ERNST JÜNGER

A cura di Diego Fusaro

L' esperienza della guerra, durante la quale compì imprese eccezionali, fu di fondamentale importanza per la formazione di Ernst Jünger. Nato nel 1895, in gioventù si era arruolato nella legione straniera, indotto dal desiderio di azione e da uno spirito di rivolta anti-borghese. Egli indicò nella guerra, proprio a causa della sua vicinanza con la morte, il movimento di massima intensità della vita. La guerra è un rito sacro nel quale si produce voluttà ed ebrezza, è la manifestazione dello spirito di una comunità, legata da un unico destino e tenuta a battesimo dal sangue, e rappresenta la fine dell' epoca borghese, che mira soltanto alla sicurezza e al benessere e pretende di eliminare la pericolosità. Ma la guerra segna la fine di quest' epoca anche in un altro senso, che Jünger precisa in opere quali La mobilitazione totale (1930) e Il lavoratore (1932). Il servizio militare obbligatorio dà origine ad un nuovo tipo di guerra, che mobilita tutto il popolo e la nazione: il che annuncia, secondo Jünger, una nuova epoca, in cui il lavoro pervade ogni aspetto della vita e della realtà. E' l' epoca del lavoratore, caratterizzata dal dominio totale della tecnica. Se usata soltanto come strumento per il conseguimento del benessere economico e della sicurezza borghese, la tecnica porta alla massificazione e all' involgarimento; ma la tecnica può anche aprire nuove possibilità : la guerra stessa, infatti, ha dimostrato la superiorità di gruppi scelti ben armati e addestrati rispetto alle masse. In questo quadro nasce un tipo di uomo completamente nuovo, superiore agli individui anonimi che compongono la massa e destinato a conquistare il potere politico. La tecnica diventa così sinonimo di volontà di potenza e, allo stesso tempo, la base per distruggere il vecchio assetto borghese e cristiano e costruire nuove gerarchie di potere: al vertice di queste vi sarà la figura del guerriero . Attraverso la tecnica si pongono le basi per la costituzione di un dominio mondiale, fondato su un nuovo ordine e una nuova umanità. Secondo Jünger, l' epoca presente è uno stato di transizione verso questa nuova epoca, che sarà caratterizzata da uno stile monumentale, reso possibile da una straordinaria possibilità di mezzi. Con questi temi era consonante la propaganda nazista, sia nella versione arcaizzante, che insisteva sui legami di sangue e di suolo come fondamento del popolo e della nazione, sia nella versione modernizzante, che scorgeva nella tecnica il mezzo essenziale per assicurare la vittoria e il dominio e, a tale scopo, procedeva all' organizzazione di corpi paramilitari. Quando però, nel 1933, il Partito nazionalsocialista giunse al potere, Jünger si tenne in disparte, e solo nel dopoguerra riprenderà le tematiche precedenti, soprattutto in Oltre la linea (1950), dedicato a Heidegger. L' età moderna appare a Jünger contrassegnata da una moltiplicazione di idoli e di fedi e rappresenta, dunque, un momento del processo di avvicinamento al nichilismo completo. In questa situazione è possibile cogliere con maggiore lucidità i sintomi di tale processo, che rischia di annullare gli individui e di condurre ad una catastrofe universale: le decisioni, infatti, vengono prese da grandi centri di potere, lo Stato divora ogni cosa, gli individui diventano sempre meno padroni della propria interiorità e tutto tende ad essere esteriorizzato ed egualizzato. Il nichilismo, però, secondo Jünger, non può impadronirsi dei due aspetti essenziali della vita, l' amore e la morte, né dell' ambito in cui si condensa l' interiorità spirituale, ossia l' arte. Jünger ravvisa l' unica via di salvezza nella poesia , da lui accostata, in sintonia con Heidegger, al pensiero: " Nel linguaggio il sole sorge ancora ", egli asserisce, e, attraverso esso, ci si avvia verso un nuovo inizio, i cui tratti sono ancora incerti. Se Jünger fu un assiduo sostenitore del nazionalismo per tutto il corso della sua vita, è però anche vero che egli, da giovane, sostenne il pacifismo , come si è evinto da alcuni scritti a lungo rimasti sconosciuti. In essi, il filosofo nazionalista scrive: " ogni forma di vita è durissima lotta per la luce e per il nutrimento, ogni albero e ogni pianta che cresce schiaccia altre vite. Anche noi esseri umani ci facciamo avanti nella vita solo al costo di sofferenze e privazioni altrui… "; anche il Contratto sociale, aggiunge Jünger nella sua prosa suggestiva e affascinante, non cancella il carattere di lotta dell'esistenza . Per questo, sottolinea, sorge ai giorni nostri l'Idea del Pacifismo, come dichiarazione di guerra alla guerra . Ogni essere umano degno e dignitoso, sostiene Jünger, è amante della pace. Anche i soldati e i reduci dal fronte (come fu appunto lui da giovane, mentre scriveva queste pagine). Per meglio spiegare ai lettori del tempo la necessità del pacifismo, Jünger immagina un dialogo tra due amici, un pacifista a oltranza e un nazionalista moderato. Dialogo che sembra scritto oggi; 'non capisce, amico, che in guerra figli di madri identiche vanno ad uccidersi, e che questo è inscusabilmente barbaro? Non capisce che è barbaro uccidere, ferire e mutilare esseri umani, Lei che è anche un essere umano?' dice il Pacifista. 'Sì, ma lei riterrebbe giusto impedire anche con la violenza ai fautori della guerra di realizzare i loro sogni criminali' , replica il nazionalista. Il pacifista risponde invocando la necessità degli Stati Uniti d'Europa e sottolineando l'insensato spreco di risorse cui ogni conflitto porta, il nazionalista conclude confessando dubbi pesantissimi sul superamento di ogni legame tradizionale, della Patria e della Famiglia. Fin dall'illuminismo, egli dice, troppe tradizioni sono state messe in discussione, io sono contro questa prassi perché mi pare di violare la realtà. Ma poi il nazionalista conviene con l'amico-contradditore pacifista che la realtà può essere cambiata dallo Spirito, il quale si sforzerà con ogni mezzo di tradurre in realtà i suoi nobili ideali. E quindi il nazionalista ammette: 'Caro amico, la sua idea di dichiarare guerra alla guerra è degna di considerazione'.

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