TOMMASO DI ERFURT

 


A cura di Enrico Gori

 

 

 

 

 

 

 

 

Tommaso di Erfurt fu uno dei membri più importanti di una gruppo di filosofi tardo-medievali chiamati “grammatici speculativi” e “modisti”, per via del ruolo che assegnavano ai modi sigificandi di una parola nell'analisi logica del discorso. La nozione che una parola, una volta attribuitogli un significato, implica tutti i modi sintattici, o le possibili combinazioni con altre parole, era conosciuta già dal XII secolo. I Modisti tentavano di spiegare le origini dei modi significandi attraverso la teoria del parallelismo tra i modi intelligendi e i modi essendi. Il risultato era un curioso amalgama di filosofia, grammatica e linguistica. L'opera di Tommaso di Erfurt De modi significandi divenne la fonte principale dei Modisti nel XIV secolo, sebbene godrà di maggior fama più tardi, grazie all'erronea attribuzione dell'opera a Duns Scoto. Il testo fu accorpato nell'Opera Omnia di Duns Scoto, dove venne letto e commentato da pensatori recenti quali C. Sanders Peirce e Martin Heidegger, la cui tesi di dottorato del 1916, Die Kathegorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotus avrebbe dovuto intitolarsi Die Kathegorien des Duns Scotus und die Bedeutungslehre des Thomas von Erfurt. Heidegger pensa di avere a che fare con Duns Scoto, ma in realtà ha a che fare con Tommaso di Erfurt.


VITA

Quasi nulla si sa della vita di Tommaso da Erfurt, tranne che fu insegnante e filosofo nel primo quarto del XIV secolo. Presumibilmente, egli nacque a Erfurt, nell'odierna Turingia, in Germania. La sua opera tradisce una chiara influenza del Maitre dès Arts parigino Radolfo Brito (ca. 1270-1320) e Sigieri di Courtrai (ca. 1280-1341), il che fa supporre che egli abbia compiuto gli studi, e forse anche insegnato, all'Università di Parigi. Documenti più tardi lo associano alla scuola di S. Severo e allo Schlottenkloster di Sankt Jakob di Erfurt. Il suo testo di grammatica più celebre, il De modi significandi, era già conosciuto nel 1310 e i primi commenti conosciuti risalgono al 1324. Presumibilmente ritornò varie volte a Parigi nel corso della sua carriera accademica, sebbene non vi sia alcuna prova. Alcune copie del De modi significandi attribuiscono l'opera a un religioso inglese del XIV secolo chiamato Tommaso di Occam, ma gli studiosi sono scettici poiché la notizia compare solo in uno sparuto gruppo di manoscritti del XV sec. La stragrande maggioranza dei manoscritti, e delle testimoniane del tempo indicano come autore Tommaso di Erfurt.


SCRITTI

Sei opere sono state attribuite a Tommaso. Oltre al citato trattato di grammatica, il cui titolo completo è Tractatus de modis significandi seu Grammatica speculativa, ci sono pervenuti quattro brevi expositiones (commenti letterali): Isagoge di Porfirio, Categorie di Aristotele, il De interpretatione e il Liber sex principiorum, anonimo. Infine vi è anche un breve scritto di versi mnemonici per l'insegnamento della grammatica ai ragazzi, il Commentarius in carmen fundamentum puerorum, anche se l'editore ritiene che sia una versione anonima ridotta del De modi significandi. In ogni caso, la fama di Tommaso deriva dal De modi significandi, la sola sua opera studiata dettagliatamente. L’opera era così popolare che divenne il testo principe (e più tardi quello che la rappresenterà) della tradizione modista, tanto da essere presente in più di 40 manoscritti del XIV e XV secolo. Un'edizione stampata apparve nel tardo XV secolo. Venne ristampata ben undici volte prima della sua ristampa "definitiva" nell'edizione delle opere complete di Duns Scoto di Luke Wadding (1639).


MODISMO

Come abbiamo già accennato, Tommaso di Erfurt apparteneva a un interessante quanto oscuro gruppo di filosofi del tardo XIII e primi del XIV secolo conosciuti come “Modisti” o “grammatici speculativi”. Il termine "grammatici speculativi" è ambiguo perché è adoperato dagli studiosi di filosofia medievale per indicare i maestri grammatici parigini del XII secolo come Guglielmo di Conches e Pietro Elia, oltre a Ralph di Beauvais, che revisionò sistematicamente le antiche grammatiche di Donato e Prisciano, testi usati nell'insegnamento del latino ai fanciulli per creare un semantica universale. I due gruppi sono collegati, com'è dimostrato, dato che gli ultimi grammatici adotteranno molte teorie e le tendenze universalistiche dei loro predecessori del XII secolo. Predominante fra loro la teoria dei modi significandi, o modo di significato. Il termine Modistae o Modista si riferisce al secondo gruppo. Una concetto grammaticale di modi significandi esisteva già dai tempi di Martino e Boezio di Dacia intorno al 1270. Originariamente, l'idea si riferiva ai diversi modi in cui una parola o espressione può significare qualcosa. Le stesse parole sono il prodotto di un preliminare atto di imposizione attraverso il quale ad un particolare suono corrisponde una determinata cosa o proprietà della stessa: è il suono che definisce l'argomento, che è a sua volta "informato" dall'atto di imposizione. La parola acquista il suo “modo di significare” attraverso un secondo atto di imposizione che codifica tutti i ruoli sintattici che la parola può ricoprire collegata con altre parole ed espressioni ad esempio le parti del discorso che può rappresentare (verbo, sostantivo, avverbio) e le loro forme grammaticali (genere, numero e caso dei sostantivi; il tempo e modo dei verbi). Questi modi influenzerebbero la creazione di forme lessicali della parola nello scritto e nel parlato. Perciò, il latino usa la parola canis per indicare quello che un tedesco indica con Hund, ma gli stessi modi significandi determinano la sua funzione di sostantivo singolare. Metaforicamente si può pensare ai modi significandi come a ganci o cinture di sicurezza della parola poiché riflettono il suo potenziale di combinazione con altre parole nelle proposizioni ed altre costruzioni grammaticali. È facile capire come una tale elaborazione del significato possa portare ad una teoria grammaticale fatta e finita. Senza dubbio, i filosofi speculativi di entrambi i periodi hanno destato interesse sia nei filosofi, sia nei linguisti. Ma la posta in gioco era alta per i modisti, perché l’influsso aristotelico sulla metafisica e la filosofia naturale del tardo XII sec. ed inizio XIII secolo aveva costretto i filosofi a pensare adottando un nuovo paradigma conoscitivo. La grammatica poteva essere concepita come “scienza del linguaggio” (scientia sermocinalis)? La questione era se la grammatica potesse essere considerata a pieno diritto una scienza speculativa aristotelica, ossia se è dimostrativa nel senso di essere un’attività conoscitiva ordinata da un soggetto i cui principi sono universali e necessari. Questioni di questo tipo spiegano chiaramente le lodi della grammatica tradizionale tessute da Boezio di Dacia. Tommaso di Erfurt nelle prime righe del De modis significandi esprime la sua volontà di essere uno di quegli insegnanti:

“La razionalità del metodo. Dato che in tutte le scienze, per comprendere ed acquisire dimestichezza con la conoscenza dei principi, com’è scritto nel 1 capitolo del commento alla Fisica I, chi desiderasse possedere la conoscenza della scienza della grammatica dovrà prima di tutto conoscere i principi primari per sé i cui modi sono modi di significato. Ma prima di cercare la coonoscenza nel particolare, vi sono alcune cose da porre, senza le quali è impossibile avere una corretta conoscenza del particolare”.

Per i Modisti come Booezio e Tommaso, il soggetto della grammatica ha ed è forma corretta, discorso pregnante (sermo congrue significativus), i cui principi sono espressi nel De modi significandi. Ma i Modisti compresero che la teoria del modo di significare includeva anche argomenti sulla natura del pensiero e sulla realtà. Il problema in Prisciano, come i grammatici del XII sec. avevano notato, sta nel fatto che egli aveva taciuto riguardo le parti del discorso. Da qui la necessità di una teoria dei modi significandi. Ma i Modisti capirono che essa poteva costituire solo una parte della risposta, poiché la grammatica è un fenomeno linguistico, e i fenomeni linguistici devono avere una causa all'interno dell'ordine naturale delle cose. Quindi, per completare la spiegazione, dicevano che la struttura formale del modo significare deve la sua esistenza ai modi intelligendi, o “modalità di comprensione”, che sono causati a loro volta dai modi essendi o modalità di essenza presenti un una cosa al di fuori della mente.
Il cuore del progetto Modista è la supposizione che vi sia una relazione di tipo parallelo o triadico tra parola, concetto e cosa. Il significato si basa prossimamente sull'intelletto, ma finalmente sull'essere. Secondo Tommaso:

“Ogni modo di significato deriva da determinate proprietà della cosa. Il ragionamento che porta a questa conclusione è il seguente: Non essendo i modi di significato o le nozioni di essi fittizi, logicamente dovranno derivare dalle cose rappresentate. In sintesi: l’intelletto, per dotarsi di significato pone la voce sotto un modo di significato, e considera la proprietà della cosa da cui ha tratto il modo di significato; questo perché l'intelletto, essendo un potere indeterminato passivo di sé stesso, non progredisce ad atto determinato a meno che non sia determinato da un'altra fonte. Per cui, imponendo la voce per significare in modo determinato, l'intelletto è necessariamente mosso da una proprietà intrinseca della cosa; quindi la proprietrà della cosa, o modus essendi, corrisponde a qualsiasi modus significandi”.

I modi significandi non potrebbero logicamente svolgere alcuna funzione di causalità nelle parti del discorso, né i corrispettivi modi significandi nella determinazione dei modi significandi, né i modi essendi per i modi intelligendi se tutti questi non esistessero. Partendo da questo presupposto, i Modisti ripresero l'idea aristotelica secondo cui, sebbene i simboli usati per indicare suoni e parole siano diversi da luogo a luogo, "ciò che rappresentano - influenze dell'anima - sono lo stesso per tutti; ciò a cui queste influenze assomigliano -cose esistenti - sono anch'esse uguali [per tutti]” (De interpretatione). Allo stesso modo, l'ordine dei modi imitava l'ordine aristotelico delle discipline nella scienza speculativa: come la psicologia, lo studio delle cose mobili animate, è subordinato alla fisica, lo studio delle cose che si muovono, e la fisica è subordinata alla metafisica, studio che esistono, così i principi grammaticali (modi significandi) derivano dagli atti mentali di significato (modi intelligendi), che riflettono il modo in cui le cose esistono (modi essendi). Gli schemi teorici perdono affidabilità davanti ai fatti. I Modisti impiegavano molto tempo a spiegare concetti così oscuri. Dopo aver delineato nei primi capitoli della sua opera le origini dei modi significandi, Tommaso affronta alcune obiezioni: come può "dea" essere significato con un sostantivo femminile che connota passività? Risposta: un modo di significare non deve essere per forza tratto dalla cosa significata, perché può essere talvolta tratto dalla proprietà di "una cosa di suono diverso". Così, se diciamo "in Dio", non intendiamo attribuirGli una qualità passiva, ma solo immaginare Lui toccato dalle preghiere. Quando si usa un modus significandi in relazione a Dio, ciò che facciamo realmente è significare la nostra concezione passiva femminile o maschile di un'altra cosa che funge da ricevente, ad esempio qualcosa che corrisponde ad una determinata modalità di essere ricevente, e poi si impone la stessa parola per significare Dio. Allo stesso modo, imponiamo nomi alle cose che non possiamo percepire tramite i sensi o le proprietà delle cose sensibili, attribuendo quindi "modi significandi attivi ai loro nomi".
E le parole che designano oggetti fittizi come "chimera" o privazioni come "cecità"? Queste non corrispondono ad alcun modus significandi, attivo o passivo, non significando niente (quindi nessuna cosa). Secondo Tommaso, i modi attivi per significare le chimere "sono tratti dalle parti che immaginiamo comporre una chimera, ossia testa leonina, coda di drago etc". Invece, i nomi di privazioni, "designano i modi intelligendi delle privazioni ossia i loro modi essendi attraverso i propri modi significandi di privazione". L'idea è che "cecità" corrisponda alla nostra concezione positiva di vista assente, che ha un modus essendi positivo nel nostro intelletto. Perciò: sebbene le privazioni non siano essenze positive fuori dall'anima, esse sono tuttavia positive nell'anima; e dato che la loro comprensione è la loro essenza, quindi, il loro modus intelligendi viene ad essere il loro modus essendi. La cecità fuori dall'anima non può causare alcuna concezione di sé da sé, non esistendo la cecità in sé, e ciò che non esiste non può essere causa di nulla. Quindi, quando diciamo "Omero era cieco", la parola "cieco" significa attivamente il modo passivo di comprendere qualcosa come essere senza vista, e deve la sua funzione semantica al modo in cui il concetto corrispondente è inteso. Nel caso in cui i concetti non siano né fittizi né privazioni, questi modi intelligendi sono determinati dai corrispettivi modi essendi, ad esempio da sostanze e proprietà effettive esterne all'anima. Per i Modisti, quindi, la parola "chimera" e "cavallo" sono diverse, ma solo in termini di complessità dei loro modi sottostanti. Tommaso segue Sigieri di Courtrai nella sua distinzione tra modi intelligendi/significandi per spiegare la differenza tra l'atto di significare/comprendere (materialmente inteso come proprietà della cosa significata/compresa). Il fatto che niente risponda al nome "chimera" non ha importanza. Il Modismo era una teoria sul significato di una parola in opposizione alla suppositio, che era considerata appannaggio dei logici. Inoltre, se le verità grammaticali sono universali e necessarie o meglio, se esiste una scienza della grammatica allora queste verità non possono essere influenzate dal fatto che le chimere non esistano. L'affermazione-guida di Tommaso nelle ultime pagine del trattato è che alcune cose palpabili debbano avere una corrispondenza con le verità grammaticali. Per questo motivo non vi sono aporie. Tommaso affronta subito dopo argomenti più pratici come le parti del discorso ("Etymologia") e la sintassi ("Diasynthetica"). In quest'ultima sono inclusi i concetti di constructio (come le parole si colleghino sintatticamente), congruitas (la formazione di tali costruzioni) e di perfectio (la formazione di espressioni complete). Le spiegazioni modiste dei fenomeni semantici erano estremamente complesse. Se si considera i molteplici modi in cui una parola può essere un significante con le sue potenzialità di combinazione con altre parole nelle espressioni, vi potrebbero essere infiniti modi significandi, una proliferazione di modi ripetuti costantemente al livello di modi intelligendi. Il De modis significandi fu l'ultima opera a sviluppare consistentemente la dottrina modista. La sua chiarezza e relativa brevità portarono alla sua adozione a testo standard nelle università medievali, sostituendo il più antico dei modi significandi di Martino di Dacia. Ma dal 1330 per ragioni non ancora chiare, il Modismo era scomparso da Parigi, rimpiazzato dal più esauriente Summulae de dialectica di Buridano. Il Modismo non riuscì mai a superare certe difficoltà, come il suo rifiuto di riconoscere un contesto extra-linguistico, non riuscendo così a spiegare come i significati possano essere trasmessi anche attraverso espressioni imperfette o incongrue. Ma la ragione più probabile del suo abbandono era che le sue spiegazioni non erano più ritenute soddisfacenti. Quello che si proponeva di fare, argomentare sulla sintassi della grammatica latina, poteva essere raggiunto con mezzi meno dispersivi. Inoltre questa teoria divenne assurdamente complicata nel suo intento di salvare i fenomeni dei modi significandi, facendo supporre che i modi furono schiacciati sotto il loro peso, come accadde a molti epicicli tolemaici.


INFLUENZA

L’opera di Tommaso di Erfurt ha goduto di più attenzione di quanto non ne avrebbe potuta meritare, grazie all'erronea attribuzione delle sue opere a Duns Scoto. Fu quindi stampato insieme alle opere scotiste di logica nell'edizione secentesca di Luke Wadding e nel XIX secolo nella ristampa di Wadding da parte di Juan-Luis Vivès. Fino a poco tempo fa, l'edizione Wadding-Vivès fu la fonte più completa delle opere di Duns Scoto, così che consultandola si sarebbe associato il De modis signficandi a lui. A complicare le cose è il fatto che Duns Scoto fu influenzato dal Modismo nella sua prima fase, anche se questo è dovuto probabilmente ai suoi contatti con autori modisti quali Simone di Faversham e Andrea di Cornovaglia. È improbabile che Scoto fosse stato influenzato da Tommaso di Erfurtt, poiché il De modis significandi non iniziò a circolare che molto dopo la morte di Duns Scoto.
Una delle figure più prominenti che hanno dimostrato un'ammirazione incondizionata per Tommaso fu il pragmatista americano Peirce, che considerava Duns Scoto come il compagno di viaggio nella metafisica e la cui teoria semiotica assomiglia sotto certi aspetti a quella modista. Peirce cita i primi sei capitoli del De modis significandi in una lezione del 1869 in cui confronta le tesi di Duns Scoto (così crede lui) con quelle di Guglielmo di Ockham, sui nomi e significati. Ma la lezione è di carattere introduttivo, quindi non è certo se Peirce apprezzasse davvero cos'era in gioco nella grammatica modista piuttosto che considerarla una specie di addendo linguistico alla metafisica scotista.
Un altro importante filosofo che fu influenzato da Tommaso fu Martin Heidegger, il cui Habilitationsschrift fu pubblicato nel 1916 con il titolo Die Kategorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotus. Questo testo non fu mai studiato molto dagli allievi di Heidegger, il che è un peccato perché tratta più del progetto heideggeriano di ampliare la nozione husserliana di una grammatica aprioristica, invece di essere un'opera di esposizione ed interpretazione filosofica. In quella che sembra essere una sottovalutazione classica, lo storico della filosofia medievale Martin Grabmann scrisse del libro, nel 1926, "Heidegger ha dimostrato la continuità del "Grammatica speculativa" finora attribuita a Duns Scoto con la terminologia e l'aspetto intellettuale generale di Husserl, così che la struttura e particolarità della sua origine medievale è in qualche modo oscurata". A discolpa di Heidegger, il filosofo tedesco non finge mai di fare della storia della filosofia nel Die Kathegorien- und Bedeutungslehre des Duns Scotuis. Al contrario, afferma all'inizio della seconda parte che è principalmente interessato alle implicazioni dello scritto di Scoto in funzione della più vasta teoria del significato, e che raccoglie nonostante tutto consensi attribuendola a Duns Scoto.
Nel 1922, tuttavia, Grabmann dimostrò che Tommaso di Erfurt era il vero autore del De modis significandi, e non Duns Scoto. Così, quanto scritto da Heidegger nell"Habilitationsschrift è solo parzialmente vero. La prima metà, la Kathegorienlehre, è dedicata, correttamente, alla teoria scotista delle categorie così come fu sviluppata sulla base dei commenti all'Isagoge di Porfirio, delle Categorie di Aristotele e del De sophisticis elenchis. Ma la seconda metà, la Beedeutrungslehre, è basata quasi interamente su Tommaso di Erfurt.
Influenze più recenti risalgono a Jacques Derrida, che menziona Tommaso collegandolo con l'idea, mutuata da Peirce, che la Logica è una branca della Semiotica: "come in Husserl (ma l'analogia, sebbene dia da riflettere, finisce qui e bisogna applicarla con cautela), il livello più basso, la fondazione della possibilità della logica (o semiotica) corrisponde al progetto del Grammatica speculativa di Tommaso di Erfurt, erroneamente attribuita a Duns Scoto".
Ciò che colpisce Derrida non è tanto la riduzione della logica a grammatica come il potenziale decostruttivo della fenomenologia dei segni di Husserl. L'idea di decostruire la scienza del linguaggio sarebbe apparsa assurda a Tommaso, naturalmente, anche se avrebbe probabilmente scorto delle affinità con la nozione, altamente variegata, del segno nella semiotica moderna.  

 

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