica

Infatti l'oggetto della metafisica è l'essere, ma l'essere coincide con pensiero, che è l'oggetto della logica. Tale identità non è stata riconosciuta da subito nella storia della filosofia, la si è guadagnata in una storia, che ha visto tre fondamentali momenti (anche qui: tesi, antitesti e sintesi), ossia TRE POSIZIONI DELL'ESSERE rispetto all'OGGETTIVITà

 

1) LA VECCHIA METAFISICA

unità (imperfetta e relativa) pensiero/essere

Cioè la prima posizione del pensiero rispetto all'oggettività [WL, 26/36].

Procedeva ingenuamente, credendo di potersi rivolgere direttamente agli oggetti: l'essere è colto dal pensiero, il pensiero è in unità con l'essere.

Di positivo essa "aveva un concetto più alto del pensiero, che non nei nostri tempi" -> "metteva infatti per base che ciò che per mezzo del pensiero si conosceva delle cose, fosse il solo veramente vero che le cose racchiudevano." [non esiste un al-di-là sconosciuto] "Riteneva perciò che il pensiero e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti, ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose coincidessero in sè e per sè"

Suoi limiti furono a) credere che le determinazioni fossero qualcosa di dato, di oggettivo, e b)credere che, essendo essenzialmente finite, fossero rette dal principio di non contraddizione, per cui di due opposte, l'una fosse vera e l'altra falsa. Il che viene bollato come dogmatismo.

2) il DUALISMO MODERNO

separazione pensiero/essere

Per questa impostazione l'essere è al di là del pensiero. Assume due forme:

a) l'empirismo (§37/9) esprime un bisogno di concretezza (criticando come astratti i concetti metafisici) e l'esigenza di un punto di appoggio per dimostrare tutto;

b) il criticismo (§40/60) che ritiene l'esperienza, come per l'empirismo, "unico terreno della conoscenza" (§ 40); Hegel valuta positivamente che le categorie siano condizioni di oggettività (non c'è esposizione senza di loro) negativamente che a) restino le cose-in-sé, e che b)le opposizioni non si concilino (la ragione che unifica è qualcosa di astratto, §52, è "unità indeterminata")

3) SAPERE IMMEDIATO

perfetta unità pensiero/essere

(§ 61/78) Ciò che questo sapere immediato sa, è che l'infinito, l'eterno, Dio, che è nella nostra rappresentazione, anche è (§64). Ed è non semplice idea (§70), nè semplice essere, ma unità di idea e di essere; come già diceva nella Fenomenologia: il vero è l'intiero.

 

le parti della Logica

 

dottrina dell'essere
 essere  il primo inizio non può essere qualcosa di mediato o di maggiormente determinato (§ 86)

è il livello più povero della realtà, in quanto massimamente indeterminato e privo di caratteristiche;

è la pura astrazione e di conseguenza l'assolutamente negativo (§ 87)

è l'essere l'inizio perché il "cominciamento" deve essere dal concetto più immediato, quello che non presuppone altri concetti a monte, ma questo è solo nell'indeterminato, poiché qualsiasi determinazione supporrebbe una relazione/opposizione ad altri concetti (ergo non sarebbe immediato, ma supporrebbe altro), e il più indeterminato è appunto l'essere. . Osserva Hegel che l'io che pone lio di Fichte e l'indifferenza di Schelling sembrerebbero altrettanto buoni come inizio, ma non sono veramente qualcosa di primo.

Tale concezione si oppone diametralmente a quella dell'esse ut actus di Tommaso d'Aquino, che vede invece nell'essere la massima perfezione e l'attualità suprema (per cui Dio è per lui l'Ipsum Esse Subsistens). In tal modo l'essere risulta inferiore tanto al divenire (storicismo) quanto al pensiero (attivismo): sulla contemplazione della verità, predomina così il progetto.

 nulla  pur essendo la antitesi dell'essere, essendo al massimo grado di indeterminatezza, si identifica con esso, dando vita alla sintesi, il divenire. H. peraltro precisa che la identità di essere e nulla non significa che una data cosa concreta sia identica al suo non essere, ma si riferisce ai concetti generali di essere e nulla. Infatti l'unità di essere e nulla non è totale appiattimento, è al contempo diversità (1). Certo tale identità significa che la realtà è contraddittoria.
 divenire per H. è il momento più perfetto della prima triade. 

La verità dell'essere, come quella del nulla, è quindi la loro unità, e questa unità è il divenire (§ 88). In polemica esplicita con Parmenide, ma anche contro Aristotele, per lui il divenire ha un primato sull'essere.

dottrina dell'essenza  essa è la "verità dell'essere", l'interiorità, la profondità, l'internarsi dell'essere; rispetto all'essenza il semplice essere è apparenza (schein);

a) l'essenza è strutturata dai principi di 

  • identità (per sé "vuota tautologia", contraddetto dalla differenza soggetto/predicato) (§115);
  • differenza (per cui ogni cosa è diversa dalla altre) (§116/20);
  • ragion sufficiente/contraddizione (sintesi dei due precedenti): gli opposti entrano in rapporto tra loro (§121/2);

l'identità non è che la determinazione del morto essere (...)

la contraddizione è la radice di ogni movimento e vitalità

b) per questa contraddizione il finito rimanda a un fondamento (Grund); e qui H. parla delle prove dell'esistenza di Dio:

contesta le prova cosmologiche, che partono dal finito, per dimostrare l'Infinito

"La vera conclusione da un essere finito e accidentale a un essere assolutamente necessario non sta nel concludere a questo assolutamente necessario partendo dal finito e accidentale, come da un essere che si trovi a fondamento" [WL, logica dell'essenza]

"Nella solita maniera di dimostrare, l'essere del finito sembra il fondamento dell'assoluto; c'è l'Assoluto, perché c'è il finito.

La verità è invece che poiché il finito è l'opposizione contraddicentesi in sé stessa, poiché esso non è, l'Assoluto è.(..) Il non essere del finito è l'essere dell'assoluto." [ibi, cfr. Fabro, 127]

approva quella ontologica anselmiana (è impossibile pensare Dio senza pensarlo esistente )

 

 

dottrina del concetto è "la verità della sostanza" (nel senso che per l'idealismo di H. si dà piena e totale intelligibilità del reale). Di per sè il concetto è *universale, ma poichè deve afferrare *l'individuale, deve farsi *giudizio (cioè coincidenza di universale e particolare: universale concreto) e sillogismo (cioè comprensione del perchè di tale coincidenza: la razionalità del reale va dimostrata, non può essere intuita).

Hegel distingue tre momenti del concetto: il c. soggettivo, il c. oggettivo e l'idea.

 

Mentre per Parmenide e Aristotele (sia pur in diverso senso) l'essere non può non essere, ossia l'essere è non-contraddittorio, ossia è uno, ossia ogni cosa è identica a sè stessa per Hegel l'essere è e non è, è contraddittorio, è diviso in polarità dialettiche che si contraddicono e si sintetizzano, ossia ogni cosa richiama il suo contrario, ed è al contempo sè stessa e il suo contrario, e la sintesi di entrambi. Ne segue, ad esempio, che "il falso non è che un momento della verità".

la filosofia della natura

"Narrano i cieli la Gloria di Dio
l'opera delle Sue mani annuncia il firmamento"

La filosofia della natura è la parte meno originale e meno pensata del Sistema.

1) rapporto filosofia/scienze. Le Scienze empiriche hanno una funzione necessaria, ma puramente preparatoria: è la filosofia che attribuisce loro il loro vero significato (non molto diversamente da Schelling, anche H. cerca il senso filosofico delle leggi scientifiche).

2) la natura, in generale. La Natura è "l'idea nella forma dell'esser altro", fuori di sé, "decaduta", alienata. È il momento dell'antitesi, della contraddizione insoluta. È peraltro passaggio necessario per la realizzazione dialettica dello Spirito.

H. afferma la intelligibilità della natura, per cui sostiene una concezione antimeccanicistica e organicistica: la Ragione infatti non si perde realmente, perché nel mondo dello Spirito si ritroverà, superando questa fase di esteriorità.

3) le parti della f. della natura. Anche qui H. tripartisce il discorso:

meccanica in cui tratta del moto locale, quindi di spazio e tempo, da lui visti (a differenza di Kant) come inerenti alla natura, pur  essendo qualcosa di astratto (astratta esteriorità lo spazio, astratta interiorità il tempo).
fisica
  individualità universale quella degli elementi della materia
a sua volta suddivisa in fisica della individualità particolare quella delle proprietà della materia (peso specifico, coesione, suono, calore)
  individualità totale concernente le proprietà magnetiche, elettriche e chimiche.
organica

Vi rifiuta qualsiasi evoluzionismo nella natura: il tempo naturale è ripetitivo;tuttavia la vita fa sì che l'Idea emerga sempre più, raccogliendosi in unità dalla dispersione materiale.

H. la tripartisce in a) natura geologica, b) natura vegetale e c) organismo animale.

Filosofia della natura o del disprezzo per la natura
La natura è infatti denigrata (è spirito uscito da sè, alienato). Hegel rifiutò più volte di andare con gli amici ad ammirare la bellezza delle montagne: per lui non erano davvero reali, non essendo altro che un prodotto dello spirito. In questo senso molto più onesto era stato Kant, grande ammiratore del "cielo stellato". Se Hegel, fermando la catena macchinosa degli ingranaggi artificiosamente dialettici, si fosse fermato a contemplare il cielo stellato! Avrebbe intuito forse che il mondo esiste davvero, non è creazione del nostro spirito, avrebbe forse elevato il suo cuore e la sua mente a Colui di cui la realtà sensibile è segno, riconoscendo che tutto dipende da Lui.

la filosofia dello spirito

Concerne l'Idea ritornata in Sé, dopo l'estraneazione nella natura, di cui lo Spirito è la "verità".

suddivisione della filosofia dello spirito

"§9 (385). Lo svolgimento dello spirito importa, che esso:

I. è nella forma della relazione con se stesso: dentro di esso la totalità ideale dell'Idea diviene a lui, vale a dire ciò che è suo concetto, diventa per lui, e il suo essere sta appunto nell'essere in possesso di sé, cioè nell’esser libero. Tale è lo spirito soggettivo;

II. è nella forma della realtà, come di un mondo da produrre e prodotto da esso, nel quale la libertà sta come necessità esistente. Tale è lo spirito oggettivo;

III. è nell'unità dell'oggettività dello spirito e della sua idealità o del suo concetto: unità, che è in sé e per sé, ed eternamente si produce: lo spirito nella sua verità assoluta. Tale è lo spirito assoluto."

lo spirito soggettivo

E l'Idea "nella forma della relazione con sé stessa": "§11 (387). Lo spirito, che si svolge nella sua idealità, è lo spirito in quanto conoscitivo. Ma il conoscere qui non viene concepito meramente come è nella determinazione dell'idea in quanto logica (§223); sebbene nel modo in cui lo spirito concreto si determina alla coscienza.(...) Nell'anima si desta la coscienza; la coscienza si pone come ragione, che si è immediatamente destata alla consapevolezza di sé; la quale ragione, mediante la sua attività, si libera col farsi oggettività, coscienza del suo concetto."

"A) in sé o immediatamente. Così esso è anima o spirito naturale: il che è l’oggetto dell'Antropologia;"

Antropologia: H. vi sviluppa la tesi della 
  • l'unità di anima e corpo (contro Cartesio), e
  • il primato del pensiero sulla sensazione, che si limita registrare passivamente il dato, generando l'illusione che esso sia appunto un dato, indipendente dalla attività dello Spirito umano.

Lo spirito soggettivo è: 

"B) per sé o mediatamente, come riflessione ancora identica in sé e in altro, lo spirito nella sua relazione o particolarizzamento, la coscienza: il che è l’oggetto della Fenomenologia dello spirito."

 Fenomenologia dello spirito: vi riprende molti concetti dell'omonima opera giovanile

"C) lo spirito che si determina in sé, come soggetto per sé: il che è l’oggetto della Psicologia."

Psicologia: studia lo spirito, tripartito in 

a)teoretico (determinato dagli oggetti, con scala ascendente di intuizione \immaginazione \memoria \pensiero);

b)pratico (come volere individuale, determinato da ciò che attrae, qui ed ora; per H. l'impulso e il sentimento, pur rivalutati rispetto al razionalismo kantiano e illuminista, sono da sottomettere all'universalità della ragione);

c)libero (il volere è libero solo quando è razionale, quando il sentimento è plasmato dal dovere, dall'universalità; in che cosa poi consista il dovere lo può dire solo il momento successivo: lo spirito oggettivo).

 

lo spirito oggettivo

ossia l'Idea "nella forma della realtà, come di un mondo da produrre" vede il succedersi di tre momenti:

il diritto

ossia il momento della pura esteriorità prescinde dall'intenzione, e considera solo il risultato concetti centrali nel diritto sono di persona (soggetto capace di proprietà, che in quanto tale si rapporta agli altri), di contratto, torto, diritto contro il torto.

non esistendo un diritto naturale, metastorico, sono sempre e comunque giuste le leggi positive: "tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale" (Fil. del diritto).

la moralità

ossia il momento della pura interiorità considera solo l'intenzione centrale in essa è il concetto di soggetto, non più di persona, come "volontà riflessa di sè, che accetta consapevolmente la legge, riconoscendola come sua.

Suoi elementi sono: l'interiorità, il valore esclusivo dell'intenzione, il carattere universale e formale della legge, la scissione tra virtù e felicità. Hegel pensa qui a Kant, contro cui polemizza, per l'irrisolta tensione tra essere e dover essere, che rende la moralità paragonabile a un duello allo specchio, strutturalmente interminabile.

l'eticità

ossia la sintesi di interiorità ed esteriorità è il vero ambito in cui il singolo uomo può attuarsi moralmente

 famiglia

 unita, ma particolare

 società civile

 universale, ma divisa

 Stato

 massimo della unità e della universalità


in sintesi

  • Hegel nega che esista una legge naturale (=precedente le leggi poste dagli stati): vano è affannarsi con la legge morale, come faceva Kant (certo, prendendosela con lui ha miglior gioco: Kant era la caricatura della moralità naturale); la moralità non è faccenda personale, non è il mio rapporto con la legge (e questo passi) nè il mio rapporto col Destino (e qui Hegel sbaglia).
    Avrebbe ragione a dire che una lotta senza tregua contro la propria non-moralità (quale la pensava Kant) è controproducente e insostenibile, se si fonda sulle proprie forze e in virtù di un proprio progetto e non avendo presente altro che il proprio io, da rendere perfetto: senza rapporto con un TU non c'è vera morale.
    Ma ha avuto torto a buttar via, col moralismo kantiano, la stessa idea di morale, di dovere che l'individuo, anzi la persona avverte in sè e che non è condizionabile o cancellabile dalla società.
  • Di conseguenza affida tutto alla legge positiva: "tutto ciò che è reale è razionale", ossia la legge dello stato (ciò che è "reale") ha sempre ragione (è "razionale"). Anche quando chiede di uccidere, o di torturare: ha sempre ragione. Inutile tormentarsi: in piena tranquillità si può e deve obbedire allo Stato. Non esiste termine di paragone per la legge positiva.
  • Nello stato e solo in esso quindi si attua pienamente l'uomo: né la famiglia (importante sì, ma solo se relazionata alla totalità statale), nè la società (che secondo Hegel è minata dagli egoismi individuali, non ha una vera unità ma è solo una somma di tanti interessi particolari) costituiscono ambiti degni di una stima e di un rispetto incondizionati, ma solo lo Stato
"la realtà della libertà concreta è volontà divina, in quanto spirito esplicantesi a forma reale e ad organizzazione di un mondo" , "è totalità organica che precede gli individui
"tutto ciò che l'uomo è, lo deve allo Stato: solo in esso egli ha la sua essenza.[..] Lo stato è l'unità della volontà universale, essenziale, e di quella soggettiva."
"Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire che esso è il fine, e quelli sono i mezzi."

 

la storia

Non esiste un solo stato, e il rapporto tra gli stati non è qualcosa di statico: dalla molteplicità degli stati, in dinamica evoluzione nasce la storia.

in generale

E' possibile comprendere la storia, la sua logica. Infatti solo apparentemente la storia è un succedersi di eventi casuali, contingenti. In realtà essa è razionale, di una razionalità che non deve essere creduta, come potrebbe essere nel caso di una teologia della storia, ma può essere saputa, compresa dalla ragione. Dunque esiste una filosofia della storia. E questa coglie non solo delle linee generali, delle leggi universali, delle costanti, ma capisce esaurientemente ogni dettaglio concreto della storia.

Che cosa è allora la storia? In generale essa è attuazione e manifestazione progressiva della ragione, dell'Assoluto, dello Spirito. Infatti Dio diviene, si realizza, nella storia.

L'Assoluto è quindi esaurientemente nella storia. Non esiste perciò niente di metastorico. Non esiste giustizia metastorica (lo si è già visto: non esiste un diritto naturale metastorico):
piuttosto "la storia universale è in giudizio universale" (Weltgeschichte ist Weltgericht, § 548). Dunque:

    • tutto ciò che accade nella storia ha una sua ragione, una sua necessità, come momento inevitabile del dispiegarsi della Ragione assoluta;
    • anche la guerra è giustificata, ed è bene, né può essere eliminata (in ciò H. si stacca non solo dal Cristianesimo ma anche da Kant).

Il fine della storia in questa prospettiva è "che lo spirito giunga al sapere di ciò che esso realmente è (...) manifesti ogettivamente sè stesso", ossia è la piena automanifestazione dello spirito in una realtà storico-oggettiva.

La modalità attraverso cui si giunge a tale fine è:

  • il succedersi di vari popoli (in effetti l'azione dell'individuo, dice H., è tanto più efficace, quanto più si innerva nella vita del suo popolo), in cui via via si incarna lo Spirito universale;
  • quest'ultimo si serve anche di motivazioni passionali e particolari per raggiungere attraverso di esse dei fini universali: si attua così la astuzia della ragione;
  • nella storia si evidenziano dei personaggi di speciale portata, degli eroi o weltgeschichtlichen individuen (individui storico-universali), che sanno cogliere il sebso in cui va la storia, e sanno collocarsi su un punto di vista superiore (beché in qualche modo anche loro soggiacciano alla Astuzia della Ragione); il loro segno è il successo, e la gente comune sente che li deve seguire (si pensi a personaggi come Alessandro Magno, Cesare, Napoleone).

 

In particolare

Hegel ripartisce la storia in tre grandi momenti:

il mondo orientale

caratterizzato dalla sottomissione di tutti (al monarca, solo libero)

il mondo greco-romano

caratterizzato dalla libertà di alcuni (accanto però alla schiavitù di altri)

il mondo cristiano-germanico

caratterizzato dalla libertà di tutti

lo spirito assoluto

Si scandisce, ancora una volta, in tre momenti: arte, religione e filosofia.

  1. Nell'arte l'Idea si coglie ancora avviluppata in un involucro materiale, il contenuto (l'Idea) è racchiuso in una forma (materiale):
      a seconda di come si rapportino contenuto ideale e forma materiale Hegel distingue tre tipi di arte:
    • simbolica, in cui l'Idea è come sommersa dall'involucro materiale-oggettivo:
    • classica, in cui si raggiunge un equilibrio tra forma e contenuto (Hegel apprezza molto la bellezza dell'arte classica, e in èparticolare greca, quale vertice estetico insuperabile);
    • romantica, in cui la soggettività creativa tende a prevalere sulla oggettività materiale, per cui la forma trabocca del contenuto, che sempre meno ne soporta le regole e i vincoli; si prefigura, al termine della parabola dell'arte romantica (non limitata peraltro a ciò che comunemente si intende con tale espressione) una fine dell'arte, che deve trapassare in forme più alte e adeguate di autocoscienza spirituale.
  2. Nella religione lo Spirito si coglie stavolta non più in un dato materiale, ma nel suo essere spirito; tuttavia lo struimento di tale cogliersi non è ancora la ragione, ma l'immaginazione, la rappresentazione, per cui permane una distanza tra finito e Infinito: Dio viene immaginato come un Essere trascendente (ciò che per Hegel è sbagliato).
      Tra tutte le religioni sono da ritenersi privilegiate quelle monotestiche, che ammettono che il Divino sia Infinito. E tra i monoteismi eccelle il Cristianesimo, che i seguenti pregi:
    • concepisce l'Infinito come dinamico e non statico (a differenza di Ebraismo e Islam): Dio è Trinità, prefigurazione, ai suoi occhi, della sua dialettica di tesi/antitesi e sintesi;
    • la sua idea di Incarnazione di Dio prefigura (mitologicamente) l'idea razionale della identità tra umano e divino; quello che la fede cristiana ritiene essere vero solo dell'Uomo Gesù di nazaret, la filosofia hegeliana lo ritiene vero per l'umanità in quanto tale;
  3. solo nella filosofia si ha una piena e perfetta autocoscienza dello Spirito, che valendosi finalmente della ragione, del concetto, si sa ormai Dio, sa di essere la totalità, l'infinito.

note

1. il divenire sembra paradossale, e si possono fare in effetti delle obiezioni, "ad esempio che è lo stesso se la mia casa, il mio patrimonio, l'aria che respiro, questa città, il diritto, il sole, lo spirito, Dio, siano o non siano:" (§88 ):

Hegel risponde che a) questi esempi concernono cose utili, e la domanda è in realtà se interessino a me (se mi siano utili, e se mi sia indifferente che siano o meno): ma la filosofia deve staccare dal criterio di utilità; b) comunque, in generale, l'essere e il nulla che si identificano non sono riempiti di contenuti determinati, ma sono vuoti.

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