PIETRO DI GIOVANNI OLIVI

 

A cura di Elisa Chiti

 

 

 

Pietro di Giovanni Olivi nacque a Sérignan (diocesi di Béziers) nel 1248 e nel 1260, all’età di soli dodici anni, entrò nel convento francescano di Béziers. Poté seguire a Parigi l’insegnamento di Bonaventura, Guglielmo de la Mare, Giovanni Pecham e Matteo d’Acquasparta. Nel 1282, come conseguenza delle disposizioni del capitolo generale di Strasburgo, si apre una certa ostilità nei riguardi dell’Olivi, esponente di spicco degli Spirituali. Nel 1287 il nuovo Ministro Generale dell’Ordine, Matteo d’Acquasparta, invia Olivi, per allontanarlo dalla polemiche seguite al capitolo, come lettore di teologia a Firenze, nello studium del Convento di Santa Croce. Rientrato in Francia Olivi riesce ad uscire indenne dal nuovo attacco sferrato contro di lui al capitolo generale di Parigi (1292) e trascorre gli ultimi anni della propria vita in una relativa serenità. Accetta e legittima la rinuncia di papa Celestino V (1294) e l’elezione canonica di papa Caetani. Muore nel 1298, circondato da grande venerazione. In un clima assolutamente anti-spirituale, Giovanni XXII condannerà la Lectura super Apocalypsim (1326). Olivi fu anche il maestro di Ubertino da Casale, presso lo studio teologico di Santa Croce. Fra i suoi scritti più importanti, oltre alla Lectura, il Commentarium in quattuor libros Sententiarum, la Summa super Sententias, i Quodlibeta, il De perlegendis philosophorum libris, l’Expositio super Regulam fratrum minorum, alcuni trattati di etica economica in cui si affronta il problema dell’usura e il Tractatus de paupertate minorum. Nella Lectura super Apocalypsim (1296), opera a carattere fortemente cristocentrico, le due maggiori fonti di ispirazione del francescano sono Gioacchino da Fiore e Riccardo di San Vittore, in cui Olivi espone la propria dottrina delle sette età e dei tre status in cui è divisa la storia della chiesa. Per quanto riguarda l’aspetto più strettamente filosofico e teologico di Olivi, aspetto molto considerato dalla storiografia contemporanea, è sottolineato in particolare il suo agostinismo declinato allo scopo del raggiungimento di una sintesi o quantomeno di un accordo con posizioni aristotelico-tomistiche. Olivi è assertore della pluralità delle forme sostanziali: l’anima è formata da tre potenze (vegetativa, sensitiva e intellettiva), ma solo le prime due sono senza mediazione forma del corpo, mentre la potenza intellettiva è unita al corpo tramite le altre due potenze. Ciò potrebbe essere motivo di disgregazione dell’unità dell’anima; invece il carattere spirituale delle tre potenze ne cementa l’unità. Su questo punto si scontra con una certa decisione con la tesi di Tommaso d’Aquino: se l’intelletto non fosse infatti libero dal legame formale con il corpo, l’anima intellettiva non sarebbe in grado di intendere, non sarebbe libera di liberarsi dal corpo e in ultima istanza non sarebbe immortale. Da questa tesi sembra scaturire l’originale dottrina dell’Olivi circa la personalità umana, in cui veramente si esplica il suo neoagostinismo di matrice francescana: il primato della volontà, intrinsecamente autonoma e alla base di ogni libertà, che dà valore all’essere umano stesso. Queste riflessioni saranno alla base di alcune importanti riflessioni sulla volontà di Duns Scoto. In base all’agostinismo di Olivi ci si potrebbe aspettare, sul piano gnoseologico, una piena fiducia nella teoria dell’illuminazione; al contrario il maestro francescano sembra preferire la dottrina aristotelico-tomistica dell’astrazione, cioè di una conoscenza dal basso in alto.

 


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