Edmund Husserl nacque nel 1859 a
Prossnitz, in Moravia, da famiglia ebrea, studiò matematica e fisica, prima
presso l'università di Lipsia e poi, dal 1878, in quella di Berlino, dove seguì
i corsi dei matematici Kronecker e Weierstrass, laureandosi con quest'ultimo nel
1833. Nel 1884 ritornò a Vienna, dove si avvicinò a Brentano e, nel 1887,
sostenne l'esame per la libera docenza ad Halle. In questo stesso anno, dopo
essersi convertito alla confessione evangelica, sposò Malvine Charlotte
Steinscheider, anch'ella ebrea convertita. Nel 1891 pubblicò la sua prima opera
Filosofia dell'aritmetica , poi nel 1900 e 1901 i due volumi di
Ricerche logiche . Nominato nel 1901 professore straordinario
all'università di Gottinga, vi rimase fino al 1916, quando divenne professore a
Friburgo. In questo periodo fondò la rivista che poi divenne l'organo del
movimento fenomenologico, lo 'Jahrbuch für Philosophie und phanomenologische
Forschung' (Annuario di filosofia e di ricerca fenomenologica), in cui
compariranno anche scritti importanti dei suoi primi discepoli, quali Scheler e
Heidegger, e pubblicò alcuni dei suoi scritti più significativi, quali
Filosofia come scienza rigorosa (1911) e il primo tomo delle Idee per
una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913). Nel
dopoguerra, la filosofia di Husserl cominciò ad essere conosciuta anche fuori
dalla Germania: nel 1922 tenne una conferenza a Londra sulla fenomenologia e,
nel 1929, altre conferenze alla Sorbona di Parigi, poi ripetute a Strasburgo, il
cui testo fu trascritto in francese, sotto la guida di A. Koyré, da G. Pfeiffer
ed E. Lévinas, comparendo nel 1931 con il titolo Meditazioni cartesiane .
Intanto, nel 1928, sulla cattedra di Friburgo gli era successo l'allievo
Heidegger, mentre egli si dedicava alla composizione di altre opere, come
Logica formale e trascendentale (1929) e una Postilla alle Idee ,
da apporre come premessa alla traduzione inglese di quest'opera, uscita nel
1931: in essa, egli prendeva posizione tra l'altro contro la filosofia
dell'allievo Heidegger. Con l'avvento del nazismo nel 1933 arrivarono tempi duri
per Husserl: fu radiato dall'università di Friburgo in quanto ebreo, proprio nel
periodo in cui Heidegger ne era rettore; stessa sorte toccò al figlio,
professore di Diritto, che nel 1936 emigrò negli USA. In alcune conferenze,
tenute a Vienna e a Praga nel 1935, Husserl rilanciò il programma fenomenologico
come via di salvezza dai pericoli di disumanizzazione e irrazionalismo che
incombevano sulla cultura europea: esse costituiscono l'abbozzo della sua ultima
opera, incompiuta, che sarà pubblicata postuma col titolo La crisi delle
scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1954) . Nel 1938 Husserl
morì a Friburgo; i suoi numerosi manoscritti, grazie a H. L. van Breda, poterono
essere salvati dalla distruzione ed essere trasferiti all'università di Lovanio,
dove costituiscono il fondo degli 'Archivi Husserl'. A partire dal 1950 ha preso
avvio, sotto il titolo di 'Husserliana', la pubblicazione di questi inediti: tra
essi vanno ricordati i volumi secondo e terzo delle Idee (1952) ,
Filosofia prima (1956) e Sulla fenomenologia della coscienza interna
del tempo (1966) . Altri scritti sono stati pubblicati dal suo allievo L.
Landgrebe ( Esperienza e giudizio del 1939) e da G. Brand ( Mondo, io
e tempo del 1955).
La prima opera di Husserl,
Filosofia dell'aritmetica (1891), é dedicato a Brentano, dal quale
Husserl riprende il concetto di intenzionalità come
carattere costitutivo degli atti psichici che 'tendono' sempre necessariamente
verso il loro oggetto. Su questa base, Husserl considera la genesi del concetto di numero : esso a suo avviso deriva da un atto
unitario della mente, che dirige intenzionalmente la sua attenzione su
molteplicità di oggetti riuniti in 'aggregato' specifico (ad esempio un insieme
di mele). A partire da questo, esso procede a ricavare per astrazione il
concetto generale di aggregato, concepito come collegamento collettivo delle
unità costitutive di una molteplicità; procedendo a contare tali unità, si
arriva al concetto di numero. Husserl riconosce l' esistenza
autonoma dei numeri come forme generali, cioè come strutture
rappresentative costanti del soggetto, le quali condizionano l'attività
conoscitiva, ma nella misura in cui descrive tali strutture nella loro genesi e
organizzazione mentale, resta ancora vincolato allo psicologismo . In seguito ad una recensione critica di
Frege, apparsa nel 1894, che Husserl rimprovera di confondere ancora il piano
logico con quello psicologico, e alla lettura di Bolzano, Husserl si allontano a
poco a poco dallo psicologismo. Riconosce che la logica per compiere ragionamenti o deduzioni corrette, ma
ha a che fare anche con il significato dei concetti e, quindi, con il loro
contenuto oggettivo. Si pone dunque la necessità di affrontare il problema delle
relazioni tra logica e psicologia e Husserl lo fa con lo scritto Ricerche
logiche . Le leggi che descrivono i processi psicologici sono
generalizzazioni che partono dall'esperienza e pertanto non hanno validità
necessaria, ma sono modificabili o correggibili in base all'accertamento di
fatti empirici. I princìpi logici e matematici, invece, sono necessariamente
veri e la verità stessa é atemporale, cosicchè il rapporto fra premesse e
conclusione nei ragionamenti non é riducibile all'accertamento empirico di
relazioni di coesistenza o di successione di atti psichici. Una logica pura non
é quindi fondabile su basi empirico-psicologiche, ma non può nemanco avere un
carattere meramente formale; essa invece deve essere la teoria di ogni possibile
tipo di ragionamento, in grado di determinare le condizioni ideali di
possibilità della scienza in generale. Su questa base, Husserl analizza il
concetto di significato ; egli é del parere che
l'unità minima di significato sia non il termine linguistico singolarmente
preso, ma la proposizione , la quale in generale
enuncia che qualcosa o é o non é. La logica studia la proposizione a prescindere
dal fatto che essa sia vera o falsa oppure che sia formulata verbalmente o
pensata da qualcuno; sotto questo profilo, dunque, essa é pienamente
indipendente dalla psicologia e non si configura come scienza del pensiero. Per
proposizione però Husserl intende non i singoli enunciati, ma l'unità o l' essenza di tutti gli enunciati con lo stesso significato.
Questa essenza ha esistenza autonoma rispetto ai singoli enunciati, allo stesso
modo degli universali (ad esempio la bianchezza), i quali non sono entità
singole, ma l'insieme o l'essenza di una molteplicità di cose singole (in questo
caso le singole cose bianche). Di queste essenze, secondo Husserl, abbiamo
un'esperienza autoevidente, caratterizzata da una certezza superiore a ogni
certezza data dalle scienze empiriche: egli chiama questa esperienza intuizione categoriale, per distinguerla dalla semplice
intuizione empirica, che carpisce solamente oggetti individuali. La logica pura
consiste nella descrizione di queste essenze, che sono alla base di ogni tipo di
indagine e scienza: si tratta di un'analisi fenomenologica, che mostra come le
leggi logiche appaiono ed operano nel vissuto (in
tedesco Erlebnis ) concreto della conoscenza. Partendo dalla
considerazione dell'oggetto intenzionale dei vari atti psichici, essa descrive
come tali leggi, indipendenti dall'esperienza, si realizzano soggettivamente in
riferimento agli oggetti, che sono intenzionali negli atti conoscitivi.
Per Husserl l'ideale della vera
filosofia consiste nel realizzare l'idea della conoscenza assoluta, basandosi su
un fondamento certo, e la fenomenologia é il metodo che permette di raggiungere
questo obiettivo. Questo programma Husserl lo delinea e lo svolge negli scritti
successivi alle Ricerche logiche , nella Filosofia come scienza
rigorosa e, specialmente, nelle Idee per una fenomenologia pura e una
filosofia fenomenologica . Per costituirsi come scienza rigorosa, la
filosofia non deve assumere nulla come ovvio e indiscutibile, ma deve
raggiungere criticamente un fondamento dotato di evidenza assoluta. A questo
scopo, essa non può partire dall' atteggiamento
naturale , che assume il mondo come un insieme di fatti ovvi: le stesse
scienze empiriche si fondano su questo presupposto e identificano la conoscenza
con l'accertamento dei fatti ritenuti oggettivi e indiscutibili. La scienza, secondo Husserl, analizza il mondo in maniera ingenua, accettandolo acriticamente come esistente e limitandosi ad accumulare sapere su sapere. Ma l'esperienza
delle cose é variabile e cangevole e, dunque, non può garantire l' oggettività e
la validità della conoscenza, cosicchè le scienze della natura non possono
propriamente risolvere i problemi di una teoria della conoscenza. Dunque Husserl
può affermare, nella Filosofia come scienza rigorosa , che ' ogni
scienza della natura é ingenua nei suoi punti di partenza: la natura che essa
vuole prendere in esame, per essa esiste semplicemente ' . Bisogna invece
liberarsi da ogni presupposto, sia dalle credenze comuni, sia da quelle proprie
di tali scienze, così come dai contenuti dottrinali di tutte le filosofie
precedenti. A questo provvede quella che Husserl definisce, con un termine
mutuato dallo scetticismo antico, epochè , che
letteralmente vuol dire 'sospensione del giudizio' . L' epochè consiste nel
mettere tra parentesi l'atteggiamento naturale e tutto quel ch'esso comporta: ad
esempio, l'assunzione dell'esistenza del mondo o la distinzione di soggetto e
oggetto quali dati ovvi. Essa però non ha un compito meramente distruttivo nei
confronti delle credenze o dei pregiudizi diffusi e, in questo senso, non
coincide con il dubbio scettico. La sua finalità é invece costruttiva ed é
correlata all'assunzione di un atteggiamento
fenomenologico che raggiunge la consapevolezza che la conoscenza di
questi dati, che appaiono ovvi all' atteggiamento naturale, é possibile
solamente in riferimento alla soggettività. ' Io non nego questo mondo, quasi
fossi un sofista, non revoco in dubbio il suo esserci, quasi fossi uno scettico,
ma esercito in senso proprio l'epochè fenomenologica, cioè: io non assumo il
mondo che mi é costantemente già dato in quanto essente, come faccio,
direttamente, nella vita pratico-naturale ma anche nelle scienze positive, come
un mondo preliminarmente assente e, in definitiva, come un mondo che non é un
terreno universale d'essere per una conoscenza che procede attraverso
l'esperienza e il pensiero. Io non attuo più alcuna esperienza del reale in un
senso ingenuo e diretto ' ( Idee per una fenomenologia pura e per una
filosofia fenomenologica libro I, sez. II, cap. I, § 32) . Sospendendo
l'affermazione della realtà del mondo, il mondo stesso diviene un insieme di fenomeni che si danno alla coscienza e ai quali
la coscienza si rapporta come ad oggetti che essa intenziona nei propri atti. Si
tratta di apprendere a guardare le cose nel loro costituirsi come fenomeni in
relazione agli atti di rappresentazione, di percezione, di ricordo e così via,
cioè in relazione alle esperienze vissute (Erlebnisse), in cui esse si danno. Si
capisce allora il significato del programma di Husserl di tornare alle 'cose
stesse' : messa tra parentesi l'esistenza del mondo come un dato ovvio, verso il
quale si prova interesse, l'atteggiamento fenomenologico diviene l'atteggiamento
meramente teoretico di uno spettatore disinteressato. Lo sguardo di questo
spettatore però é diretto non già verso le cose empiriche nella loro
accidentalità, bensì verso le essenze .
L'atteggiamento fenomenologico assume come criterio di validità l' evidenza , con la quale i contenuti intenzionali dalla
coscienza si danno nella loro essenza in specifici atti intenzionali. Questo
vuol dire che l'analisi fenomenologica mette tra parentesi l'oggetto naturale
nella sua singolarità e opera quella che Husserl definisce riduzione eidetica (dal greco eide
, 'forme' , 'idee' o 'essenze'), che porta appunto alle essenze quali si danno
nell'intuizione della coscienza.
Recuperando il progetto di Cartesio, Husserl si propone dare una fondazione assoluta alla conoscenza: e ritiene di poterlo fare con la fenomenologia (che è scienza dei puri fenomeni), grazie alla quale egli dice di essere approdato in un “mondo nuovo”. Anche Cartesio era approdato in tale mondo, scoprendo la soggettività su cui poggia l’Età moderna, ponendo la realtà tra parentesi e sottoponendo a indagine il modo in cui avviene la conoscenza: solo che, alla stregua di Colombo, non s’era accorto di essere giunto in un mondo nuovo e aveva finito per intendere il “cogito” come un mero “io psicologico”. La prima mossa della fenomenologia dev’essere, secondo Husserl, la messa tra parentesi delle esistenze, ossia dell’esistenza reale di ciò che continuamente ci si dà alla coscienza. Messe le esistenze “sotto indice di questionabilità”, si studiano i puri fenomeni di coscienza, a prescindere dalla loro reale esistenza: la coscienza è sempre una “coscienza di”, è cioè caratterizzata da intenzionalità: si tratta appunto di studiare tutto ciò a cui tende la nostra coscienza: le essenze o, come Husserl ama esprimersi, le “singolarità eidetiche”. Portiamo un esempio concreto del metodo fenomenologico: vedo di fronte a me un tavolo; in opposizione al procedere della scienza, metto tra parentesi l’esistenza reale del tavolo (che, come giustamente notava Cartesio, non è certa), e lavoro sull’essenza del tavolo (infatti, sul fatto che io stia percependo un tavolo non c’è dubbio). Anche Cartesio era, a suo modo, giunto fin qui: solo che, troppo affrettatamente, aveva preteso di dimostrare la reale esistenza del mondo esterno, per di più passando dalla dimostrazione dell’esistenza di Dio. La fenomenologia è, come Husserl ama esprimersi, un “puro guardare” che va contro la tendenza naturale (e in questo senso essa è un atteggiamento “innaturale”) a concepire le cose come esistenti: posso (e devo) dubitare che il tavolo esista, ma non posso dubitare del fatto che lo sto vedendo. Proprio la percezione così intesa (che Cartesio aveva chiamato “clara et distinta perceptio”) è quello che Husserl chiama il “principio dei principi” della fenomenologia.
Il programma di Husserl di fondazione della
conoscenza non può però arretrarsi alla riduzione eidetica: le essenze infatti sono i correlati
intenzionali degli atti della coscienza, i quali possono, a loro volta, essere
fatti oggetti di riflessione. La riflessione é una proprietà fondamentale del
vissuto: grazie ad essa ogni Erlebnis (vissuto) é coglibile e analizzabile. In
altre parole si può dirigere uno sguardo riflessivo sugli atti stessi della
coscienza e del pensiero: in questo modo, essi diventano oggetti di quella che
Husserl definisce percezione immanente , la quale é
fornita di evidenza assoluta. Si può infatti sospendere il giudizio
sull'esistenza del mondo, ma é evidente che esso appare alla coscienza: non
posso sospendere il giudizio sul fatto che io sto pensando. Questo vuol dire
che, mentre il mondo naturale e le cose che gli appartengono possono essere o
non essere, la percezione immanente garantisce necessariamente l'esistenza del
suo oggetto, cioè del vissuto intenzionale della coscienza. La coscienza é
dunque il risultato ultimo e indubitabile della riduzione, non ulteriormente
riducibile ad altro: Husserl la chiama residuo
fenomenologico . Non si tratta però della coscienza empirica dei singoli
individui: anche questa, infatti, é sottoponibile ad una riduzione, che la
liberi dai suoi caratteri meramente empirici. Il residuo fenomenologico é invece
la coscienza pura o trascendentale , che non necessita di altre condizioni
antecedenti per esistere: tutto é neutralizzabile e riducibile a riduzione, il
mondo e Dio, le scienze e la teologia, ad eccezione dell'io puro, che però non é
una sostanza ma é la funzione originaria e universale della coscienza che
costituisce il mondo. Rispetto ad essa, il mondo naturale é trascendente, ma
esiste e ha senso solo tramite gli atti della coscienza: quest'ultima infatti é
intenzionalità, cioè é sempre coscienza di qualcosa. La nozione di
intenzionalità della coscienza consente dunque a Husserl di tenersi alla larga
dalle forme di naturalismo e positivismo, per le quali la scienza basata su dati
oggettivi, indipendenti dalla coscienza, rappresenta il modello della
conoscenza, sia dalle forme di spiritualismo, che, ravvisando nella pura
introspezione la via di accesso privilegiata agli atti della coscienza,
smarriscono appunto il carattere intenzionale della coscienza, garante
dell'oggettività della conoscenza stessa. Husserl definisce la fenomenologia
come eidetica , cioè 'scienza di essenze': a
differenza dei fatti empirici, esistenti nello spazio e nel tempo, che possono
essere diversi da come sono, le essenze sono necessarie ed universali. Ed é per
questo motivo che spesso gli interpreti hanno di vero e proprio 'platonismo di
Husserl' . Ogni scienza empirica racchiude anche conoscenze eidetiche, ma solo
la fenomenologia, al pari della logica e della matematica pura, é esente da dati
di fatto e riguarda anche essenze. Esse rappresentano le strutture a priori,
costanti e generali, dell'esperienza, le quali hanno per correlato il mondo come
insieme degli oggetti di un'esperienza possibile. Il mondo e la realtà hanno
senso solo se riferiti alla coscienza, la quale ha appunto la proprietà di
conferire senso ad essi. Ogni vissuto intenzionale é costituito da un aspetto
soggettivo, chiamato noesi (che letteralmente vuol
dire 'l'operazione del pensare'), cioè dall'atto intenzionale che conferisce
senso (il percepire, il ricordare, il desiderare, ecc.) e da un aspetto
oggettivo, chiamato noema (che letteralmente vuol
dire 'ciò che é pensato'), cioè il percepito, il ricordato, il desiderato, ecc.
Nel noema é dato il mondo intenzionato dalla coscienza nelle sue
differenziazioni regionali, cioè nei diversi modi di essere in cui le cose si
danno alla coscienza. In base a queste differenziazioni si costituiscono le
cosiddette ontologie regionali , dove per regione si
intende ' la complessiva e superiore unità di generi pertinenti a un
concreto ' . A ciascuna ontologia regionale appartengono dunque specifiche
essenze regionali: in virtù di esse si può ricavare la costituzione fondamentale
di ogni conoscenza possibile e il fondamento ontologico di tutte le scienze
empiriche. La fenomenologia però é diversa dall'ontologia classica, la quale
assume le unità, di cui essa si occupa, nella loro identità, come se si
trattasse di qualcosa di fisso e definito; la fenomenologia invece assume le
varie unità, cioè le essenze, nel flusso che le correla al vissuto della
coscienza ed é finalizzata a stabilire non una dottrina delle varie realtà, ma
della costituzione delle realtà oggettive a partire dalla coscienza dell'io
puro. Husserl dedica alla trattazione di queste tematiche la terza parte delle
Idee , pubblicata postuma. Nella seconda parte, anch'essa pubblicata dopo
la morte del pensatore ebreo, Husserl fornisce un'analisi fenomenologica dei
modi in cui si costituiscono i tre strati della realtà mondana. Il primo é
quello delle cose materiali , cioè il campo delle
realtà trascendenti spaziotemporali, oggetto della percezione e delle scienze
naturali e rette dalla pura causalità. Il secondo strato é quello del corpo proprio , cioè della totalità liberamente mobile
degli organi di senso, e delle nature animali, soggette a condizionamenti e
oggetto della somatologia, alla quale scorrettamente é collegata la psicologia,
dal momento che non ha senso per Husserl parlare di parallelismo psico-fisico.
Il mondo che sta di fronte al soggetto dipende per Husserl dal corpo proprio e
dalle peculiarità della psiche. E proprio il terzo strato é costituito dalla
psiche , uno strato caratterizzato dalla storicità,
in quanto flusso di Erlebnisse collegati tra loro e copn il corpo proprio: a
partire dalla psiche, si costituisce il vero, che non trasuda negli Erlebnisse.
L'io però per Husserl richiede il tu, il noi, l'altro, il mondo: su questa base
poggia il mondo spirituale, in cui la persona, nell'associazione con le altre
persone, è centro di un mondo circostante che si configura come orizzonte aperto
ai dati oggettivi naturali e sociali che possono offrirsi. La vita spirituale ha
la sua legge fondamentale nella motivazione, cosicchè in tale mondo l'io si
configura come io libero: questo conferisce al mondo spirituale un primato
ontologico su quello meramente naturale.
Husserl sapeva bene che la sua
esigenza di un nuovo, radicale inizio e di una nuova, radicale fondazione della
conoscenza presentava analogie con il programma perseguito tre secoli addietro
da Cartesio. Proprio su questo punto Husserl ritorna nelle Meditazioni
cartesiane : Cartesio ha inaugurato una filosofia di specie nuova, il
passaggio dall'oggettività ovvia e spontanea al soggettivismo trascendentale, e
su questa linea si colloca pure la fenomenologia. Anche oggi infatti é andato
perduto, a parere di Husserl, il senso dell'unità della scienza a causa della
carenza di chiarezza sui princìpi di essa e i filosofi non collaborano più in
vista di questo fine, cosicchè bisogna rievocare in vita il radicalismo di
Cartesio. La scienza é in cerca di verità valide per tutti, ma non può
pretendere ad alcuna validità definitiva se manca l' evidenza assolutamente certa, scevra di ogni dubbio, del
suo fondamento. Questa non é ricercabile nel mondo quale appare all'esperienza
comune e alle stesse scienze naturali, perchè, come aveva dimostrato Cartesio,
quel mondo potrebbe essere solo un sogno o una serie di immagini virtuali
inviate al nostro cervello da un genio maligno. Mettendo il mondo tra parentesi,
però, io raggiungo non un puro nulla, ma me stesso come io puro o coscienza
pura, in cui e per cui l'intero mondo oggettivo é per me. Infatti io possiedo,
in quanto io, un mondo continuativo che é 'per me' ed io stesso sono dato a me
stesso in un'esperienza evidente. Il tempo , come
coesistenza e successione dei momenti di vita, é la forma universale che sta
alla base di ogni genesi dell'io. Affiora qui l'evidenza apodittica dell'io
sono, erroneamente trasformato da Cartesio in una sostanza pensante: si tratta
invece dell' io o ego
trascendentale , che é indisgiungibile dalle sue esperienze vissute, é il
polo identico dei momenti di vita della coscienza e l'universo delle possibili
forme che essi possono assumere. Questa é l'evidenza originaria: e Husserl dice
che ' non ha senso voler cogliere l'universo dell'essere vero come qualcosa
che stia al di fuori dell'universo della cosa possibile ' . Il mondo e le
cose assumono un significato e un senso solo attraverso l'io, cosicchè si può
affermare che la soggettività trascendentale é ' l'universo della possibilità
di senso ' . La fenomenologia, avendo il suo fondamento nell'evidenza
dell'io trascendentale, é definita da Husserl come idealismo
trascendentale , differente dall'idealismo psicologico alla Berkeley , ma
anche da quello kantiano, il quale persevera nel mantenere un mondo di cose in
sè come concetto limite. A differenza dell'idealismo tradizionale, quello
trascendentale non nega l'esistenza del mondo, ma ha come unico fine il
chiarimento del senso di questo mondo . Su questa base, Husserl può
asserire che la filosofia può solo rivelare il senso del mondo, non mutarlo. Il
rischio del primato accordato all'io può consistere in una forma di solipsismo,
che rinchiuda il soggetto in se stesso e lo renda irraggiungibile agli altri e
incapace di accedere lui ad essi. Sempre nelle Meditazioni cartesiane
Husserl si prende la briga di mostrare che l' intersoggettività é costitutiva della soggettività
trascendentale; per il pensatore ebreo, infatti, io originariamente ho
esperienza del mondo come intersoggettivo, cioè come ' un mondo che é per
tutti ed i cui oggetti sono disponibili a tutti '. Entro questa sfera comune
io tento di delimitare la sfera specifica di quel che é 'mio proprio', ma questo
presuppone il concetto di 'altro'. In questo modo, si dirada l'apparenza di
solipsismo, pur continuando a valere il principoio secondo cui tutto quel che é
per me, compresi gli altri soggetti, possono attingere il loro senso
esclusivamente dalla mia sfera di coscienza. Le filosofie della vita, e anche
filosofi che facevano proprio il metodo fenomenologico (Scheler ed Heidegger),
biasimavano Husserl per un eccesso di intellettualismo, per un'insistenza
unilaterale sul problema della conoscenza e, quindi, per l'incapacità di
pervenire alla soggettività pratica e attiva e di affrontare i problemi
dell'esistenza. Contro queste critiche Husserl rivendic, nella Postilla alle
Idee (1930), il carattere universale della fenomenologia, avente un metodo
in grado di far fronte a tutti i problemi della filosofia e, per questa strada,
anche a ' tutte le domande che l'uomo concreto può porre ' . Forse
proprio in risposta a queste accuse di distrattezza e alla nozione di
essere-nel-mondo di Heidegger, Husserl pone al centro della propria riflessione,
negli ultimi anni di vita, il concetto di mondo-della-vita , che svolge una mansione di primo piano
nell'opera intitolata La crisi delle scienze europee e la fenomenologia
trascendentale (pubblicata postuma). Le scienze
contemporanee, nonostante i loro evidenti successi, sono tormentate da paradossi
e da problemi di fondazioni e attraversano una crisi
profonda, espressione della crisi radicale della vita dell'umanità europea. In
discussione é non tanto il valore delle conoscenze specifiche conseguite dalle
singole scienze, quanto il significato che la scienza nel suo complesso ha e può
avere per l'umanità. Alla base della crisi c'é la riduzione dell'idea della
scienza a scienza di fatti, la quale prescinde da qualunque riferimento al
soggetto che effettua l'indagine scientifica. Questo vale anche per le
cosiddette scienze dello spirito, in cui l'avalutatività, in quanto salvaguardia
da giudizi arbitrari meramente soggettivi, diviene l'ideale da perseguire.
Escludendo in linea di principio i problemi del senso dell'esistenza e del mondo
in generale, la scienza finisce con l'estraniarsi dagli uomini; ne consegue per
Husserl che ' le mere scienze di fatti creano meri uomini di fatto ' .
L'origine della crisi di oggigiorno delle scienze va scorta per Husserl nella
crisi dell'idea di filosofia, come scienza onnicomprensiva della totalità
dell'essere, di cui le singole scienze costituiscono ramificazioni specifiche.
L'umanità europea si era costituita come autonoma grazie a questa concezione
della filosofia, affiorata nel Rinascimento, la quale tendeva a dare alla vita
regole basate sulla ragione, al fine di rendere liberi. A partire da Settecento,
la possibilità di una metafisica era divenuta problematica ed era franata la
fede in una filosofia universale in grado di guidare l'uomo e, quindi, la fede
in una ragione che fosse capace di dare un senso alla totalità della natura e
della storia. Per capire la crisi che investe il presente, per Husserl, si deve
riconsiderare la storia dell'umanità, rendendosi conto che le battaglie
spirituali dell'umanità europea sono lotte tra filosofie: ' le uniche
battaglie davvero significative del nostro tempo sono battaglie tra un'umanità
che é già franata in se stessa e un'umanità che é ancora radicata su un terreno,
e che lotta proprio per questo inserimento o per uno nuovo. Le vere battaglie
spirituali dell'umanità europea sono lotte tra filosofie, cioè tra le filosofie
scettiche- o meglio tra le non filosofie, che hanno mantenuto il nome ma che
hanno smarrito la coscienza dei loro compiti- e le vere filosofie, quelle ancora
vive ' ( La crisi delle scienze europee e la fenomenologia
trascendentale parte I, § § 6-7). Grazie a questa riconsiderazione storica
ci si può rendere conto che 'il senso dell'umanità' autentica consiste in una
umanità ' fondata sulla ragione filosofica e sulla coscienza di non poterlo
essere che così ' . Questa nuova nozione di umanità fa la sua comparsa,
stando a Husserl, in Grecia con la nascita della filosofia come attività
teoretica puramente disinteressata e condotta dalla ragione, volta ad un sapere
universale dotato di fondamento assoluto. Si é originato in questo modo un
§telos , un fine, consistente nella
realizzazione di un'umanità pienamente razionale: questo fine, al tempo stesso,
é un compito infinito, che ha i suoi funzionari e garanti nei filosofi,
responsabili per il vero essere dell'umanità. Per uscire dalla crisi imperante
nel presente bisogna dunque recuperare il senso originario di questo 'fine',
proseguendo l'eredità trasmessa dai primi filosofi greci, la quale é scivolata
nei meandri dell'oblìo, originando la crisi delle scienze stesse: questo é
possibile solo tramite la filosofia fenomenologica, in grado di volgere uno
sguardo pienamente disinteressato verso le cose stesse e, quindi, di ravvisare
nella soggettività trascendentale il fondamento di ogni sapere possibile; il
liberare l'umanità dalla crisi é compito dei filosofi: ' L'umanità in
generale é per essenza un essere uomini entro organismi umani generativamente e
socialmente connessi, e se l'uomo é un essere razionale, lo é solo se tutta la
sua umanità é un'umanità razionale [...] Noi siamo riusciti a comprendere, anche
se solo nelle linee più generali, come il filosofare umano e i suoi risultati
non abbia affatto il significato puramente privato o comunque limitato di uno
scopo culturale. Noi siamo dunque- e come potremmo dimenticarlo?-, nel nostro
filosofare, funzionari dell'umanità [...] E' chiaro (e che cosa altrimenti ci
potrebbe aiutare?) che occorrono esaurienti considerazioni storiche e critiche
per giungere, prima di qualsiasi decisione, a un'autocomprensione radicale, che
occorre indagare su ciò che originariamente si perseguiva con la filosofia, ciò
che tutte le filosofie e tutti i filosofi, storicamente intercomunicanti, hanno
perseguito; e tutto questo attraverso una considerazione critica di ciò che
nella propria finalità e nel proprio metodo rivela quell'aderenza ultima e
autentica alla propria origine che, penetrata, lega a sè apoditticamente la
volontà ' . Per Husserl, la crisi delle scienze incomincia già con Galileo e
con la sua idea della matematizzazione della natura, che ha portato a
considerare la natura stessa come un mondo di corpi realmente circoscritto in sè
e, quindi, a far proprio l'atteggiamento naturale, che assume il mondo come un
dato ovvio, distinto e non dipendente dal soggetto che lo conosce e grazie al
quale riceve un significato. In questo modo, si prepara il dualismo cartesiano
tra natura e mondo psichico, che é la premessa per la specializzazione delle
varie scienze e per la costruzione di una psicologia oggettivistica. Sotto
questa prospettiva, la stessa soggettività, l'anima o la mente, diviene
un'entità analoga alle cose naturali, indagabile con i metodi presi a prestito
dalle scienze della natura. Questo ha portato a dimenticare il fondamento che
conferisce senso alle stesse operazioni delle scienze naturali, cioè quello che
Husserl definisce il mondo-della-vita (in tedesco
Labenswelt ) , cioè la vita che ha esperienza del mondo prima di
qualsiasi formazione di categorie e giudizi. In questo senso, essa é
prescientifica e precategoriale, ma é al tempo stesso il fondamento e la fonte
delle conoscenze stesse delle scienze. Questo non vuol dire che essa fornisca i
dati della sensibilità come dati ovvi a partire dai quali esse si costruiscono.
Il mondo della vita é piuttosto definito da Husserl come ' un regno di
evidenze originarie ' , esperite nella loro immediatezza e comuni a tutti
gli uomini in quanto soggetti conoscenti. Ad esso si perviene tramite la
riduzione fenomenologica, che permette di vederne il centro nella soggettività
che, sia nei modi prescientifici, sia in quelli scientifici, tende a raggiungere
il senso ultimo del mondo. Il primo in sè non è, dunque, l'essere del mondo
nella sua ovvietà, come presumono le scienze naturali, ma la soggettività, che
nelle sue forme prescientifiche pone ingenuamente l'essere del mondo e poi,
nelle varie scienze, l'obiettivizza. La fenomenologia invece, in quanto
riflessione da parte del soggetto conoscente su se stesso e sulla propria vita
conoscitiva, può ritornare a questa fonte ultima di tutte le informazioni
conoscitive e, su questa base, costruire una filosofia universale fondata in
maniera pura e definitiva. Tramite la fenomenologia, la filosofia può dunque
recuperare il 'telos', il fine, già insito nella sua origine greca, della
ricerca e realizzazione di un'umanità interamente e liberamente fondata sulla
ragione. Indicando nella fenomenologia la prosecuzione più adeguata dell'ideale
di una libera indagine razionale, scevra di presupposti e tendente ad una
validità universale, Husserl intendeva opporsi all'irrazionalismo, che ormai
egli vedeva minacciare la visione spirituale e materiale dell'Europa e
soprattutto della Germania e al quale le scienze, a suo parere, non erano più in
grado di opporre alcun attacco. Sotto questa prospettiva, la filosofia
riacquisiva il compito etico di salvaguardare il significato autentico dell'idea
di umanità.
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