ANTONIO ROSMINI

A cura di Diego Fusaro



ROSMINI BREVE SCHIZZO DEI SISTEMI DI FILOSOFIA MODERNA E DEL PROPRIO SISTEMA (testo integrale)





Antonio Rosmini Serbati (1797-1855) fu secondogenito di Pier Modesto e di Giovanna dei Conti Formenti di Biacesa del Garda. Della sua nascita, avvenuta il 24 marzo, Rosmini renderà sempre grazie a Dio poiché «Egli la fece coincidere con la vigilia della Beata Maria Vergine Annunziata». Viveva con sua sorella maggiore Margherita, entrata nelle Suore di Canossa, e con suo fratello più piccolo, Giuseppe. Rosmini compì gli studi giuridici e teologici presso l'Università di Padova e ricevette a Chioggia, il 21 aprile 1821 l'ordinazione sacerdotale. Iniziò a mostrare una profonda inclinazione per gli studi filosofici, incoraggiato in tal senso da papa Pio VII. Dal 1826 si trasferì a Milano dove strinse un profondo rapporto d'amicizia con Alessandro Manzoni che di lui ebbe a dire: «è una delle sei o sette intelligenze che più onorano l'umanità». Manzoni assistette Rosmini sul letto di morte, da cui trasse il testamento spirituale "Adorare, Tacere, Gioire". Gli scritti di Antonio Rosmini destarono l'ammirazione, tra gli altri, anche di Giovanni Stefani, Niccolò Tommaseo e Vincenzo Gioberti dei quali pure divenne amico. Nel 1830 fondò al Sacro Monte di Domodossola la congregazione religiosa dell'Istituto della Carità, detta dei "rosminiani". Le Costituzioni della nuova famiglia religiosa, contenute in un libro che curò per tutta la vita, furono approvate da papa Gregorio XVI nel 1839. A Borgomanero svolge la sua attività di insegnamento e di guida spirituale un collegio rosminiano, il "Collegio Rosmini", regolato dalla Congregazione delle Suore della Provvidenza rosminiane. Rosmini portò avanti tesi filosofiche tese a contrastare sia l'illuminismo che il sensismo. Sottolineando l'inalienabilità dei diritti naturali della persona, fra i quali quello della proprietà privata, entrò in polemica con il socialismo ed il comunismo[1], postulando uno Stato il cui intervento fosse ridotto ai minimi termini. Nelle sue teorie il filosofo seguì le concezioni di Sant'Agostino, e di San Tommaso rifacendosi anche a Platone. Gli esordi filosofici di Antonio Rosmini si ricollegano a Pasquale Galluppi, sia pure polemicamente, in quanto Rosmini avverte con ogni chiarezza come risulti insostenibile una posizione di integrale sensismo gnoseologico. La necessità di concepire una funzione ordinatrice dell'esperienza, e a questa precedente, porta Rosmini a guardare con interesse la filosofia di Kant. Tuttavia non è soddisfatto di ciò che lui chiama l'innatismo kantiano, legato ad una pluralità imbarazzante e precaria di categorie. Le quali, d'altra parte, gli sembrano fallire lo scopo di far conoscere il reale quale esso è, per la necessaria introduzione di modifiche soggettive nell'atto stesso del conoscere. Il problema filosofico di Rosmini si configurava perciò come quello di garantire oggettività alla conoscenza. La soluzione non potrà essere trovata, stante il rifiuto della trascendentalità kantiana e dei connessi sviluppi, se non in una ricerca ontologica, in un principio oggettivo di verità, che riesca ad illuminare l'intelligenza in quanto le si proponga con immediata evidenza, universalità ed immutabilità. Questo principio è per Rosmini l'idea dell'essere possibile, che da indeterminato contenuto dell'intelligenza, quale originariamente è, si fa determinato allorché viene applicato ai dati forniti dal senso. Essa precede e informa di sé tutti i giudizi con cui affermiamo che qualche cosa particolare esiste. L'idea dell'essere, dunque, costituisce l'unico contenuto della mente che non abbia origine dai sensi, ed è perciò innata (Nuovo saggio sull'origine delle idee, del 1830). Ma qui i problemi del kantismo, che sembrano superati o almeno messi da parte, si riaffacciano con urgenza. Di fronte al mero ricevere dati, di cui parlava il sensismo, Rosmini ha chiarito che la mente umana nel suo uso conoscitivo formula giudizi, in cui l'idea dell'essere ha funzione di predicato, cioè di categoria, e la sensazione è il soggetto, di cui si predica qualche cosa. Nel giudizio, inoltre, il predicato si determina e la sensazione si certifica. Se questa è la funzione propria del giudicare, ogni concetto non può sussistere che come predicato di un giudizio. Né a questa necessità sembra potersi sottrarre il concetto di essere, che è dato solo nell'attività giudicante, come forma del giudizio. Ma il Rosmini non accetta tale riduzione, ed esclude proprio il predicato di esistenza della funzione del giudizio, continuando ad attribuirgli una natura oggettive e trascendente. È l'essere trascendente che si rivela all'uomo, lo illumina e gli permette di pensare. Accanto a questa ontologia l'etica di Rosmini si sviluppa come etica caritativa (Principio della scienza morale, del 1831). Breve ma intensa la parentesi di Rosmini politico. Seguì papa Pio IX riparato a Gaeta dopo la proclamazione della Repubblica romana, ma la sua formazione attestatasi su ferme posizioni di cattolicesimo liberale era tale per cui fu costretto a ritirarsi sul Lago Maggiore, a Stresa. Tuttavia, quando Pio IX volle istituire dopo il 1849 una Commissione incaricata della preparazione del testo per la definizione del famoso dogma dell'Immacolata Concezione, nonostante ben due sue opere (Le cinque piaghe della Chiesa e La costituzione secondo la giustizia sociale) fossero all'Indice, Rosmini fu chiamato a prendere parte a tale commissione. Continuò a vivere a Stresa, fecondo nel perseguire il perfezionamento del suo sistema di pensiero con opere come Logica 1853 e Psicologia 1855, sino alla morte, avvenuta a 58 anni il 1º luglio 1855. Giovanni Paolo II ha riabilitato la figura di Rosmini annoverandolo nella Lettera Enciclica Fides et ratio, «tra i pensatori più recenti nei quali si realizza un fecondo incontro tra sapere filosofico e Parola di Dio» e concedendo l'introduzione della causa di beatificazione, ormai conclusasi nella sua fase diocesana novarese il 21 marzo 1998. L'appoggio al Rosmini, oltre che da Giovanni Paolo II, non mancò anche dagli altri pontefici. Giovanni XXIII verso la fine della sua esistenza fece il ritiro spirituale sulle rosminiane "Massime di Perfezione Cristiana", assumendole come propria regola di condotta. Anche Paolo VI prestò interesse nel Rosmini: in occasione del 150º anniversario di fondazione dell'Istituto della Carità inviò un messaggio all'allora padre generale, in cui elogiava l'intuizione del Rosmini nel dare un grande peso all missione caritativa già nel nome del nativo istituto religioso, appunto l'Istituto della Carità. Inoltre, Paolo VI tolse il divieto di pubblicazione dell'opera Dalle Cinque Piaghe della Santa Chiesa. Alla morte di Paolo VI il collegio cardinalizio scelse il successore di Pietro nella persona di Albino Luciani, che si laureò in sacra teologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma con una tesi su «L'origine dell'anima umana secondo Antonio Rosmini». E' bene precisare che Luciani era fortemente critico nei riguardi del pensiero rosminiano, solo successivamente cambiò opinione, rivolgendo nei riguardi di Rosmini parole di ammirazione e stima. Il cardinale Joseph Ratzinger, il 18 Maggio 1985 (quando la questione rosminiana era ancora ben accesa), nell'ambito di una serata organizzata dal Centro Culturale di Lugano, disse: "Nel confronto con le parole classiche della fede che sembrano così lontane da noi, anche il presente diventa più ricco di quanto sarebbe se rimanesse chiuso solo in se stesso. Vi sono naturalmente anche tra i teologi ortodossi molti spiriti poco illuminati e molti ripetitori di ciò che è già stato detto. Ma ciò succede ovunque; del resto la letteratura dozzinale è cresciuta in modo particolarmente rapido proprio là dove si è inneggiato più forte alla cosiddetta creatività. Io stesso per lungo tempo avevo l'impressione che i cosiddetti eretici fossero per una lettura più interessante dei teologi della chiesa, almeno nell'epoca moderna. Ma se io ora guardo i grandi e fedeli maestri, da Mohler a Newman a Scheeben, da Rosmini a Guardini, o nel nostro tempo de Lubac, Congar, Balthasar -quanto più attuale è la loro parola rispetto a quella di coloro in cui è scomparso il soggetto comunitario della Chiesa. In loro diventa chiaro anche qualco'saltro: il pluralismo non nasce dal fatto che uno lo cerca, ma proprio dal fatto che uno, con le sue forze e nel suo tempo, non vuole nient'altro che la verità. Per volerla davvero, si esige tuttavia anche che uno non faccia di se stesso il criterio, ma accetti il giudizio più grande, che è dato nella fede della Chiesa, come voce e via della verità. Del resto io penso che vale la stessa regola anche per le nuove grandi correnti della teologia, che oggi sono ricercate: teologa africana, latinoamericana, asiatica, ecc. La grande teologia francese non è nata per il fatto che si voleva fare qualcosa di francese, ma perché non si presumeva di cercare nient'altro che la verità e di esprimerla più adeguatamente possibile. E così questa teologia è diventata anche tanto francese quanto universale. La stessa cosa vale per la grande teologia italiana, tedesca, spagnola. Ciò vale sempre. Solo l'assenza di questa intenzione esplicita è fruttuosa. E di fatto non abbiamo davvero raggiunto la cosa più importante se noi ci siamo convalidati da soli, ci siamo accreditati da soli e ci siamo costruiti un monumento per noi stessi. Abbiamo veramente raggiunto la meta più importante se siamo giunti più vicino alla verità. Essa non è mai noiosa, mai uniforme, perché il nostro spirito non la contempla che in rifrazioni parziali; tuttavia essa è nello stesso tempo la forza che ci unisce. E solo il pluralismo, che è rivolto all'unità, è veramente grande". Il 1º giugno 2007, papa Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto sul miracolo della guarigione di Suor Ludovica Noè, attribuito all'intercessione di Antonio Rosmini. Tra quelli portati dalla postulazione dei padri rosminiani, si è scelto di dare maggiore impluso a quello della Guarigione della suora sopracitata, poiché il medico che la curò, da non credente, passo ad vere fede. Si tratta quindi di un "miracolo nel miracolo". La cerimonia di beatificazione è avvenuta il 18 Novembre 2007 nella città di Novara. La celebrazione è stata officiata dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della congregazione per le Cause dei Santi e concelebrata da circa 400 sacerdoti, rosminiani (tra cui il preposito generale James Flynn e la madre generale Carla Catoretti) e non. Tra questi il cardinale prefetto della Sacra Congregazione per i vescovi Giovanni Battista Re, dal cardinale arcivescovo di Torino Severino Poletto, dal vescovo di Novara, mons. Renato Corti, dall'arcivescovo di Trento, mons. Luigi Bressan, dal vescovo rosminiano mons. Antonio Riboldi e fra gli altri anche da mons. Germano Zaccheo ( scomparso improvvisamente dopo due giorni), vescovo della Diocesi di Casale Monferrato, da mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, dal segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana Giuseppe Betori, da mons. Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano, dal rettore della Pontificia Università Lateranense, mons. Rino Fisichella e dal preposito generale dei barnabiti, padre Giovanni Maria Villa. Tra i numerosissimi fedeli accorsi da diverse parti del mondo per presenziare alla celebrazione, hanno preso parte anche il senatore a vita, Oscar Luigi Scàlfaro, il presidente del Senato, Franco Marini, e il Ministro della Difesa Arturo Parisi. Rosmini è il primo beato della Provincia del Verbano Cusio Ossola. In occasione della beatificazione sono stati moltissimi i quotidiani e periodici italiani e esteri che hanno dedicato articoli, pagine e interi numeri alla figura di Rosmini.

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