MAX WEBER


A cura di P.Venditti

ANTROPOLOGIA DI WEBER E DI MARX

Nella struttura della nostra società la scienza conosce due direzioni: la sociologia borghese che ha come rappresentante Max Weber e il Marxismo che ha come rappresentante Karl Marx. L'ambito in cui si muovono le loro indagini è la struttura capitalistica, punto d'incontro delle diverse problematiche dell'uomo nella sua totale umanità, ove si manifesta la contraddizione dell'ordine borghese-capitalistico. Se si vogliono comprendere le ricerche sociologiche di Marx e Weber bisogna risalire a questa idea dell'uomo, analizzato da Weber dal punto di vista di una razionalizzazione universale e inevitabile, da Marx dal punto di vista negativo di una autoalienazione universale ma che si può sovvertire. Secondo Weber è la razionalità che si manifesta nello spirito del capitalismo borghese e che domina l'arte, la scienza, la vita statale ed economica del mondo moderno, infatti nell'economia capitalistico-borghese vi è una razionalizzazione economica che allontana l'uomo da se stesso. Le imprese capitalistiche ad esempio, investono una quantità di denaro non in base ai reali bisogni dell'uomo ma calcolando, e quindi razionalizzando, una entrata di guadagno sempre maggiore arrivando così ad una razionalizzazione dell'esistenza in favore della calcolabilità. Questa razionalizzazione esiste per Weber, anche nella mentalità del lavoratore che, invece di servire una persona, preferisce dare il suo lavoro pagato ad una azienda impersonale, arrivando ad essere in questo senso affine alla mentalità dell'imprenditore che reinveste ogni profitto per rinforzare la sua azienda e non arriva mai a godere pienamente del suo guadagno. Questo lavoro per Weber è insensato, perché entrambi coltivano un concetto professionale, che oggi chiamiamo specializzazione, con cui si cerca di raggiungere, attraverso una logorante lotta per il successo, una posizione professionale ed un accumulo di guadagno. Tutto questo esiste nella società capitalistico-borghese, dove l'uomo spersonalizzato vive nel calcolo esatto avendo come fine il puro guadagno. Ma, per Weber, è proprio questa razionalità che rappresenta la libertà di fronte a tutti gli ordinamenti, istituzioni e organizzazioni della moderna società capitalistica, poiché all'interno di tale società ci si muove come individui liberi, - agire come persona libera significa infatti, agire in vista di un fine adeguando razionalmente al fine posto i mezzi dati-. In questa correlazione tra mezzo e fine, decisiva per i concetti di razionalità, viene intesa da Weber l'irrazionalità poiché tale processo di razionalizzazione della nostra vita si rovescia nell'irrazionale: il guadagno ad esempio, finalizzato ad una economia sicura è razionale, mentre il guadagno razionalizzato in virtù del guadagno è irrazionale. Questo sistema rappresenta il carattere fondamentale della vita dell'occidente e il capitalismo ne è la potenza più fatale. Questo è, per Weber, il vero problema della civiltà, cioè la razionalizzazione che tende a rovesciarsi nell'irrazionale, in quanto, a proposito del mezzo per raggiungere un fine, il proprio mezzo si autonomizza e diventa esso stesso fine. Questa perversione assume anche per Marx la forma economica di un rovesciamento universale, consistente nel fatto che, in generale, la cosa domina l'uomo. Vi è, in Marx quanto in Weber, il presupposto che il fine originario e ultimo di tutte le istituzioni è rappresentato dall'uomo che ha perso la sua identità e importanza primaria a favore di un'economia che, essendosi autonomizzata, non ha più alcun rapporto chiaro con i bisogni dell'uomo come tale. Per Weber l'uomo stesso partecipa alla realizzazione di questa “gabbia d'acciaio” in cui vive e alla quale un giorno si rassegnerà impotente, perché è impossibile arrestare lo sviluppo di tale sistema sociale e umano, infatti dobbiamo accettare la quotidianità di questo mondo così composto e all'interno di esso agire su responsabilità propria. L'individuo, inserito in questo mondo di servitù, si regge su se stesso e realizza in questo mondo e contro di esso dei fini propri. Accettando quindi l'impostazione della società borghese, Weber si trova in una posizione opposta a quella di Marx, il quale voleva invece superare tutte le contraddizioni di questa società. L'analisi critica che Marx compie è infatti una critica del mondo borghese in generale, secondo il principio dell'autoalienazione in esso. Marx paragona l'uomo della società borghese alla merce, in quanto prodotto del semplice lavoro, e l'espressione economica dell'autoalienazione è costituita dal mondo delle merci come autoestraneazione dell'uomo nella cosa. Questa estraneazione nella cosa è, per Marx, autoalienazione in quanto sono le cose stesse che finiscono col diventare la misura dell'uomo astraendolo da ciò che è in realtà. Nella società capitalistico-borghese la merce è l'espressione economica dell'autoalienazione in quanto questa non viene scambiata come prodotto secondo bisogno umano, ma perviene sul mercato come valore diventato autonomo, per giungere nelle mani del venditore, poi nelle mani del consumatore, fino al punto in cui esso, cioè il prodotto, domina l'uomo assumendo una importanza primaria. Per superare questa perversione Marx sviluppa la possibilità di un ordinamento sociale comunistico a cui corrisponde non solo la rimozione del capitalismo ma un ritorno dell'uomo da parziale a naturale. E' significativo il fatto che quanto Marx rigettava come autoalienazione del mondo umano moderno, veniva accettato da Weber come destino inevitabile. L'idea Marxista di società umana e comunistica si attua soltanto nel superamento della contraddizione borghese tra vita privata e vita pubblica in una comunità che abbracci l'intera essenza dell'uomo. Solo quando l'uomo individuale è diventato, nel suo lavoro, nella sua vita empirica, un essere collettivo, riconoscendo le proprie forze come forze sociali, soltanto allora sarà compiuta l'emancipazione umana. Secondo Marx solo con un mutamento sociale diventa possibile la realtà personale e la dissoluzione della società è affidata al proletariato come ceto particolare. Il proletario infatti, nella sua attività lavorativa disumanizzata, in quanto deve alienare se stesso come merce, ha sviluppato una coscienza critico-rivoluzionaria per emanciparsi, insieme però all'emancipazione dell'intera società. Non appena il proletariato libera se stesso si dissolve con esso la proprietà privata e l'economia capitalistico-privata, giungendo al superamento della contraddizione borghese tra esistenza privata e esistenza pubblica, in una società senza classi, dove l'uomo è semplicemente uomo, superando la sua autoalienazione. Possiamo dire che la differenza tra le concezioni del mondo e le idee dell'uomo in Marx e Weber trova riscontro nelle rispettive divergenze di interpretazione del mondo capitalistico-borghese moderno: in Weber la razionalità, in Marx l'autoalienazione.

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