MATTHEW  TINDAL

 

 

A cura di Gigliana Maestri e Diego Fusaro

 

 

"Non aver seguito queste nozioni dettate dalla Ragione, a proposito della natura di Dio, è stata la causa di tutta la superstizione e di questi misfatti che l'umanità, a causa della religione, ha commesso". (Cristianesimo antico come la creazione)



TINDALNato  nel  1656  a  Beer  Ferrers, nella  contea  inglese  del  Devon, Matthew Tindal  studia  giurisprudenza  a  Oxford. Nel  1685  si  converte  al  cattolicesimo, per  poi  tornare  alla  religione  anglicana  soltanto  tre  anni  più  tardi. Nel  Saggio  sull'obbedienza  ai  poteri  supremi  del  1694, e  nella  Libertà  di  stampa  del  1698, sostiene  le  tesi  del  giusnaturalismo; il  suo  spirito  fortemente  polemico  e  anticlericale  emerge  nel  libro  I  diritti  della  chiesa  cristiana  proclamati  contro  quella  romana, opera  che  risale  al  1706. Tuttavia, il  suo  scritto  più  importante  è  il  Cristianesimo  antico  come  la  creazione, del  1730, considerato  un  autentico  "classico"  del  deismo  inglese. Il  secondo  volume  di  quest'opera, lasciato  manoscritto  dall'autore, è  andato  perduto  perché  bruciato  dalle  autorità  ecclesiastiche; in  ogni  caso, sebbene  incompiuta, ai  suoi  tempi  l'opera  suscita  notevoli  polemiche. Tradotta  in  tedesco  nel  1741, essa  diffonde  il  deismo  anche  in  Germania. Tindal  muore  a  Oxford  nel  1733.
La  sua  riflessione  filosofica  si  segnala   per  una  radicalizzazione  delle  tesi  del  deismo. Tindal sostiene  infatti  che  l'unico, valido  fondamento  della  religione  naturale  è  costituito  dalla  ragione, intesa  come facoltà  universale  e  immutabile. Operando  un  confronto  fra  religione  naturale  e  religioni  positive, Tindal  afferma  che  la  prima  è  l'unica, autentica  forma  di  credenza  religiosa, mentre  destituisce  di  valore  le  seconde, considerandole  semplici  mistificazioni, imposture, contraffazioni di  carattere  mitologico  elaborate  soprattutto  dalle  caste  sacerdotali. Non  a  caso, il  sottotitolo  del  Cristianesimo  antico  come  la  creazione  è  il  seguente: Il  Vangelo  come  ripubblicazione  della  religione  della  natura.
Tindal  afferma  l'inutilità  della  rivelazione  basandosi  sul  concetto  che  noi  abbiamo  di  Dio. Essendo  Dio  buono, immutabile  e  avendo  Egli  impresso  leggi  eterne  all'universo  e  alla  natura  umana, non  ha  alcun  senso  una  rivelazione  fatta  ad  un  solo  popolo  e  in  un  preciso  momento  della  storia. La  rivelazione  è  inutile  per  sua  stessa  essenza, in  quanto  è  solo  "una  ripubblicazione  della  religione  della  natura". Così intesa, la rivelazione non è che una semplice riedizione, o copia, della religione naturale, della quale le singole religioni positive non sono che derivazioni o, nella maggior parte dei casi, trasfigurazioni. 

Tindal  scrive  che  la  religione  naturale 

 

"non  differisce  da  quella  rivelata  altrimenti  che  nel  modo  di  essere  comunicata: la  prima  è  rivelazione  interna, la  seconda  è  la  rivelazione  esterna  della  stessa  volontà  immutabile  di  un  Essere  che  è  ugualmente  in  ogni  tempo  infinitamente  saggio  e  infinitamente  buono".


La radicalità del pensiero di Tindal (con lui il deismo sembra giungere al culmine) consiste nel fatto che egli non si limita a depurare la Scrittura dalle inconseguenze con la ragione, ma riconosce l'assoluta priorità assiologia e cronologica della religione razionale su ogni forma di rivelazione. Dio, nella sua perfezione immutabile, ha dato da sempre agli uomini una legge altrettanto immutabilmente perfetta. Sicché il cristianesimo non poteva aggiungere o togliere alcunché a questa legge: e, se storicamente potè servire a ravvivare una religione naturale poco attiva, esso è diventato poi pericoloso, consolidando superstizioni e false credenze che non hanno più nulla a che vedere col nucleo originario della legge di Dio.

La  critica  nei  confronti  della  fede  rivelata  non  implica  però  il  rifiuto  del  cristianesimo, il  quale, a  parere  di  Tindal, è  invece  l'unica  religione  che  non  possa  essere  definita  come  una "impostura". Molte  delle  verità  enunciate  da  Cristo  sono  perfettamente  in  linea  con  i  dettami  della  nostra  ragione; tuttavia, bisogna  ammettere  che  i  capi  della  Chiesa  hanno  aggiunto  alla  religione  cristiana  parecchie  dottrine  e  una  serie  di  pratiche  che  o  sono  in  contraddizione  con  gli  insegnamenti  di  Gesù, o  non  sono  essenziali  per  il  suo  messaggio.
L'esaltazione  della  ragione  non  è  in  alcun  modo  diretta  contro  Dio. Secondo  Tindal,

 

"Dio  non  ha  dato  agli  uomini  nessun  altro  mezzo  ad  eccezione  dell'uso  della  ragione; la  ragione, la  ragione  umana, deve  allora  essere  questo  mezzo; giacché, siccome  Dio  ci  ha  fatto  creature  ragionevoli, e  la  ragione  ci  attesta  che  questa  è  la  sua  volontà, che  noi  cioè  agiamo  secondo  la  dignità  della  nostra  natura, così  è  la  ragione  che  deve  dirci  quando  agiamo  in  questo  modo".

 

Evidentemente, essendo  la  ragione  un  dono  di  Dio  agli  uomini, usarla  non  significa  offendere  l'Essere  supremo, ma  anzi  assecondare  la  sua  volontà  e  la  nostra  natura. Allo  stesso  modo, occorre  seguire  e  rispettare  le  leggi  naturali  stabilite  da  Dio, che  sono  una  fonte  di  felicità  per  il  genere  umano. Infatti, dal  momento  che  Dio  è  infinitamente  felice  per  se  stesso, nel  creare  gli  uomini  non  può  aver  desiderato  altro  che  la  loro  felicità  in  questa  vita  e  in  quella  futura. Quindi,

 

"se  l'umanità  seguisse  queste  regole  prescritte  da  Dio  in  ordine  al  comportamento  reciproco  degli  uomini, in  quale  felice, benedetto  e  fiorente  stato  essi  vivrebbero!".

 

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