MAX WEBER


LA RAZIONALITA'

Secondo Max Weber, l’Occidente ha avuto uno sviluppo diverso rispetto a quello di ogni altra cultura al mondo: ciò in virtù del fatto che soltanto in Occidente il processo di razionalizzazione è progredito a tal punto da investire globalmente i sistemi di credenze, le strutture familiari, gli ordinamenti giuridici, politici ed economici, la scienza e addirittura le attività artistiche. Anche altrove la razionalizzazione ha avuto la sua importanza, ma mai come in Occidente: infatti – nota Weber – nei Paesi non occidentali essa non si è mai spinta ad inglobare ogni credenza e perfino l’attività artistica. Weber si interroga dunque su questo “sviluppo singolare” (Sonderentwicklung) e addiviene alla conclusione che esso è dovuto precipuamente al fatto che solamente in Occidente si è sviluppato un sistema di credenze che, ponendo il sacro (e quindi la divinità) su un piano assolutamente trascendentale rispetto al mondo terreno, ha consentito di guardare alla realtà naturale e umana come ad una realtà oggettiva, priva di significati magici e, pertanto, manipolabile - senza restrizioni - dalla volontà umana. L’ordine sociale, liberato dalla sacralità della tradizione, ha potuto così subire un processo di radicale trasformazione nella direzione della modernità e, all’interno di tal processo, un ruolo di primaria importanza è stato svolto dalla scienza (qui si innesta poi la distinzione weberiana “tra scienze naturali”, le quali spiegano, e “scienze sociali”, le quali, oltre a spiegare, comprendono). Il processo di razionalizzazione comporta una sempre crescente ed estesa razionalizzazione del mondo e dell’uomo che lo abita: l’uomo occidentale è, dunque, un uomo razionale, non già nel senso che tutto ciò che fa è razionale, ma piuttosto nel senso che egli può agire razionalmente e in ciò risiede la differenza tra uomo e natura: in natura ogni cosa pare avere un senso, così la pioggia ha senso se riferita al raccolto, ecc; ma se consideriamo in maniera a sé stante ogni singolo fenomeno naturale, ci accorgiamo che ciascuno di essi, di per sé, non ha senso (che senso ha, di per sé, la pioggia?); diverso è il caso delle azioni umane, che anche di per sé prese hanno un senso. A tal proposito, Weber suddivide (in Economia e società, cap.I) l’agire razionale in quattro diverse categorie:

1] “agire razionale rispetto allo scopo”: un’azione si dice razionale rispetto allo scopo se chi la compie valuta razionalmente i mezzi rispetto agli scopi che si prefigge, considera gli scopi in rapporto alle conseguenze che potrebbero derivarne, paragona i diversi scopi possibili e i loro rapporti;

2] “agire razionale rispetto al valore”: un’azione si dice razionale rispetto al valore quando chi agisce compie ciò che ritiene gli sia comandato dal dovere, dalla dignità, da un precetto religioso, da una causa che reputa giusta, senza preoccuparsi delle conseguenze;

3] “agire determinato affettivamente”: l’agire determinato effettivamente si ha nel caso di azioni risolvibili in pure manifestazioni di gioia, gratitudine, vendetta, affetto o di altro stato del sentire; come le azioni razionali rispetto al valore, anche quelle determinate affettivamente hanno senso di per se stesse, senza riferimento alle possibili conseguenze; tuttavia – a differenza delle azioni razionali rispetto al valore – queste non hanno riferimento consapevole all’affermazione di un valore, trattandosi piuttosto dell’espressione di un bisogno interno;

4] “agire tradizionale”: l’agire tradizionale è semplice espressione di abitudini; è dunque una reazione abitudinaria a stimoli ricorrenti, comportamenti che si ripetono senza interrogarsi su possibilità alternative e sul loro reale valore, senza porsi il problema se vi siano o meno altre vie per raggiungere gli stessi risultati.

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