Breve introduzione alle problematiche concettuali della logica hegeliana in se stesse considerate ed in riferimento al sistema

 

a cura di Jonathan Fanesi

 

 

 

                                                          

 

 

Il vero è l’ intero. Ma l’ intero è soltanto l’ essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell’ Assoluto devesi dire che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell’ essere effettualità, soggetto a divenir - se – stesso. Hegel, Fenomenologia dello spirito.

 

 

 

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Nota introduttiva.

 

[ Questo breve saggio non è finalizzato ad un’ esposizione globale della strutturazione della logica hegeliana, che a causa della sua complessità teorico – concettuale rappresenta per gli studiosi, oggetto di ricerca e svariate interpretazioni; è una sorta di propedeutico incentrato sul rapporto logica - sistema, alla luce di un’ analisi “ chiarificatrice “ delle caratteristiche e degli approcci innovativi che rendono l’ opera hegeliana altamente originale all’ interno del patrimonio della filosofia occidentale. In queste poche pagine, cercherò – per quanto mi è possibile – di analizzare le principali problematiche della logica in se stesse considerate  ed in riferimento al sistema. ]

 

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Il sistema dialettico - filosofico hegeliano è incentrato sulla triade Idea – Natura – Spirito, si tratta di un processo grandioso che porta l’ idea assoluta ad alienarsi ed oggettivarsi nella natura per ritrovarsi ad un livello superiore nello spirito: quest’ ultimo è il superamento dialettico della tesi e dell’ antitesi, della logica e della filosofia della natura.

Hegel espone in maniera globale e sintetica l’intero sistema nell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, la grande opera di Heidelberg; negli altri scritti il pensatore tedesco analizzerà in maniera esaustiva ogni singola branca, l’ Idea pura sarà oggetto di studio della Wissenschaft der Logik, lo spirito nelle sue varie forme ed espressioni troverà spazio nelle lezioni berlinesi.

Al fine di comprendere la filosofia hegeliana così complessa concettualmente, oggetto di amore e critica spietata dai pensatori del passato e del presente, è necessario analizzare – in maniera generale – le problematiche relative alla logica in se stesse considerate ed in riferimento al sistema.

Quando si parla di logica in Hegel è utile e doveroso fare una distinzione di fondamentale importanza tra la logica precedente alla Fenomenologia dello spirito ( 1807 ) e quella posteriore. La prima è un processo di auto - dissoluzione delle forme finite del pensiero, una sorta di propedeutico ed introduzione alla metafisica vera e propria; la seconda coincide con una rivisitazione criticamente concepita della metafisica. Alla luce di tale premessa, possiamo addentraci nel regno della verità, come essa in sé senza velo.

La logica nella maturità del pensiero hegeliano, diviene oggetto di studio privilegiato della Scienza della logica e della prima parte dell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio.

Hegel nella grande opera del periodo jenese, mostrava il passaggio dalla storia romanzata della coscienza, mediante le varie fasi antagonistiche conflittuali, al mondo del concetto puro; tale passaggio si poteva compiere mediante un’ importate distinzione tra la fenomenologia dello spirito ( l’ itinerario dello sviluppo mediante fasi individuali – sociali, storico – culturali ), e la scienza dello spirito o sapere assoluto: quest’ ultimo << è lo spirito che si sa in figura concettuale ovvero il sapere concettivo. Non solo in sé la verità è perfettamente eguale alla certezza di se stesso, ossia nel suo puro esserci, vale a dire è, per lo spirito giunto al sapere, nella forma si sapere di se stesso >>.

La Fenomenologia dello spirito  mediante le fasi gnoseologiche dove sussisteva un’ opposizione tra l’ in sé e l’ Io risolta nella presa di coscienza che l’ in sé è in primis in sé per altro; attraverso i processi relazionali dell’ autocoscienza, le tappe culturali e storiche, porta l’ individuo al sapere assoluto dove si realizza la perfetta fusione dell’ in sé con il per sé, l’ insenearsi di certezza e verità; in questo modo si ottiene nella fine dell’ opera del 1807 il propedeutico alla scienza dello spirito.

Il sapere assoluto, non poteva apparire prima che la fenomenologia descrivesse e sistemasse razionalmente quelle esperienze ( Restaino ). Il sapere assoluto appare nel tempo, cioè alla fine della fenomenologia, ma una volta apparso, può fare a meno del tempo: << Appare nel tempo fin tanto che non coglie il suo concetto puro, vale a dire finché non elimina il tempo >>.

Dal mondo spazio temporale delle esperienze fenomenologiche e della natura, con il sapere assoluto si passa al mondo dei concetti della logica; in questo mondo non c’è mai stato né tempo né spazio.

Hegel concluderà, in un difficile passo, dicendo che questo sapere assoluto dello spirito << è il suo insenearsi [ attuazione di sé, come identità atemporale di certezza e verità ] , nel quale lo spirito abbandona il suo esserci [ le esperienze fenomenologiche ] e ne consegna la figura alla memoria >>, giacché << la meta di quella successione è la rivelazione del profondo, e questa rivelazione è il concetto assoluto >>. Si concludeva il compito della filosofia ed incominciava quello della logica.

A testimonianza del forte legame – continuativo che unisce la Fenomenologia dello spirito alla Scienza della logica, la triade “ essere – essenza – concetto “ è contenuta idealmente nella religione naturale ( essere ), nella religione artistica ( essenza ), ed infine nella religione rivelata cristiana ( concetto ); bisogna però sempre tener presente che solo con il sapere assoluto si giungerà al concetto nella sua dimensione autentica.

La filosofia con Hegel non è più amore per il sapere ( filos + sofia ) , ma diviene scienza ( epistemh ) e per essere tale si deve configurare come sistema, in quanto sia resa capace di una dimensione totale della comprensione.

Si può comprendere la scelta hegeliana in relazione al contesto cultural filosofico in cui essa nasce e si sviluppa: l’ idealismo avendo abbattuto il noumeno, l’ultimo baluardo che permise a Kant di costruire – seppur problematicamente – il criticismo; sviluppa una Weltanschauung originale dove il soggetto è l’ assoluta egoità che nel suo porsi si antepone un ostacolo necessario per la sua realizzazione etica ( Fichte ), un processo circolare dove Io (spirito) e non – Io ( Natura ) coincidono nell’ Assoluto come loro unità - identità suprema ed indifferenziata ( Schelling ), un percorso dialettico dove l’ idea assoluta alienatasi ed oggettivatasi nella natura si ritrova ad un livello superiore nello spirito ( Hegel ).

Hegel nell’ introduzione alla Wissenschaft der Logik, sintetizza attraverso l’ uso di frequenti metafore il piano e il fine generale dell’ opera; la logica è: << l’ esposizione di Dio come è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito >>.

È interessante notare come lo stesso Hegel, della Metafisica aristotelica apprezzasse il libro XII, dove lo Stagirita analizzava l’ essere nella sua accezione più elevata, oggetto di studio privilegiato della teologia; nello stesso tempo è doveroso sottolineare come l’opera aristotelica fosse un’ indagine sull’ essere in quanto tale, Aristotele distingueva all’interno della filosofia prima, la protologia, l’ ontologia, l’ usiologia e la teologia, Hegel al di là della metafora religiosa concepisce la logica come la strutturazione formale ( ma non astratta ) e pura della realtà al di là del realizzarsi nel tempo e nello spazio.

Inoltre è necessario ricordare come l’ Idea hegeliana, non abbia una dote creativa come il Dio delle teologie tradizionali, bensì sia il motore di un’ immanentizzazione dialettica passante per l’ esperienza di caduta e di oggettivazione, solo alla fine di tal travaglio raggiungerà la dimensione dello spirito.

È possibile trovare un’ altra analogia, tra lo scritto hegeliano e il Paradiso di Dante, entrambe le opere trattano la dimensione metafisica per eccellenza; la “ Wissenschaft der Logik “ è la prima fase della costituzione triadica del sistema hegeliano, il “ Paradiso “, all’interno della “ Divina commedia “ rappresenta l’ apice del percorso esistenziale – umano religioso del “ pellegrino Dante “ che dopo esser passato per l’ Inferno e per il Purgatorio riesce a purificare la sua interiorità ormai libera dal peccato e capace di librarsi nell’ ammirazione del divino regno celeste.

Nonostante tra i due scritti sussista una differenza d’ intenti, quello dantesco è il simbolo critico della religiosità e della cultura medievale, il viatico di sofferenza e redenzione dell’ uomo, quello hegeliano è la trattazione della verità nella sua purezza in sé senza velo; è possibile ravvisare alcune similitudini davvero interessanti.

Sia Hegel che Dante, fanno uso dell’ impostazione triadica, Hegel con un intento dialettico – sistematico, l’ autore del “ Convivio “ utilizza tale impostazione perché incarna al positivo ( Paradiso ) o al negativo ( Inferno ) la trinità cristiana.

Inoltre entrambi gli autori avvertono chi si accingerà alla lettura, della difficoltà delle opere in questione; Hegel insiste sul fatto che per comprendere la W.d.L. sia necessario saper “ tenere “ la propria mente immersa nel mondo del pensiero puro, in quanto tale dimensione è notevolmente più complessa della filosofia della natura e dello spirito.

Dante,  nel II canto del Paradiso, interrompe la narrazione e si rivolge ai lettori, avviene una sorta di proemio personale, dove il poeta fiorentino avverte il lettore sulla difficoltà delle tematiche trattate: << O voi che siete in piccioletta barca , / desiderosi d’ ascoltar, seguiti / dietro il mio legno che cantando varca, / tornate a riveder li vostri liti: /non vi mettete in pelago, ché forse, / perdendo me, rimarreste smarriti. / L’ acqua ch’io prendo già mai non si corse; / Minerva spira, e conducemi    Apollo, /e nove Muse mi dimostran l’ Orse. / Voialtri pochi che drizzaste il collo / per tempo al pan degli angeli, del quale / vivesi qui ma non sen vien satollo, / metter potete ben per l’ alto sale / vostro navigio, servando mio solco / dinanzi a l’ acqua che ritorna equale. >>.

Per comprendere questi versi, possiamo avvalerci dell’ analisi critica del Buti, il grande studioso dantesco compie un’ indagine sulle metafore delle prime terzine: il mare è la materia da trattare, la verità rivelata divina, le imbarcazioni corrispondono ai diversi livelli culturali e spirituali degli uomini, per intraprendere il viatico del Paradiso è necessario possedere una cultura, sintesi dell’ umana filosofia e del binomio fede – teologia. 

Comprendiamo quindi come la Scienza della logica e il Paradiso - secondo il parere dei loro autori – siano due opere notevolmente complesse, la prima per la strutturazione concettuale e il carattere speculativo e teoretico, la seconda a causa del linguaggio inerente la dimensione del sublime e del divino e le problematiche relative alla teologia, alla grazie e alla fede.

Naturalmente sussiste una differenza culturale di fondo, Dante ed Hegel non sono solamente separati da un divario cronologico, il primo è la più alta espressione del tramontar della visione medievale ( italiana )  e dell’esigenza di  rinascita e rinnovamento, il secondo è il massimo esponente dell’ idealismo romantico; il pensatore tedesco concepisce la filosofia come la dimensione superiore attraverso la quale l’ Assoluto prende coscienza di sé, il poeta fiorentino vede  “ nell’ uman lume  ( la filosofia ) un’ ancilla della teologia.

Ritornando alla filosofia hegeliana, il linguaggio religioso è usato dal pensatore di Stoccarda per introdurre “ chiaramente “ la tematica dell’ opera in questione; in fondo Hegel era pienamente convinto che religione e filosofia avessero in comune l’ auto – conoscersi dell’ Assoluto, nella religione il viatico era la rappresentazione, nella filosofia qualitativamente superiore alla prima, il concetto era la dimensione del dischiudersi ( Gadamer ) della verità.

La logica studia la strutturazione formale ( non astratta ) della realtà prima della sua incarnazione in essa, l’ Idea in sé al di là del tempo e dello spazio, il regno del puro pensiero; in questo Hegel si avvicina a Platone concependo l’idea come modello di ciò che si estrinsecherà in seguito, nello stesso tempo si differenzia dal filosofo dell’Accademia in quanto l’idea non è al vertice della reale, bensì è destinata ad alienarsi nella natura per realizzarsi a pieno nello spirito.

Oltre a differenziarsi dal platonismo, l’ Idea pura della logica nella sua accezione teologica è analizzata come la fondazione del sistema, la verità allo stato aurorale indipendentemente dalla sua realizzazione dialettica; Dio nella teologia tradizionale si è manifestato creativamente nel mondo come natura e uomo, e nello stesso tempo trascende l’universo per la sua infinità.

Per Hegel, la realizzazione dell’ Idea deve seguire un viatico di caduta, di sofferenza, di oggettivazione, di estrinsecazione; solo dopo aver superato la natura ( antitesi ) si ritrova nello spirito, prima soggettiva, poi oggettiva ed infine assoluta.

L’ interpretazione del rapporto tra la religione e la filosofia nel sistema hegeliano da parte degli studiosi, divenne l’ origine della frattura tra Destra e Sinistra hegeliana; la prima avendo una visione conservatrice vide una piena identità qualitativa, la seconda considerava la religione come una sorta di narrazione mitologica irrimediabilmente inferiore alla filosofia. Tra la Destra e la Sinistra, sussisteva un’ evidente linea di demarcazione riguardo l’interpretazione politica del pensiero hegeliano; la fazione conservatrice si auto rappresentò concettualmente nell’ espressione “ tutto ciò che è reale, è razionale “, la Sinistra, decisamente più progressista trovò il suo manifesto in “ tutto ciò che è razionale, è reale “. È necessario sottolineare come l’ identità – tanto discussa e contestata – tra reale e razionale, si compia sul piano dell’ idealità: la razionalità nel suo moto processuale incontra l’ accidentale, ergo la coincidenza deve essere analizzata sul piano dell’ idealità, per far ciò bisogna sapere cogliere la rosa nella croce, rileggere il finito come manifestazione dell’ infinito. L’ intento del pensatore tedesco era quello di mostrare come la razionalità non fosse qualcosa al di fuori della natura e della storia, bensì fosse reale perché concretamente realizzatasi. Nello stesso tempo, è interessante notare come due grandi pensatori politici del 900’, Bobbio e Popper,  videro nella visione politica hegeliana una forma di conservatorismo; Bobbio fu assai critico nei confronti della Weltanschauung di Hegel, Popper in un suo famoso scritto, tacciò Hegel assieme a Platone di totalitarismo.

Al di là di ogni interpretazione, il filosofo di Stoccarda, è pienamente convito che l’ individuo non esista e non abbia senso all’ infuori dello Stato, che si configura come fa notare Vattimo alla pari di un substratum.

Dopo aver fatto alcune doverose premesse, passiamo ora ad analizzare la problematica della logica relativa al sistema.

Come asserisce A. Nuzzo, è utile al fine della comprensione distinguere la logica dal logico, il “ die Logik “ dal “ das Logische “: la logica è la prima branca del sistema ( oggetto di studio della prima parte dell’ Enciclopedia ) che si occupa nella dimensione della purezza delle forme del pensiero; il logico appartiene alla struttura del sistema stesso, ha quindi una funzione coestensiva.

La logica assumendo il logico come oggetto primario diviene conseguentemente auto – fondazione del sistema e ne segna la conclusione, si tratta di vedere che tipo di fondazione Hegel assegni alla logica.

La logica che di fatto coincide con la metafisica,   - secondo l’ insegnamento kantiano -, assume un valore metodologico, non tipo gnoseologico né ontologico.

Per comprendere quest’ importante aspetto soffermiamoci brevemente sull’ innovazione portata da Kant nella filosofia occidentale, il criticismo nell’ assumere le categorie dell’ intelletto come conditio sin qua non della struttura dell’ essere quoad nos ( fenomeno ) ha compiuto una decisiva svolta nella cultura filosofica della fine 700’. Il concetto stesso di rivoluzione copernicana è il punto nodale della Weltanschauung di Kant, il soggetto è il piano di partenza verso l’ oggetto, non si parte più dall’ essere per giungere al pensiero, ma il pensiero è divenuto il plasmatore del conoscere fenomenico.

Tra le categorie di Aristotele e Kant, non vi è solo una differenza quantitativa, 10 per lo Stagirita e 12 per il padre del critisicmo; sussiste un rovesciamento di termini capace di porre la base per l’ idealismo della triade Fichte – Schelling – Hegel, tanto criticata da Schopenhauer.

Aristotele nella Metafisica poneva l’ accento sul problema dell’ essere in quanto tale, le soluzioni dello Stagirita erano quattro di cui solo le ultime due seguibili: a) l’ essere come il vero e il falso [ to on os alethès ] , b) l’ essere come accidente [ katà symbebekòs  ] , c) l’ essere come categorie, d) l’essere come potenza – atto. La filosofia prima dello Stagirita assume quattro funzioni fondamentali, protologia [ analisi sui principi e le cause prime ], ontologia [ analisi sull’ essere mediante le categorie e il binomio potenza atto ]  , usiologia [ analitica dell’ essere nella sua accezione categoriale privilegiata, la sostanza ], teologia [ trattazione dell’ essere divino, XII libro della Metafisica ].

L’ intuizione di Aristotele fu quella di porre una stretta relazione tra essere e pensiero, il pensiero poteva conoscere la strutturazione categoriale dell’ essere e nello stesso tempo l’ essere era il punto di partenza.

L’ equilibrio posto dallo Stagirita cominciò a vacillare, già nel 600’ con Cartesio, il quale affermando “ cogito ergo sum “ mediante l’ uscita dal dubbio metodico – iperbolico, mostrò come la realtà dell’ essere ( in accezione generale ) fosse basata sull’ auto - evidenza del pensiero: si trattava quindi di un primo ed importante tentativo di cambiare il problema del rapporto tra l’ essere e il pensiero.

La svolta decisiva avvenne con Kant, il quale attraverso la rivoluzione copernicana in filosofia, sostituì la metafisica con la Logica trascendentale intesa come analisi del pensiero nella dimensione della verità ( analitica trascendentale ) e dell’ apparenza ( dialettica trascendentale ): il pensiero non era più il riflettersi della struttura categoriale dell’ essere, quest’ ultimo diveniva in accezione fenomenica la proiezione dell’ apparato categoriale del soggetto trascendentale. Per compiere questa colossale inversione, Kant dovette distinguere la realtà in noumenica e fenomenica, la prima era l’ ultimo baluardo che seppur problematicamente permise al padre del criticismo di mantenersi nella dimensione del realismo gnoseologico; il fenomeno, l’ emblema della sintesi tra a - priori ed a – posteriori, tra soggetto ed oggetto.

Se la realtà – in relazione al soggetto – è fenomenica, il noumeno è al di là del conoscere umano; l’ ontologia tradizionale è un ‘ ontologia del fenomeno ( in accezione kantiana ), in questi termini si può comprendere come Kant sostituisca l’ ontologia con la logica trascendentale. Siamo di fronte ad un processo di de – sostanzializzazione dell’ ente, che divenuto esistente in termini conoscitivi in relazione alla nostra attività categoriale, permette a Kant di costruire il criticismo. Da un lato l’ uomo può conoscere fenomenicamente, dall’ altro può vivere noumenicamente secondo il comando della legge morale insita in lui stesso. Capiamo quindi che la gnoseologia è la conditio sine qua non dell’ ontologia, il pensiero in accezione fenomenica è l’ origine dell’ essere. Per attuare completamente l’ inversione “ pensiero – essere “; Kant dovette risolvere il problema più importante della  Critica della ragion pura “, quello di dare una giustificazione critica adeguata alla conoscenza sintetico – fenomenica: la soluzione fu trovata nell’ Io – penso, il centro categoriale del soggetto trascendentale, l’ attività unificatrice e sintetica.

Sempre nella prima opera critica Kant, lancia dardi velenosi contro il filosofare cartesiano e quello berkeleyano, il primo è visto come una forma di idealismo problematico, il secondo è di tipo dogmatico; tale premessa è importante in quanto ci mostra come Kant conoscesse bene la difficoltà dell’ equilibrio concettuale della sua costruzione criticista, trait d’ union tra il puro realismo ed il puro idealismo. 

A testimonianza del fatto che la posizione kantiana fosse instabile, già prima della morte del pensatore tedesco, in Germania si aprì un grande dibattito riguardo il rapporto tra noumeno e fenomeno, il post – criticismo negando in toto una realtà indipendente al soggetto aprì la strada all’ idealismo.

È importante sottolineare che la Dialettica trascendentale, come nota G. Reale non sia una critica a tutta la metafisica occidentale, nelle sue varie forme ed espressioni; si tratta di un’ analisi critica nei confronti del razionalismo dogmatico di Wolff; nello stesso tempo la filosofia kantiana – considerata nella sua interezza – è altamente innovativa all’ interno della filosofia occidentale, il suo innovativo modo di porsi nei confronti dell’ esperienza può essere sintetizzato dalla celebre frase introduttiva alla “ Kritik der reinen Vernunft “ : << che tutta la nostra conoscenza incominci con l’ esperienza, non significhi che derivi interamente dall’ esperienza >>.

La “ Critica della ragion pura speculativa “ ha un duplice funzione critica, da un lato demolisce l’ ontologia dogmatico wolffiana e l’ impostazione del rapporto “ essere – pensiero “ occidentale pre – cartesiano attraverso la “ de – sostanzializzazione “ dell’ ente che nella dimensione del fenomeno “ quoad nos “ trova la sua esplicazione; dall’ altro con la seconda branca della “ Logica trascendentale “ elimina la pretesa di costruire la “ metaphysica specialis “ articolata in psicologia ( paralogismo ) – cosmologia ( antinomie ) e teologia ( ideale)  su basi scientifiche.

Hegel nella suo idealismo dialettico riprende l’ insegnamento kantiano, facendo coincidere la logica con la metafisica ( nella logica oggettiva analizza l’ ontologia e la metafisica classica, nella logica soggettiva, passa all’ esame dell’ impostazione del padre del critisicmo ), nello stesso tempo, critica attraverso una spietata analisi il rapporto del pensiero di fronte all’ oggettività, compresa la posizione kantiana.

Nella prefazione alla Wissenschaft der Logik; Hegel sottolinea inequivocabilmente come la metafisica sia un’ esigenza insopprimibile nonostante “ la scienza e l’ ordinario intelletto si davano così la mano per lavorare alla distruzione della metafisica “; per evidenziare l’ importanza di questa disciplina egli continuerà dicendo che un popolo senza metafisica è come un bel tempio ornato ma privo dell’ altare.

È possibile comprendere nell’ espressioni poc’ anzi citate, come nella filosofia hegeliana vi sia una distinzione di vitale importanza per l’ economia del sistema; l’ intelletto è la fase aurorale della dialettica che ponendo i finiti gli uni indipendenti dagli altri deve essere superata dalla ragione dialettica prima e speculativa poi.

Questo dualismo intelletto – ragione era già presente nel criticismo; Kant da un lato mostrava come l’ intelletto fosse il centro della gnoseologia fenomenica umana in quanto mediante l’ io - penso e l’ immaginazione produttiva riusciva a conciliare ed unire l’ intuizioni e i concetti; dall’ altro lato sussisteva la ragione, come tensione dell’ individuo verso il metafisico, la totalità. Sviluppare la tensione metafisica della ragione pura speculativa voleva dire cadere in una serie di ragionamenti capziosi, prospettive contraddittorie ed insolubili; la ragione nonostante fosse impossibilita a realizzarsi nella dimensione conoscitiva dovendo assumere un uso euristico – regolativo, aveva la possibilità di riscoprirsi come legge morale: la sfera della noumenicità trovava la sua radice profonda nell’ essenza “ pura “ morale e pratica dell’ uomo.

Si comprende quindi la differenziazione kantiana tra intelletto e ragione, il primo aspira al finito, la seconda è in continua tensione verso l’ infinito.

Hegel riprendendo la distinzione del padre del criticismo concepirà l ‘ intelletto come una capacità astratta, proprio perché nella prima fase della dialettica, i finiti non vengono inseriti in un ‘intelaiatura di relazioni ( l’ intelletto determina e tiene ferme le determinazioni ), la ragione dialettica basandosi sul richiamo degli opposti riesce a fondare una prospettiva concreta.

La logica non offre una fondazione ontologica tradizionale né una fondazione puramente gnoseologica alla maniera criticista, è una fondazione metodologica, offre il metodo assoluto al sistema.

Sempre nell’ introduzione all’ opera di Norimberga; Hegel analizza la funzione della logica all’ interno della cultura del suo tempo; egli dirà espressamente che la logica dopo Aristotele non ha avuto nessuna modifica sostanziale: << alla logica non andò in tutto così male come alla metafisica >>.

Nonostante avesse un uso strumentale – nota il filosofo di Stoccarda – è stata mantenuta tra le scienze e le materie d ‘ insegnamento. Dall’ analisi critica della logica e della metafisica, Hegel intuisce l’ importanza e la necessità di una  trasformazione del materiale “ al fine di costruire una nuova prospettiva adatta ai tempi capace di comprendere le forme dello spirito.

La logica è scienza del cominciamento e chiusura del sistema, come scienza prima è una sorta di teologia (l’ esposizione di Dio come è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito ) priva di presupposti, come scienza ultima ( metafisica ) trova il suo presupposto nello svolgimento processuale del sistema stesso.

La logica è la fondazione stessa del sistema, ma in cosa trovare il cominciamento? Il cominciamento deve trovarsi nella sfera dell’ immediato, dell’ indeterminato privo di presupposizioni: l’ essere puro che nella sua vuota ed immediata indeterminatezza coincide con il nulla. Hegel dirà infatti che: << Il puro essere forma il cominciamento, perché esso è così pensiero puro come è, insieme, l'elemento immediato semplice indeterminato; e il primo cominciamento non può essere niente di mediato e di più particolarmente determinato ( …) >>.

Dal gioco dialettico ( contestato dal “ neo – aristotelicoTrendelenburg ) tra essere e nulla, sorge il divenire come supermento dell’ immediatezza nell’ immediatezza della prima sfera dell’ essere.

Hegel, mostrerà come vi sia una sorta di “ coincidentia “ ( Entsprechung ) tra le categorie del pensiero puro e la successione storica dei sistemi di filosofia: Parmenide si portavoce della filosofia dell’ essere, Buddha della filosofia del nulla ed Eraclito della filosofia del divenire.

Riguardo all’ essere parmenideo, Hegel muove alcune critiche di fondamentale importanza: << Parmenide teneva per fermo l'essere, ed era perfettamente conseguente, per ciò ch'egli diceva insieme al nulla, ch'esso non è affatto; soltanto l'essere è. L'essere, preso così assolutamente per sé, l'indeterminato, e però non ha alcuna relazione ad altro. Sembra quindi che da un cominciamento come questo non si possa andare innanzi, partendo cioè dal cominciamento stesso, che un progresso si possa avere solo in quanto all'essere si annodi dal di fuori qualcosa di estraneo. [...] L'essere non sarebbe affatto il cominciamento assoluto, quando avesse una determinatezza; in cotesto caso dipenderebbe da un altro, e non sarebbe immediato, non sarebbe il cominciamento. Se invece è indeterminato, e quindi vero cominciamento, non ha nulla, per cui possa trapassare ad un altro: è in pari tempo la fine. Nulla può scaturirne, come nulla può penetrarvi. Presso Parmenide, come presso Spinoza, non si dovrebbe avanzare dall'essere, o dalla sostanza assoluta, al negativo, al finito >>.

In questa prospettiva intuiamo l’amore di Hegel per Eraclito, il filosofo di Efeso asseriva che << la strada che sale è quella che scende >>, un ente è compreso solo facendo riferimento al suo contrario.

Hegel guarda la storia  della filosofia sotto la sfera della logica, le sequenze logiche devono corrispondere idealmente a quella reali.

In questo tentativo, il filosofo di Stoccarda cade in forzature o addirittura in errore, per dare una storicità alla prima triade della logica, pone Parmenide prima di Eraclito, commettendo un grave errore, poiché il pensatore di Efeso visse prima di quello di Elea.

Prima di analizzare per linee generali la strutturazione della logica hegeliana dobbiamo soffermarci sull’ uso innovativo che Hegel fa della logica stessa e della sua analisi riguardante il porsi del pensiero – all’ interno della storia della filosofia – nei confronti dell’ oggettività.

Il pensatore di Stoccarda analizza le due concezioni tradizionali della logica, nella prima il pensiero fa uso della logica senza coscienza, si tratta di una logica che Hegel definisce naturale; la seconda concezione superiore alla prima ma ancora inadatta vede nella logica uno strumento del pensiero.

La soluzione proposta da Hegel consiste nell’ abbandonare la prospettiva strumentale della logica: non è più il pensiero che fa uso della logica, ma è la logica che usa il pensiero al fine di  portare a coscienza  la logicità che costituisce l’ essenze del pensiero stesso nella sua verità ( A. Nuzzo ).

La logica tradizionale – formale ( l’ analisi sul sillogismo e sul giudizio ), confluisce nello studio delle determinazioni finite dell’ intelletto.

In questa accezione la logica hegeliana diviene una logica speculativa, il pensiero che nella forma del pura verità pensa se stesso, si tratta di un superamento dialettico della metafisica tradizionale e del criticismo kantiano: la logica non è una disciplina astratta e formale, è la trattazione della forma assoluta della realtà, il pensiero puro ed oggettivo, che penetra nelle cose.

Dopo questa precisazione Hegel, analizza il pensiero di fronte all’ oggettività: a) la posizione della ( metafisica tradizionale ), b) il dualismo moderno ( empirismo – criticismo ), c) il sapere immediato ( filosofia dell’intuizione ).

La posizione della metafisica tradizionale, è incentrata sulla coincidenza ( seppur imperfetta ) di pensiero ed essere, il primo può cogliere l’ essere essendo in unità con esso. Hegel dirà che essa aveva: << un concetto più alto del pensiero, che non nei nostri tempi >>, mettendo in fatti << per base  che ciò che per mezzo del pensiero si conosceva delle cose, fosse il solo veramente vero che le cose racchiudevano >>, << riteneva perciò che il pensiero e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti, ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose coincidessero in sé e per sé >>.

I limiti della metafisica tradizionale sono ravvisati nel credere che le determinazioni dell’ essere siano qualcosa di oggettivo e di dato, e che nella loro finitezza siano basate sul principio di non – contraddizione: tale prospettiva – come nota Hegel – cade nel baratro del dogmatismo.

Sia empirismo e critisicmo, presentano la separazione dell’ essere e del pensiero; il primo si segnala per un bisogno di concretezza e una feroce critica alle categorie della metafisica tradizionale viste come entità astratte; il criticismo ritiene che l’ unico terreno base per la conoscenza sia l’ esperienza, un’ esperienza dove il soggetto ha un ruolo attivo.

Hegel criticherà l’ empirismo tradizionale per una visione ingenua del reale, il criticismo – secondo il filosofo di Stoccarda – ha avuto il merito di porre le categorie del pensiero come categorie dell’ oggettività, ma ha ridotto la realtà ad una x impenetrabile ed inconoscibile ( la cosa in sé ), non riuscendo a risolvere le contraddizioni interne alla realtà stessa.

La filosofia dell’intuizione  ( o del sapere immediato ) ha il merito di superare il finito e di concepire una perfetta armonia tra l’ essere ed il pensiero; il suo limite consiste nell’ uso dell’ intuizione.

E’ interessante notare, come sia la metafisica tradizionale che l’empirismo nelle sue varie forme ed espressioni, cadano nel dogmatismo; la filosofia dell’ intuizione è quella di stampo tipicamente romantico.

Dopo aver esplicato la funzione speculativo – metafisica della logica hegeliana e l’ analisi critica che il filosofo di Stoccarda compie nei confronti delle impostazioni precedenti del pensiero di fronte l’ oggettività, passiamo ora ad introdurre la suddivisone vera e propria della Wissenschaft der Logik.

La logica speculativa, segue l’ impostazione triadica  della dialettica, è impostata e costituita dall’ essere ( tesi ), dall’ essenza ( antitesi ) e dal concetto ( sintesi ).

È importante sottolineare come il trinomio “ tesi – antitesi – sintesi “ sia utilizzato raramente da Hegel nelle sue opere, egli parla di un momento intellettivo, di un secondo dialettico e di un terzo speculativo; nell’ introduzione alla “ Fenomenologia dello spirito “ il pensatore tedesco tratta la problematica dell’ antitesi come negazione determinata, momento più dinamico del moto processuale della dialettica.

L’ essere e l’ essenza costituiscono – all’ interno della opera hegeliana – la logica oggettiva, il concetto quella soggettiva, questa divisione porta in sé un’ altra distinzione, tra la ragione che opera come intelletto nella sfera dell’ oggettività e la ragione che opera da un punto di vista speculativo nella soggettività.

In precedenza si era sottolineato come la logica fornisse un metodo assoluto al sistema, perdendo la sua funzione strumentale e tecnica; il metodo assoluto è l’ autocoscienza della scienza, l’ animo dell’ intero sistema; in questo modo possiamo rileggere la divisione triadica sotto una prospettiva metodologica: l’ essere corrisponde alla fase iniziale del processo dialettico ( l’ Anfang ), l’ essenza ponendosi tra la tesi e la sintesi diviene il nucleo stesso dell’ avanzamento ( il Fortang ) dall’ immediato primo all’ immediato secondo, il concetto è la fine del metodo ( Ende ).

Nell’ introduzione all’ opera di Norimberga, Hegel mostra, come in ogni scienza l’ oggetto il metodo stesso necessitano di una trattazione distinta, questa sorte non appartiene alla scienza della logica, dove il metodo di fatto coincide con l’ oggetto d’ analisi.

La logica speculativa hegeliana è un processo immanente di autodeterminazione del pensiero puro che nel suo agire raggiunge il suo essere; non si tratta della logica aristotelica che studiava scientificamente le leggi formali del pensiero, il sillogismo, il concetto e il giudizio, né della prospettiva del “ determinare “ kantiano di un soggetto trascendentale, né il processo di determinazione di substrati della metafisica tradizionale.

L’ autodeterminazione immanente del pensiero puro per il raggiungimento del suo essere, necessita di un cominciamento nella sfera dell’ immediato e dell’ indeterminato; l’essere – nota Hegel – è la dimensione ideale in quanto non presentando alcuna determinazione si sottrae alla determinabilità e si costituisce come principio di ogni determinazione.

L’ essere in questa accezione corrisponde al nulla, la differenza tra i due termini risulta sul piano formale non su quello sostanziale; Hegel dirà infatti: “ l’ essere che nella sua vuota ed immediata indeterminatezza coincide con il nulla “.

Nella logica, è possibile scorgere il cammino del concetto che una volta passato per le tre sfere si realizza come idea assoluta; questo processo è il moto di autodeterminazione immanente.

Hegel deve attuare - come del resto fece Kant con le categorie dell’ intelletto – la deduzione del concetto; le due prospettive sono differenti; la deduzione trascendentale kantiana è la giustificazione della possibilità applicativa ( valore oggettivo ) delle categorie sulle intuizioni, in quanto la conoscenza fenomenica è sintetica, fusione di a – priori e a – posteriori, di intuizioni e concetti.

Hegel dal canto suo, risolve la problematica della deduzione del concetto, nella realizzazione di se medesimo, nel suo dispiegarsi è insita la suddivisione della logica speculativa.

Il concetto quindi non è altro “ che la verità al singolare “ ( A. Nuzzo ), l’origine dello sviluppo della logica stessa. Nella dimensione dell’ essere il concetto si manifesta nell’ immediatezza, nell’ essenza il concetto ha un ripiegamento riflessivo, una mediazione negativo – dialettica; nell’ ultima fase il concetto si realizza ad Idea assoluta.

Soffermiamoci brevemente sulla prima parte della logica oggettiva; dalla coincidenza oppositiva formale di essere e nulla, sorge il divenire che supera nell’ immediatezza l’immediatezza della tesi e dell’ antitesi, generando l’ essere determinato ( finito ).

Giunti all’ essere determinato, Hegel analizza secondo lo schema dialettico il rapporto finito – infinito che culturalmente si traduce nello scontro Illuminismo – Romanticismo, intelletto – ragione.

Nel superamento dell’ antitesi finito – infinito, sorge la loro unione sintetica; l’ infinito hegeliano è costituito dagli infiniti rapporti dei finiti; il finito deve abbondare l’ incompleta chiusura nell’ indipendenza sorta dal principio di non – contraddizione per divenire momento ideale della totalità: è un moto di auto - dissoluzione del finito che rinasce come manifestazione dell’ infinito.

Hegel criticherà la visione illuminista dove finito e finito sono separati da un muro invalicabile, assieme alla prospettiva fichtiana dove l’infinito è assunto a titolo di dover – essere, di viatico “ etico di perfezionamento e non di perfezione “ ( Restaino ).

Ritornando all’ essere determinato, esso è tale in virtù della sua qualità, della quantità e della misura come quantità della qualità.

Dopo la dimensione dell’ essere costituito della triade analizzata poc’ anzi, si passa all’ essenza come ripiegamento riflessivo dell’ essere; Hegel aprirà il secondo tomo della Wissenschaft der Logik dicendo che: “ l’ essenza è la verità dell’ essere “.

Prima di passare alla seconda triade dell’ opera, è necessario soffermarci brevemente sul alcune interessanti questioni della logica  hegeliana.

Lo sviluppo processuale del moto della logica speculativa non ha una strutturazione teleologica ( secondo l’ interpretazione schellinghiana nelle “ Lettere monachesi “ ): ha una fine ma non un fine.

Il concetto giunto nell’ultima fase ritorna al punto d ‘inizio ( essere ), ma è un ritornare in un’ immediatezza seconda, in quanto è passato per la mediazione dialettica che lo ha arricchito.

Dobbiamo porci una domanda di fondamentale importanza, l’ avanzamento in questione è analitico o sintetico?

Siamo di fronte ad un avanzamento sintetico analitico o analitico sintetico, in quanto il concetto si sviluppa nell’immanenza ( analitico ) producendo differenze che non comparivano all’ inizio ( sintetico ).

Dopo l’ immediatezza iniziale dell’ essere si passa all’ essenza come ripiegamento riflessivo della prima sfera; l’essenza è una sorta di Ge – wesen, il passato dell’ essere stesso.

In questo modo avviene una transizione dialettica di fondamentale importanza: il superare la dimensione del “ Sein “ si traduce nell’ attuare la mediazione necessaria al fine di permettere il passaggio verso il Concetto.

Si è detto in precedenza come, la seconda sfera della logica hegeliana sia caratterizzata da una mediazione dialettica, una sorta di differenziazione, nello stesso tempo è opportuno sottolineare come già all’ interno dell’ essere fosse presente un processo di differenziazione, desinato a dileguarsi a causa dell’ instabilità della dimensione che ospitava tale atto “ mediativo “.

Solo nel “ concetto “ la differenziazione s’instaura come processo dell’ autodeterminazione raggiungendo così la sua esplicazione funzionale.

L’ immediato attraverso la mediazione ( negativa ) si fa differente il “ semplice diviene altro da sé “.

Tra la logica dell’ essere e la logica dell’ essenza non sussiste solo  il dualismo oppositivo “ immediato – mediazione “ , compare una differenza di fondo: le categorie dell’ essenza non “ passano le une nelle altre  come accadeva nella dimensione dell’ essere, ma si manifestano nella relazione, nel rapporto.

Questo aspetto ha una duplice importanza, all’ interno della sfera dell’ essenza è l’ espressione di come tali categorie siano concettualmente più elevate e quindi  più profonde ( s’ intende il ripiegamento riflessivo ),  rispetto a quelle dell’ essere, in secundis Hegel sta mostrando come il singolo in sé non abbia valore ma si realizzi nel rapporto oppositivo, nell’ in sé e per sé, in un negativo che per l’economia del tutto è necessario e positivo.

L’ essenza ha una strutturazione triadica, è costituita dall’ apparenza a sua volta divisa in apparenza - essenzialità e fondamento, dal fenomeno diviso in esistenza - fenomeno e rapporto essenziale, ed infine compare la realtà effettiva articolata nello studio dell’  assoluto, della realtà effettiva e del rapporto assoluto.

Nella sfera dell’ essenza il filosofo tedesco analizza quelle leggi che fino ad allora erano state “ erette indebitamente “ a leggi universali del pensiero: il principio d’ identità, il principio di non contraddizione ed infine il principio del terzo escluso. Nell’ analisi critica hegeliana è insito il supermento di tali leggi in virtù di una nuova formulazione concettuale, base per l’ elaborazione del sistema dialettico e dall’ autocostituirsi dell’ Assoluto: la logica della contraddizione.

La logica tradizionale poneva il principio d’ identità come principio supremo del pensiero, nell’ antichità avevano fatto uso di tale principio - con intenti diversi - sia Parmenide nel suo scritto “ Sulla natura “ sia Aristotele nella “ Metafisica “ e nell’ “ Organon “.

Il principio d’ identità asseriva che ogni ente è uguale a se stesso, attraverso un linguaggio formale poteva essere espresso in questi termini: A = A. La Scolastica, lo individuò e lo rese esplicito, Wolff filosofo tedesco del Settecento, seguace di Leibniz lo eresse a legge universale del pensiero.

Hegel, intuisce che se la realtà è dialettica, il principio d’ identità è solo la prima fase dell’ autocostituirsi della realtà ed è nello stesso tempo una fase destinata a esser superata.

Il filosofo di Stoccarda è altamente critico nei confronti del principio di non contraddizione, egli che: << (…) è uno dei pregiudizi fondamentali della vecchia logica e dell'ordinaria rappresentazione, che la contraddizione non sia una determinazione altrettanto essenziale ed immanente quanto l'identità.[...]La contraddizione viene ordinariamente allontanata, in primo luogo, dalle cose, da ciò che è e dal vero in generale; si afferma, che non v'è nulla di contraddittorio. Essa vien poi anzi rigettata sulla riflessione soggettiva, che sola la porrebbe col suo riferire comparare. Ma propriamente non si troverebbe nemmeno in questa riflessione, perché il contraddittorio si dice non si può né rappresentare né pensare. La contraddizione vale in generale, sia nella realtà, sia nella riflessione pensante, come un'accidentalità, quasi un anomalia e un transitorio parossismo morboso. >>.

Anche nei confronti del principio del terzo escluso - secondo il quale tra due asserzioni contraddittorie, non ne sussiste una intermedia -, non risparmia critiche: << Dimenticando che identità e opposizione sono opposte tra loro, il principio di opposizione viene preso anche per quello di identità nella forma del principio di contraddizione; così un concetto a cui non spetti nessuno dei due caratteri tra loro contraddittori, oppure spettino entrambi, viene dichiarato logicamente falso, come per es. il concetto di circolo quadrato.[…] Invece di parlare secondo il principio del terzo escluso (principio dell'intelletto astratto), si dovrebbe dire piuttosto: tutto è opposto. In effetti né in cielo, né in terra, né nel mondo naturale, né in quello spirituale, c'è un'alternativa così astratta come l'afferma l'intelletto con il suo o - o. Tutto ciò che è, in qualche modo è un concreto, e quindi qualcosa in sé distinto ed apposto.[...] La contraddizione superata non è per l'identità astratta, perché questa è soltanto un lato dell'opposizione. Il risultato prossimo dell'opposizione posta come contraddizione è il fondamento che contiene in sé tanto l'identità quanto la distinzione come superate e deposte a puri momenti ideali >>

L’ intelletto astratto pone A = A, la ragione dialettica dopo la tesi per usare un ‘ espressione fichtiana, formula l’ antitesi A = non – A; l’ antitesi  non è una negazione assoluta, si tratta di una negazione determinata, che permette il passaggio alla sintesi: A = A e non – A ( l’ identità dell’ identità e della non identità ). 

L’ identità dell’ intelletto deve essere superata da una contraddizione, tesi ed antitesi troveranno la loro esplicazione nella sintesi. Hegel – seguendo l’ insegnamento eracliteo – intuisce che un ente può essere compreso solo facendo riferimento al suo contrario, il principio di non – contraddizione come espressione dell’ intelletto, pone l’ ente logico ( e reale ) in una chiusa indipendenza che non permette nessuna relazione oppositiva e costitutiva.

La logica della contraddizione, ha una duplice funzione, da un lato è un processo di auto – dissoluzione del finito che non è riducibile al mero in – sé, ma nel per – sé  oppositivo – negativo trova la sua esplicazione, dall’ altro è il nucleo concettuale più elevato della concezione dialettico – sistematica hegeliana.

I limiti della logica della non – contraddizione stanno nell’ assolutizzare il finito, la cui limitatezza è potenziata all’ infinito, e nel rendere l’ ente ( finito ) astratto, chiuso nella sua indipendenza. Al fine di comprendere il ragionamento hegeliano che ad un primo impatto può apparire complesso, è possibile esporlo in una duplice maniera comparativa: l’ A = A corrisponde all’ in sé posto dall’ intelletto, l’ A = non – A è la massima espressione della ragione dialettica  e può essere espresso attraverso la stessa terminologia hegeliana del per - sé, l’ A = A e non – A è la sintesi realizzata dalla ragione speculativa nell’ in – sé e per sé.

L’ Assoluto nella duplice espressione d’ intero e risultato, passa per la contraddizione risolta nell’ unità dall’ operare della sintesi.

Riguardo alla logica della contraddizione vi furono molti contestatori tra i quali  Eduard Von Hartmann che riteneva impossibile discutere con gli hegeliani proprio perché negavano il principio di non – contraddizione; lo stesso Popper nel 900’ terrà una posizione molto critica nei confronti della prospettiva del grande idealista.

Al fine di comprendere al meglio l’ analisi hegeliana sul principio di non – contraddizione, dobbiamo tener presente che il filosofo di Stoccarda non vuol negare in toto la logica aristotelica come pensava invece Trendelenburg, egli critica una visione della logica e della realtà ( in quanto per Hegel la logica è il pensiero puro oggettivo ) imperniata unidimensionalmente sul principio di non – contraddizione.

Nell’ Enciclopedia della scienze filosofiche in compendio,  il pensatore tedesco utilizza tale principio per confutare i suoi avversari, precisamente alcuni aristotelici che vedevano opposti il principio di non – contraddizione e quello del terzo escluso, cadendo inesorabilmente in contraddizioni di fondo.   

Si è detto in precedenza come la seconda sfera della logica speculativa hegeliana sia una mediazione – negativa che supera l’ immediatezza dell’ essere per porsi come base per la sintesi operata dal concetto; si tratta ora di analizzare più specificatamente il ruolo e la funzione della negazione all’ interno della logica e del sistema del filosofo di Stoccarda.

Hegel, costruisce la sua “ Weltanschauung “ sulla famosa asserzione spinoziana: “ Omnis determinatio est negatio “, nella determinazione è insita la negazione.

Tale asserzione ha un’ importanza capitale per la logica hegeliana, in quanto processo di autodeterminazione immanente del concetto è un processo negativo – auto  -costitutivo, inoltre la sfera dell’ essenza è una fase negativa nel senso che supera nella determinazione l’ immediatezza e l’ indeterminazione dell’ essere del cominciamento.

La negazione non è mai assoluta – come dice Hegel nell’ introduzione alla  Fenomenologia, il nulla è il nulla da ciò da cui risulta – siamo di fronte ad una negazione determinata. Tale negazione da un lato si pone come antitesi determinata della tesi, dall’ altro in lei stessa  è insita l’ auto – negazione che s’ instaura come propedeutico alla sintesi.

La triade logica “ essere – essenza – concetto “ corrisponde ad un percorso di negazione ed autodeterminazione, si parte da una negatività immediata ( estrinseca ) passante per una negatività intrinseca e basata sul rapporto per giungere all’ unità intesa come unione “ del sé con l’ altro da sé “.

Assieme alla negazione determinata, sussiste un’ altra espressione di massima importanza per il sistema hegeliano: l’ Aufhebung.

Dell’ Aufhebung, Hegel ne parla nella prima sezione della logica, quella dell’ essere, precisamente a pagina cento. Dato però che il movimento dell’ Aufhebung è interconnesso a quello della negazione determinata, è più utile alla nostra esposizione analizzarlo all’ interno della dimensione della mediazione.

Il termine Aufhebung, ha poliedrici significati nella lingua tedesca, l’ unica traduzione adeguata la offre il latino con il verbo tollere nella sua duplice accezione di togliere e sollevare.

Prima di addentrarci nella ricchezza concettuale di tale termine, è necessario fare una riflessione di fondamentale importanza in quanto sussiste una distinzione d’ uso tra la logica del periodo jenese e quella posteriore all’ opera del 1807. Precedentemente alla pubblicazione della Fenomenologia dello spirito, l’ Aufhebung era il termine che designava il processo di auto – dissoluzione delle forme finite del pensare e si poneva quindi come introduzione alla metafisica, la logica non aveva una funzione costitutiva ma nichilistico – propedeutica alla dimensione speculativa della filosofia prima, secondo la terminologia dello Stagirita.

Dopo il 1807, l’ Aufhebung acquista un significato innovativo e polifunzionale rappresentato dal tollere, nella sua duplice esplicazione di ( a ) togliere e ( b ) sollevare.  

È un togliere negativo – mediativo, in quanto si produce una nuova struttura che mantiene e conserva al proprio interno il processo che l’ ha costituita; il sollevare, implica che le determinazioni iniziali siano portate ad un livello superiore e nello steso tempo tali determinazioni divengono fasi “ ideali “ del processo.

Hegel per esemplificare tale procedura logico – dialettica utilizza un esempio chiarificatore: << Il boccio dispare nella fioritura, e si potrebbe dire che quello vien confutato da questa; similmente, all'apparire del frutto, il fiore vien dichiarato una falsa esistenza della pianta, e il frutto subentra al posto del fiore come sua verità. Tali forme non solo si distinguono, ma ciascuna di esse dilegua anche sotto la spinta dell'altra, perché esse sono reciprocamente incompatibili. Ma in pari tempo la loro fluida natura ne fa momenti dell'unità organica, nella quale esse non solo non si respingono, ma sono anzi necessarie l'una non meno dell'altra; e questa eguale necessità costituisce ora la vita dell'intero.  >>. Fenomenologia dello spirito.

Possiamo rileggere il processo dell’ Aufhebung nella triade portante della logica; il concetto da un lato è un superamento dell’ immediatezza dell’ essere mediatasi attraverso la negazione dell’ essenza, dall’ altro conserva tale immediatezza iniziale nella sfera dell’ idealità come fase del processo.

Hegel nella Wissenschaft der Logik dice espressamente che l’ andare avanti è un ritornare indietro fondante in quanto capace di potenziamento.

Sia il movimento della negazione determinata che quello dell’ Aufhebung, fanno parte della dialettica triadica hegeliana suddivisa in un momento intellettivo, dialettico e speculativo; essa è il cuore della filosofia del grande idealista, in quanto legge di sviluppo e di comprensione del reale, egli dirà infatti nell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, che: <<  La dialettica viene usualmente considerata come un'arte estrinseca che arbitrariamente porta confusione in concetti determinati e produce una semplice apparenza di contraddizioni in essi, in modo che non queste determinazioni, ma quest'apparenza sarebbe un nulla e l'intellettivo invece sarebbe il vero. [...] La dialettica invece è questo immanente oltrepassare, in cui l'unilateralità e la limitatezza delle determinazioni dell'intelletto si espone per quello che è, cioè come la loro negazione. Ogni finito è il superare se stesso. La dialettica è quindi l'anima motrice del procedere scientifico ed è il principio mediante il quale soltanto il contenuto della scienza acquista un nesso immanente o una necessità, così come in esso in generale si trova la vera elevazione, non estrinseca, al di là del finito.   >>

In questa accezione la dialettica hegeliana si differenzia dalle precedenti, sia da un punto di vista processuale che costitutivo, vediamo il perché.

Nella storia della filosofia, Zenone di Elea fu l’ iniziatore della dialettica intesa come arte della confutazione delle tesi dell’ avversario, i Sofisti adoperarono tale tecnica con un intento relativistico e nichilistico.

Con Socrate, la dialettica acquisisce una funzione positivo - maieutica all’ interno del dialogo, capace di demolire i falsi saperi; in Platone, la dialettica trova un posto d’ onore.

Se l’Essere e il mondo delle idee costituiscono un tessuto di rapporti possibili, la suprema scienza delle idee, che Platone chiama dialettica consisterà nello stabilire la mappa di queste relazioni  cioè determinare quali idee si connettono e quali no. La dialettica platonica è la scienza delle idee; ovvero la filosofia stessa, concepita come processo mentis che si sviluppa attraverso il procedimento stesso del domandare e rispondere. La dialettica si compone in due momenti: a) ricondurre a un’unica idea cose disperse e nel definire l’idea in modo da renderla comunicabile a tutti  ( synagoghè ); b) divisione dell’idea nelle sue articolazioni interne, secondo il metodo dicotomico ( diairesis ). Ma e solo nel Sofista e nel Politico che abbiamo l’organica messa a punto del procedimento dialettico nelle sue caratteristiche salienti.

L’arte dialettica presuppone una possibile comunicazione fra le idee. Infatti se tutte le idee comunicassero tra di loro come volevano gli eristi, ogni discorso sarebbe vero e non avrebbe più senso la fatica dialettica; invece se nessuna idea comunicasse con le altre come sostenevano i cinici non sarebbe possibile formulare nessun tipo di discorso se non quello del tipo: << l’uomo è uomo >>. Platone sceglie una via intermediaria rispetto alle due tesi precedentemente formulate da cinici ed eristi: << alcune idee sono combinabili altre no >>. L’arte dialettica consisterà nel definire un’idea mediante successive identificazioni e diversificazione, attraverso un processo di tipo << dicotomico >> che avanza dividendo per due un’ idea, sino a giungere a un’idea indivisibile. Nella dialettica platonica si è vista talvolta un’anticipazione grezza della tecnica definitoria proposta da Aristotele nella sua logica. In realtà la dialettica di Platone presenta caratteri specifici che la distinguono nettamente dal procedimento dimostrativo di Aristotele perché: a) si costituisce su base ipotetica in quanto sceglie una definizione di partenza e poi la mette alla prova vedendo se essa è realmente capace di stringere ciò di cui si parla; b) perché tende a strutturarsi come ricerca inesauribile e sempre aperta a nuove acquisizioni.

Nella filosofia aristotelica la dialettica ha un funzione minore rispetto alla posizione del maestro, ha un ruolo “ deuteragonistico ( Sacchetto ), non scientifico – sillogistico, ma si fonda sul probabile.

Il filosofare degli Stoici, tende a eliminare la distinzione presente nello Stagirita tra apodittica e dialettica, grazie allo sviluppo dei sillogismi ipotetici.  

Plotino, per dialettica intende il percorso ascensivo verso l’ Uno; Proclo, detto anche lo Hegel del V secolo d. C. divide il processo di emanazione e ritorno dialettico in tre fasi:  ( a ) causa in sé, (  b ) processo emanativo dell’ essere, ( g  ) ritorno dell’ essere alla causa prima.

Nel Medioevo la dialettica è considerata nel bene o nel male come una branca della logica, si tratta di vedere che ispirazione concettuale prevalga; nell’ età rinascimentale è una tecnica è intesa come tecnica argomentativa.

Kant – come afferma lo stesso filosofo di Stoccarda – è colui che ha rivoluzionato il significato della dialettica e le problematiche ad essa legate.

La “ Dialettica  trascendentale “ è lo studio critico della tensione metafisica della ragione e dei nodi concettuali nati dalla pretesa di sviluppare scientificamente tale tensione.

In questa sezione, Kant analizzerà la triade “ psicologia – cosmologia – teologia “ costruita razionalmente, dimostrandone l’ erroneità di fondo, le contraddizioni insolubili ed irrisolvibili delle speculazioni cosmologiche razionali, sono la dimostrazione più chiara di come la conoscenza sia e debba essere fenomenica, il noumeno sarà riscoperto da una ragione pura – pratica come legge morale.

In Fichte, primo idealista della triade, la dialettica incentrata sulla “ tesi – antitesi – sintesi “ è il percorso di perfezionamento etico di un soggetto assoluto che nel suo porsi si contrappone un ostacolo da superare con uno slancio di libertà.

Dopo aver tracciato un breve itinerario del significato della dialettica all’ interno della storia della filosofia prima di Hegel, è possibile comprendere l’ originalità della concezione di quest’ ultimo: la realtà intesa come fusione di pensiero ed essere, non è statica, bensì dinamica, formatasi attraverso un moto processuale di negazione e superamento, la contraddizione nell’ accezione più alta del termine diviene – in Hegel – il motore del reale.

Nella W. d. L. , le sfere logiche sono poste in successione in modo tale che la sfera successiva presenti quella precedente in maniera superiore e più ricca, e nello stesso tempo la riduca ad idealità.

Ogni sfera logica presenta la Verità in un suo momento, quando la Verità sarà immanente alla determinazione si avrà la fine del processo, il concludersi nella dimensione “ della circolarità “.

Nella dimensione dell’ essere e dell’ essenza, la Verità si traduce nelle forme qualitative – quantitative della finitezza e nelle forme riflessive e relazionali  che trovano la loro Verità in altro.

Dobbiamo porci una domanda d’ importanza vitale al fine di comprendere il nucleo essenziale della logica speculativa hegeliana. Che cos’è la Verità? La Verità è il processo immanente di autodeterminazione logico del pensiero