ROGER PENROSE

 

 

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ROGER PENROSE

 

VITA
Roger Penrose è nato a Colchester (Gran Bretagna) nel 1931. Ha studiato all'University College School di Londra e al St. John's College di Cambridge. Si è laureato in fisica a Cambridge nel 1957. Dal 1973 insegna matematica presso l'Università di Oxford. Penrose è stato inoltre, nel 1975, Fellow all'University College di Londra, Visiting Professor Yeshiva a Princeton e alla Cornell Univerity nel 1966-67 e nel 1969, Lovett Professor Rice all'Università di Houston dal 1983 al 1987. Nel 1998, per i suoi studi sulla struttura dell'universo ha ricevuto il premio Wolf, il maggior riconoscimento mondiale per la matematica.

PENSIERO
Oltre a interessarsi a vari problemi della geometria, Penrose si è dedicato allo studio dei cristalli, ma soprattutto alla teoria della relatività generale, dimostrando che nel collasso gravitazionale di una stella di massa sufficientemente elevata si generano buchi neri. Da questo lavoro presero il via delle ricerche, condotte insieme a Stephen Hawking, che portarono, nel 1974, ad un celebre teorema, secondo il quale, se la relatività generale è valida in tutti i punti dell'universo, in ogni buco nero deve esistere una singolarità in cui le ordinarie leggi della fisica non sono più valide. Penrose ha anche affrontato il problema dello spazio-tempo all'interno della meccanica quantistica. Se tutte le grandezze fisiche fondamentali variano in maniera discontinua - argomenta il fisico inglese - forse anche lo spazio-tempo non è caratterizzato da una struttura continua come descritto dalla fisica classica, ma è in qualche modo "quantizzato". Da tale premessa, egli perviene alla teoria dei "twistori", nella quale è prevista una struttura geometrica non continua, bensì discreta, posta in relazione allo spin delle particelle elementari. Questa teoria, nelle intenzioni del suo autore, costituisce un tentativo di unificare la meccanica quantistica con la relatività generale.

La concezione della mente umana
Successivamente Penrose ha rivolto la propria attenzione alla mente umana, utilizzando alcuni concetti della meccanica quantistica per giungere a un'ipotesi che lo pone in netta antitesi con le posizioni funzionaliste e, più in generale, con coloro che considerano la mente umana qualcosa di molto simile a un sofisticato computer. Il punto di partenza di Penrose è l'osservazione che i computer portano a termine i compiti assegnati utilizzando procedure e algoritmi predefiniti: la loro attività consiste unicamente nell'esecuzione di operazioni logiche e di calcoli, sulla base di specifiche regole fornite dalla programmazione. L'attività della mente umana, benché in grado di svolgere anche operazioni di questo tipo, si mostra capace di giungere a conclusioni che non sono riconducibili alla mera computazione. A sostegno della sua tesi, Penrose ci propone i seguenti argomenti:

1. Argomento di Gödel
Il teorema di incompletezza di Gödel può essere utilizzato per dimostrare che l'intuizione matematica di cui si servono i matematici per ideare i loro teoremi è una capacità non algoritmica (e quindi non simulabile dalla computazione). Infatti, qualsiasi proceduta algoritmica un matematico usi per giungere a una verità matematica, ci saranno inevitabilmente delle proposizioni matematiche che la sua procedura non sarà in grado di risolvere. Ipotizzando che la mente del matematico funzioni in modo interamente algoritmico, l'insieme degli algoritmi da lui utilizzati non gli permetterebbe di giudicare la validità del sistema usato e quindi dei risultati raggiunti.

2. Problema dell'arresto
E' il problema per cui, posto di fronte a particolari compiti da svolgere, un sistema puramente computazionale (macchina di Turing), non è in grado di arrestarsi e prosegue indefinitamente la propria attività. Penrose fornisce diversi esempi di problemi matematici a cui una procedura algoritmica appare incapace di dare risposta. Il più semplice di questi è costituito dalla domanda se esista un numero dispari che sia la somma di due numeri pari. Gli esseri umani riescono abbastanza facilmente a giungere alla soluzione, e cioè che non si può mai ottenere un numero dispari dalla somma di due o più numeri pari. Ma come perveniamo a questa conclusione? Non certo effettuando tutte le possibili prove, dal momento che esse sono infinite, bensì ricorrendo alle nostre facoltà intuitive, che ci consentono in qualche modo di "vedere" la verità senza utilizzare procedure algoritmiche. Un computer programmato in funzione di tale compito, invece, continuerebbe ad eseguire operazioni per un tempo illimitato, sulla base degli algoritmi forniti, perché non saprebbe quando fermarsi.

Secondo Penrose, la comprensione matematica (che poi non è altro che un caso particolare della più generale capacità di comprensione della mente umana) non è in alcun modo sovrapponibile a un processo puramente computazionale, basato sull'esecuzione di algoritmi. Lo stesso si può dire della coscienza, della creatività e anche della volontà, che presuppongono attività che non hanno nulla a che vedere con la computazione. I fenomeni che hanno luogo all'interno dei neuroni cerebrali rispondono a leggi ben definite e sono quindi assimilabili a processi computazionali. Pertanto essi non possono essere utilizzati per giungere a una spiegazione adeguata dei fenomeni mentali. Neppure la fisica quantistica ci è di molto aiuto, in quanto aggiunge al determinismo della fisica ordinaria una componente di casualità che si pone al di fuori di ogni possibilità di controllo. Penrose si dichiara convinto che sia necessaria una nuova teoria fisica prima di compiere autentici progressi nella spiegazione dei fenomeni mentali come la comprensione o la coscienza: "Perché la fisica sia in grado di contenere qualcosa di così estraneo al presente quadro scientifico come il fenomeno della coscienza, ci dobbiamo attendere un mutamento profondo - che alteri le fondamenta stesse delle nostre opinioni filosofiche sulla natura della realtà". Secondo Penrose, il candidato più probabile per produrre il cambiamento auspicato sembrerebbe essere una teoria quantistica della gravità, ancora da scoprire, che potrebbe gettare nuova luce su fenomeni come la coerenza quantistica o la non località. Detti fenomeni potrebbero essere implicati in comportamenti non computabili che interesserebbero i microtuboli, strutture interne dei neuroni, capaci di favorire le particolari condizioni richieste per il verificarsi di questo tipo di fenomeni.

 

 


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