Paul Klee, Città di sogno
A cura di M. C. Pievatolo

Il quinto libro della Repubblica

Il problema delle donne
L'uguaglianza delle donne
La marginalità del sesso biologico
L'irrilevanza della differenza di genere
L'abolizione della famiglia
La politica eugenetica
La felicità dei guardiani
La realizzabilità del progetto
La distinzione fra teoria e prassi
I filosofi al governo
Chi sono i filosofi?

Il problema delle donne

Socrate vorrebbe continuare con la sua disamina delle costituzioni, cominciata alla fine del libro IV, ma i suoi interlocutori, concordemente, lo interrompono. Adimanto, in particolare, lo accusa di essere stato evasivo sulle donne e sui figli, perché si è limitato a dire che per gli amici tutto è comune. Ma la procreazione e l'allevamento dei figli sono una questione importantissima per la politeia. [449c-d]

Nel V libro della Repubblica tanto Socrate, quanto i suoi interlocutori percepiscono la famiglia come un problema politico, cioè come una costruzione morale e un luogo di potere. Da una questione ignorata dalla maggior parte del pensiero occidentale, oppure liquidata come scontata o marginale, "prende le mosse una sequenza teorica che condurrà il dialogo verso i princípi metafisici di fondo" (F. Trabattoni, Platone, Roma, Carocci, 1998, p. 196).


Al coro degli interlocutori curiosi e insistenti si unisce anche Trasimaco, il quale, con il suo abituale tono brusco, dice le persone convenute non sono lì per affaticarsi senza cavare un ragno dal buco, ma per ascoltare discorsi. Discorsi - aggiunge Glaucone - la cui misura è la vita intera. [450b]

Trasimaco è ancora presente. E la sua curiosità, per quanto espressa con la sua tipica ostentazione di malagrazia sembra tanto genuina quanto quella dei fratelli di Platone: Trasimaco, come loro, vuole da Socrate - che cerca sempre di scappar via nei punti politici cruciali dell'argomentazione - discorsi che non si riducano a una mera speculazione.
Il sofista - la cui sfida va presa sul serio - ha una personalità più complessa e sfaccettata di quanto possa apparire a prima vista: dietro il suo atteggiarsi a personaggio ruvido e venale c'è un interesse per la conoscenza e per la sua applicazione nella prassi che Platone gli riconosce: Trasimaco non se ne è andato, nonostante l'umiliazione elenctica che gli era stata inflitta nel primo libro.


Socrate mostra riluttanza: è consapevole di avere idee audaci, che appariranno ai più impossibili, o, qualora praticabili, tutt'altro che buone; e tiene a precisare che sta procedendo per tentativi, perché non è affatto certo delle cose di cui parla. [450c ss]
Ma poi, incoraggiato da Glaucone, si decide a esprimere il suo pensiero. Fino al IV libro, Socrate ha parlato dei cittadini usando termini e pronomi al maschile: per esempio, ha impiegato costantemente la parola andres (esseri umani di sesso maschile) quando la lingua greca gli avrebbe permesso di usare anthropoi (esseri umani in genere). Per questo, ora occorre ritornare su cose che si sarebbero dovute dire di seguito nel discorso.

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La marginalità funzionale del sesso biologico

Il primo argomento di Socrate a favore dell'uguaglianza delle donne è funzionalista e biologico: i vari gruppi, nella polis ideale, sono gruppi che si basano su una divisione del lavoro di tipo funzionale: ciascuno fa quello che gli riesce meglio. Ebbene, c'è motivo di assegnare funzioni differenti sulla base del sesso biologico? Se si considerano gli animali che lavorano nel contesto culturale umano, bisogna rispondere negativamente a questa domanda. Per esempio, alle femmine dei cani da guardia vengono assegnati, senza difficoltà, gli stessi compiti di caccia e di custodia assegnati ai maschi, e non vengono lasciate a custodire la casa come adynatoi (prive di potenzialità), per la generazione e l'allevamento dei cuccioli. Nel caso dei cani da guardia, la divisione del lavoro non avviene in ragione del sesso, ma in ragione della differente forza fisica - distinzione, questa, le cui linee di confine non coincidono necessariamente con quelle del sesso. Ma non è possibile servirsi di più animali per un medesimo uso, se non diamo loro il medesimo allevamento e la medesima educazione. [451d ss] L'educazione, anche qui, ha un ruolo decisivo: perfino i cani da guardia non sono creature determinate, un volta per tutte, dalla natura, ma sono tali perché l'addestramento sviluppa alcune loro potenzialità, che altrimenti rimarrebbero inespresse.

Questo ragionamento, applicato agli esseri umani, implica che non ci sia motivo per assegnare compiti differenti in base al sesso: alle donne deve essere offerta la medesima educazione degli uomini: mousiké, ginnastica, arti marziali. Socrate è consapevole che le sue idee appaiono ridicole e sconvenienti agli occhi di un qualsiasi Ateniese perbene, in particolare per la proposta, di stile spartano, di far fare ginnastica alle donne, comprese quelle vecchie e brutte. Ma egli tratta questo punto di vista come relativo, connesso com'è alla cultura ateniese e allo sguardo maschile: anche l'usanza greca di fare ginnastica nudi, quando è stata introdotta, appariva brutta e ridicola, e appare tuttora tale alla maggior parte dei barbari, cioè dei non greci. [451e ss]


Il primo argomento di Socrate mette in questione il sesso biologico, in quanto carattere decisivo per l'assegnazione di compiti specifici entro la cultura umana. L'esempio addotto per dare forza all'argomento è quello di un animale, dunque di una creatura determinata biologicamente, in base a una distribuzione "epimeteica" di attributi prestabiliti e immodificabili. L'animale in questione, il cane, è da tempo immemorabile impiegato per svolgere dei compiti importanti nelle culture umane. E anche se accettiamo la logica "epimeteica" del senno del poi - o, come diremmo noi, dell'evoluzione e della selezione naturale - ci accorgiamo che la stessa cultura che discrimina gli esseri umani in base al sesso biologico, tratta, curiosamente, questo elemento come non essenziale quando ha a che fare con degli animali.


Socrate sta affrontando questo argomento in un mondo fortemente misogino, ed è consapevole che l'onere della prova ricade tutto sulle sue spalle. Tocca interamente a lui, cioè, dimostrare la tesi che la physis umana femminile abbia le medesime potenzialità di quella maschile, sia che questa idea sia il ghiribizzo di un burlone, sia che si faccia sul serio. Socrate propone la sua seconda argomentazione sulla rilevanza della differenza sessuale nel mondo umano discutendo con un interlocutore ideale, che ritenga valida la vigente divisione dei ruoli secondo il genere. [452e]

Questo interlocutore potrebbe ricordare a Socrate che la sua polis ideale si basa sul principio che ciascuno deve fare quello che gli si addice kata physin (per natura). Ma la natura delle donne differisce da quella degli uomini, e dunque occorre destinarle a lavori diversi da quelli maschili. Che ragione c'è di derogare, contraddittoriamente, a questo principio di divisione attitudinale del lavoro?[452b ss]
Per ribattere a questa obiezione occorre usare una procedura dialettica e non eristica: non si tratta, cioè, di procedere secondo il metodo della mera arte contraddittoria (antilogia), ma occorre capire che cosa si intenda per physis, e soprattutto in relazione a che cosa se ne parla. L'oggetto della discussione va distinto kat'eide, cioè secondo le specie o forme. [454a-b]


Che cosa intende dire Socrate?

La risposta più diffusa a questa domanda è che una discussione non eristica, cioè non finalizzata alla prevalenza dell'uno o dell'altro interlocutore nella contesa, ha come riferimento ultimo modelli o paradigmi cognitivi, eide, i quali rappresentano la verità che conclude - e blocca - la discussione.

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L'irrilevanza della differenza di genere

Socrate illustra la sua tesi con un esempio:

Potremmo [...] domandare a noi stessi se la natura dei calvi e dei chiomati sia la stessa o non piuttosto l'opposta, e una volta riconosciuto che è opposta, se i calvi fanno i calzolai, non permettere di farlo ai chiomati, e se lo fanno i chiomati, non a quegli altri... [454c]


Un simile ragionamento, osserva Glaucone, sarebbe ridicolo, perché - continua Socrate - in questo discorso non si pensava di contrapporre una natura all'altra nel loro complesso, ma si considerava solo quella forma (eidos) di diversità e di uguaglianza avente riferimento alle occupazioni.
In relazione all'occupazione, un medico e un altro medico hanno la stessa natura, e un medico e un falegname una diversa.
Analogamente, quando si parla di differenza fra il sesso maschile e il sesso femminile, occorre indicare il criterio che assumiamo come unità di misura per la differenza. Ci sono differenze rispetto alla capacità in una determinata techne o occupazione? Se sì, è giusto discriminare per quanto concerne l'accesso. Ma se la differenza fra maschio e femmina riguarda esclusivamente la sfera riproduttiva, non si vede come questa - di per sé - possa essere rilevante per quanto concerne le capacità in altri campi. Dunque le donne dei guardiani possono fare le stesse cose che fanno i maschi. [454c-d]

In questo modo, l'onere della dimostrazione della rilevanza della differenza sessuale per la distribuzione delle occupazioni nella città è rigettato sulle spalle dell'ipotetico contestatore di Socrate, a cui si potrebbe dire che si può comprendere se uno è naturalmente portato per qualcosa soltanto mettendolo alla prova e vedendo come impara, e se riesce o no a trattenere quello che ha appreso.


Le tesi esposte nel V libro provano che la dichiarata falsità del racconto fenicio non era un artificio retorico: il Socrate platonico contesta la physis come determinazione fattuale stabilita una volta per tutte, cioè come cristallizzazione dell'immagine sociale delle persone, tanto da mettere in discussione con la massima radicalità la struttura di genere della sua società, pur vivendo egli in un mondo ferocemente misogino e discriminatorio, e non essendo immune alle idee del suo tempo. Una comunità politica che prendesse sul serio sia il principio platonico della giustizia come divisione del lavoro secondo la physis, sia l'idea che la physis si conosca solo mettendola alla prova, potrebbe applicare questo principio solo dopo aver dato a tutti - e a tutte - l'opportunità di mettersi alla prova.

Platone, assieme a John Stuart Mill, è fra i pochi grandi filosofi maschi della tradizione occidentale a affrontare criticamente il problema delle donne, senza limitarsi a confermare l'esistente, e senza darlo per scontato col semplice espediente di ignorare la famiglia e il genere (cioè l'elaborazione culturale del sesso biologico).


L'immaginario interlocutore di Socrate ostile all'uguaglianza delle donne dovrebbe dimostrare che esistono dei lavori maschili e dei lavori femminili, cioè dei lavori che le donne svolgono in maniera eccellente, e altri lavori che sono fatti bene dai maschi. Ma, "se non ci dilunghiamo a parlare della tessitura e della cucina" vediamo che la differenza fra le attività dei due sessi non è nella specie, bensì - e solo genericamente - nel grado, anche se riconosciamo che, nel complesso, eccellono gli uomini rispetto alle donne, e sebbene ci siano molte donne migliori di molti uomini. [455a ss]

...non c'è quindi nessuna attività di coloro che amministrano la città [dioikeo: letteralmente, "amministro la casa"] che sia della donna in quanto donna, né dell'uomo in quanto uomo, ma le nature (physeis) sono disseminate in ambedue gli animali, e di tutte le attività partecipa la donna secondo natura, e di tutte del pari l'uomo; solo che la donna è più debole dell'uomo. [455d]


L'aspetto importante di questa tesi socratica è il seguente: anche se concediamo al nostro interlocutore sessista tutto quello che è possibile concedergli, da ciò non è possibile derivare nessun argomento a favore della discriminazione nell'accesso all'educazione e alla vita politica. Il fatto che pochi - o anche numerosi - esemplari di una categoria siano inferiori nel grado di eccellenza in una data attività, non è un motivo per escludere l'intera categoria da quella attività. La physis di una persona si rivela solo se viene messa alla prova. La natura non è un intero dato, ma qualcosa che viene in luce sempre relativamente, cioè sempre in relazione a un qualche criterio particolare, che spetta a noi chiarire.
Perciò, se riceveranno la stessa educazione degli uomini, ci potranno essere, in vario grado, donne inclini alle occupazioni più varie; donne mediche, musicali, ginnastiche; donne guerriere, filosofe e regine. Nulla impedisce che le donne siano ammesse nelle due classi superiori della polis ideale, anche perché è interesse della polis che i cittadini - uomini e donne - siano il più possibile eccellenti. [456a ss]

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L'abolizione della famiglia

Questi due argomenti hanno permesso a Socrate di sottrarsi alla prima ondata; ma nulla garantisce che riuscirà a sopravvivere alla seconda ondata, che lo colpirà quando esporrà la tesi secondo cui nessuna donna deve coabitare con nessuno in particolare, ma donne e figli devono essere in comune; i genitori non devono sapere chi è loro figlio, e i figli devono ignorare chi, in particolare, è loro genitore. [457d]

Anche qui, Socrate ha l'onere di provare che una simile cosa sia possibile, e, se possibile, auspicabile. Ma egli chiede a Glaucone una licenza: di postulare l'esistenza di ciò che desidera e di esaminarlo, in modo da mostrarne l'utilità. La questione della realizzabilità, in questo modo, rimane per il momento sospesa. [458a-b] Socrate, in altri termini, chiede a Glaucone il permesso di ragionare - diremmo noi - come un utopista, cioè di costruire una misura critica per l'esistente senza porsi il problema della sua attuazione.

Socrate propone un dettagliato progetto di accoppiamenti eugenetici, finalizzato al miglioramento della razza, e determinato politicamente da parte di autorità che non esitano a ricorrere, qualora ce ne sia bisogno, alla menzogna e all'inganno. per l'utilità dei governati. Questo progetto si rende indispensabile perché le persone che vivono insieme tendono ad unirsi fra loro per una necessità non geometrica, ma erotica (erotike). E occorre incanalare questi legami in modo che rafforzino l'unità della città.
La città dovrebbe diventare simile a una grande famiglia, in cui tutti coloro che appartengono alla generazione precedente si devono considerare genitori di tutti coloro che appartengono alla generazione successiva, e viceversa. [458d ss]

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La felicità dei guardiani

Secondo Socrate, questo progetto è il meglio che si possa pensare per la città. La polis viene danneggiata se è lacerata da dissidi intestini, che la fanno diventare più d'una invece di una sola. L'idiosis, cioè il particolarizzarsi o il farsi privato del piacere e del dolore connessi a un medesimo evento, è un elemento di dissoluzione. Ma questa dissoluzione ha luogo proprio quando "mio" e "non mio" non viene detto da tutti con una sola voce, bensì ciascuno ha un "mio" particolare.[462b ss] Ecco che cosa dice Socrate della città ottimamente governata:

E non è anche quella che si avvicina di più a un uomo solo? Così quando venga colpito un dito di uno di noi, tutta la comunione (koinonia) del corpo con l'anima, intesa sotto un unico ordinamento (syntaxis) dell'elemento in essa dominante, se ne risente, e tutta (hole) quanta insieme soffre al soffrire di una sola parte, e si fa lo stesso discorso per qualunque altro membro del corpo umano, quando una parte soffre nel dolore o si allevia nel piacere. [462c-d]


Questa koinonia fa sì che i governanti (archontes) non siano visti dai cittadini dell'ottima polis come dei despotai, bensì come dei salvatori e degli ausiliari. I governanti, a loro volta, non vedranno i governati come servi, bensì come stipendiatori e alimentatori. Dal momento che i guardiani non hanno una famiglia privata, essi considereranno la polis come la loro famiglia, senza avere relazioni privilegiate, e senza mescolare il loro interesse privato all'interesse pubblico, al cui servizio si pongono interamente.
Il pubblico - almeno per le due classi superiori - è diventato identico al privato: non esistono più interessi personali legati alla famiglia, semplicemente perché le famiglie private sono state eliminate. Per questo motivo, i guardiani saranno anche felici, perché i loro interessi sono identici con quelli della città nel suo complesso, e la loro eudaimonia è l'eudaimonia della città - se, almeno, vogliono comportarsi da guardiani. La città, infatti, non solo prevede un meticoloso sistema di ricompense per i valorosi, ma anche la retrocessione fra gli artigiani per chi non è all'altezza del suo dovere. [466b-c ss]

La meticolosa descrizione di questo sistema di incentivi, di punizioni e di stratagemmi educativi è intercalata della citazione di poeti come Omero ed Esiodo, trattati, qui, come autorità, a dispetto di tutte le precedenti critiche alla conoscenza e all'educazione poetica. [468c ss]

Socrate propone, inoltre, che la sua città, se combatte con altre città greche, non si comporti come in una guerra (polemos) contro i barbari. La guerra interellenica va trattata come una lotta intestina (stasis) e può essere giustificata solo se usa le modalità e ha gli scopi di una operazione - diremmo noi - di polizia "intercittadina". E quindi sarà finalizzata esclusivamente a punire i responsabili del conflitto: il resto della popolazione non dovrà essere trattato come nemico, e non dovrà subire saccheggi, violenze, devastazioni e deduzioni in schiavitù. [469c ss]



Le due domande sono intrecciate perché la questione femminile emerge, nel V libro, in connessione con il problema della famiglia come luogo di potere e di interessi privati.

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La realizzabilità del progetto

Glaucone propone a Socrate una terza ondata: questo progetto così minuzioso è anche realizzabile? Socrate gli risponde che l'elaborazione di un paradigma e la sua realizzabilità sono due questioni differenti e reciprocamente indipendenti:
Un pittore che avesse dipinto un esemplare di perfetta bellezza non verrebbe sminuito dal fatto che questo esemplare non è reale o non è realizzato, proprio perchè il giudizio estetico su una cosa non dipende dalla sua realtà. Analogamente, la teoria non si può giudicare in base alla pratica: il problema di ciò deve essere non può essere risolto in base a ciò che è, proprio perché si tratta di due ambiti differenti.[472d ss]

Con lo spirito di chi presenta un paradigma senza porsi il problema della sua realizzazione, Socrate aggiunge che il suo modello potrebbe attuarsi solo se i filosofi governassero, o se i governanti cominciassero a filosofare. [473d ss] I problemi politici sono problemi culturali.

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La filosofia comporta una forma di eros, indirizzata all'apprendimento; è dunque l'avidità di imparare non alcune cose, ma tutto. Si distingue, pertanto, da una mera ricerca di informazioni su temi particolari. Chi impara in maniera filosofica è diverso da chi ama gli spettacoli - cioè dal pubblico dei poeti - perché si pone il problema della verità, una verità che va contemplata e non posseduta. [475b, e] Questo spirito distingue la filosofia dalla doxa, cioè dal conoscere per sentito dire: anziché disperdersi in una molteplicità paratattica di forme e di esempi gradevoli, i filosofi vogliono capire e padroneggiare gli schemi concettuali delle cose. Sono dunque molto differenti dai fruitori delle performances poetiche, anche se, proprio come i poeti sanno "tutto", essi aspirano ad imparare "tutto".

Come si distingue la scienza (episteme) dall'opinione (doxa)? Scienza e opinione - dice Socrate - non sono cose tangibili, bensì forme di dynamis, cioè di facoltà o di potenzialità. Come tali, si definiscono e distinguono solo in relazione al loro oggetto e agli effetti che producono. [477c-d] Dunque, scienza e sapere per sentito dire, se sono distinguibili, lo saranno in quanto potenzialità che si pongono in relazione con elementi differenti.
La scienza si pone in relazione con ciò che é (in greco einai significa sia 'essere', sia 'essere vero'), per ricavarne conoscenza. [478a]
Con che cosa si porrà in relazione la doxa, se vogliamo distinguerla dalla scienza, senza ridurla a agnoia, cioè a una mancanza di conoscenza?

Chi conosce per sentito dire non è disinformato. Ma non ha la capacità di indicare i paradigmi concettuali di quello che sa, proprio perché nella sua mente c'è solo una collezione di informazioni. Questo genere di descrizione, dice Socrate, si adatta benissimo all'amante degli spettacoli, che colleziona nella sua mente esempi molteplici, e non si vale di definizioni unitarie. Per questo, proprio perchè si vale di esempi affastellati senza interrogarsi sulla loro formula comune, la sua conoscenza sarà sempre ambivalente e sfumata - proprio come ambivalente, poco rigorosa, contraddittoria, è la conoscenza poetica.


Chi dunque contempla molte cose belle, ma non vede il bello in sé [auto to kalon], né è capace di seguire altri che ve lo conduca, e molte cose giuste ma non vede il giusto in sé [auto to dikaion], e così tutto, diremo che ogni cosa opina, ma nulla conosce di quello che opina. [479e]


Filosofia e sapere per sentito dire non sono stigmate evidenti, che caratterizzano, al modo del racconto fenicio, categorie particolari di esseri umani. Sono potenzialità e desideri (epithymiai) presenti in noi, e sono connessi alle modalità e alle aspirazioni con cui ci avviciniamo alla conoscenza. Il mare dell'informazione è infinito: per navigarci occorre sapersi costruire la propria bussola Il mondo della doxa ci presenta un fruitore passivo, smarrito nella molteplicità delle informazioni che gli sono trasmesse, perché non sa o non vuole fare lo sforzo di costruirsi un filo conduttore concettuale che dia un senso al tutto, al di là della paratassi. L'episteme, di contro, richiede l'impegno e l'interesse a capire ciò che ci viene trasmesso e a metterlo, consapevolmente, in parole proprie, a trovarne e criticarne le formule e i nessi.

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