LANFRANCO DI PAVIA

 

A cura di Eleonora Buonocore

 

 

Il filosofo e teologo italiano Lanfranco nacque a Pavia intorno al 1005. Nel 1042 si recò in Francia per entrare nel monastero di Le Bec, del quale divenne priore nel 1045 e dove assunse la direzione della scuola monastica: ebbe grande notorietà come maestro e furono suoi allievi il canonista Ivo di Chartres, il futuro papa Alessandro II e il filosofo Anselmo d’Aosta. Nel 1063 grazie ai suoi personali contatti con Guglielmo il Conquistatore divenne abate nell’Abbazia di Santo Stefano a Caen e nel 1070, sempre grazie ai buoni uffici di Guglielmo, venne chiamato a ricoprire la carica di Arcivescovo di Canterbury che occuperà fino alla sua morte, nel 1089. Uomo di grande cultura, fu autore fra l’altro di un trattato di dialettica oggi perduto, di commenti ai Salmi e alle lettere di san Paolo, ma la sua opera più famosa è il Liber de corpore et sanguine Domini adversus Berengarium, scritta intorno agli anni 1065/66 con la quale Lanfranco si inserisce nella ripresa del dibattito sul significato dell’eucarestia, polemizzando con le tesi sostenute da Berengario di Tours e denunciandone la mancanza di ortodossia. Berengario, utilizzando argomentazioni logico- dialettiche, sosteneva che la presenza del Cristo nell’eucarestia era soltanto simbolica e di conseguenza che la formula e l’atto della consacrazione compiute dal sacerdote sull’altare non avevano il potere di mutare la natura del pane eucaristico, come invece voleva la dottrina della transustanziazione.
Lanfranco, che pure all’interno della cosiddetta disputa fra dialettici e antidialettici dell’XI sec. può essere considerato un antidialettico, risponde a Berengario rivolgendo contro di lui le stesse armi della dialettica, della quale si dichiara conoscitore: per difendere la transustanziazione e controbattere le argomentazioni logiche di Berengario, egli fa uso della tecnica cosiddetta delle propositiones aequipollentes (proposizioni equivalenti: una nozione probabilmente di origine medio- platonica) che consiste nel costruire argomentazioni non attraverso sillogismi ma tramite una serie di definizioni, allargamenti di significato e precisazioni, che permettono di giungere alla fine a dimostrare l’originaria equivalenza di due proposizioni. Secondo Lanfranco durante la messa, con la formula di consacrazione del sacerdote, avviene un mutamento reale nella sostanza del pane e del vino che diventano il corpo e sangue del Cristo: è questa una conversione di essenza, che coinvolge la sostanza interna della materia ma non le sue qualità esteriori, che mantengono in apparenza la stessa forma.
L’opera e gli insegnamenti di Lanfranco, che affiancava ad una strenua difesa dell’ortodossia cristiana l’utilizzo consapevole di argomentazioni logico- dialettiche nelle dispute teologiche, esercitò una notevole influenza sui filosofi a lui immediatamente successivi ed in particolar modo sul pensiero di Anselmo d’Aosta.

 


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