LUDWIG WITTGENSTEIN

A cura di


IL PRAGMATISMO DELLA LOGICA E DELLA MATEMATICA

Pure dal riconoscimento della pluralità dei giochi linguistici consegue che la logica non offre un'analisi del significato delle proposizioni valida per tutti i casi, e che la ricerca di " una forma generale della proposizione " (la quale appariva l'obbiettivo dell'analisi logica linguistica) è inattuabile . In effetti, quel che sembra comune alla pluralità delle forme, degli enunciati linguistici e che si esprime in quelle specie di "superconcetti" che sono il linguaggio, l'esperienza, il mondo, l'io si fonda non già su presunti universali, su presunte essenze unitarie e univoche, bensì solo su semplici affinità, che non cancellano l'irriducibile particolarità e varietà dei vari significati e dei vari giochi linguistici. Per caratterizzare queste affinità, Wittgenstein si è servito del celebre concetto di somiglianze di famiglia . Come tra gli appartenenti a un unico ceppo familiare si possono intravedere certi tratti omogenei, per altro mai costanti-generalizzabili (A assomiglia a B in una certa caratteristica, B assomiglia a c in un' altra caratteristica, ecc.), allo stesso modo nei linguaggi umani sono accettabili alcune parentele di varia specie e grado, che però non esibiscono mai concetti.

" Invece di mostrare quello che è comune a tutto ciò che chiamiamo linguaggio, io dico che questi fenomeni non hanno affatto in comune qualcosa, in base al quale impieghiamo per tutti la stessa parola, - ma che sono imparentati l' un con l' altro in modi differenti. E grazie a questa parentela, o a queste parentele, li chiamiamo tutti linguaggi. Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio che con l'espressione somiglianze di famiglia; infatti le varie somiglianze che sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono e si incrociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, colore degli occhi, modo di camminare, temperatura, eccetera. E dirò: i giochi formano una famiglia ". (Ricerche filosofiche, 65 e 67)

Di grande rilievo è anche il cosiddetto anti-mentalismo di Wittgenstein, il quale si collega all'orientamento pragmatistico cui si è fatto cenno poc'anzi. La caratteristica di una funzione come ad esempio il comprendere (o anche del volere, del sapere, del ricordare) va cercata non (mentalisticamente) in un processo psichico nascosto, ma nel fatto pragmatico di " seguire una regola ", cioè nell'uniformarsi alle abitudini, agli usi e alle tecniche pratico-sociali di vita che concorrono variamente a costruire la storia naturale dell'uomo.

" Fare una comunicazione, dare o comprendere un ordine, e simili, non sono cose che possono essere state fatte una volta sola. Seguire una regola, fare una comunicazione , dare un ordine, giocare una partita a scacchi sono abitudini (usi, istruzioni). Seguire una regola è analogo a obbedire a un comando. Si viene addestrati a obbedire al comando e si reagisce ad esso in una maniera determinata. Per questo seguire una regola è una prassi. " (Ricerche filosofiche, 199 e 202)

Particolarmente interessanti sono, infine, le conclusioni alle quali Wittgenstein perviene a proposito della natura della logica. Per l' autore delle Ricerche i costrutti logici, ben lungi dall' esprimere o riflettere verità universali-assolute, hanno un contenuto essenzialmente normativo: contengono semplicemente norme e convenzioni riguardando l' uso dei simboli, delle parole. Il fatto che a tali costrutti si attribuisca un significato universale non dipende certo da una loro pretesa purezza e sublimità (come se, sottolinea Wittgenstein, anche la logica non fosse " tenuta ad affliggersi con i particolari di tutto ciò che accade " ed avesse a che fare solo con la presunta " essenza di tutte le cose "): dipende soltanto da una loro particolare fruibilità ed efficacia pragmatica, legate a loro volta a precisi presupposti e ideali della conoscenza e del comportamento umano. Anche concetti apparentemente puri e universali come principio, legge, prova, deduzione, verità non sono in alcun modo superconcetti in grado magari di fondare un superordine. Anch'essi sono altro che strumenti espressivi, sostanzialmente non dissimili da tutti gli altri. Correlativamente, il loro uso " deve essere terra terra, come quello delle parole 'tavolo', 'lampada', 'porta' ". Ne consegue che lo statuto dell'indagine logica non può essere quello assoluto e fondativo ch' era stato teorizzato dall'atomismo logico e dal neopositivismo (oltrechè, in larga misura, dallo stesso Wittgeinstein del Tractatus ). Cade in particolare, quello che viene definito il pregiudizio della purezza cristallina della logica . Rinunciando a certe sue ambizioni, la logica si configura ora come modesta (ma sempre preziosa e insostituibile) analisi dei concetti e delle connessioni che governano determinate organizzazioni linguistiche in rapporto a fini e obiettivi molteplici e pratici - in rapporto a ciò che Wittgenstein chiama " il nostro reale bisogno ". Anche in relazione alla matematica, il proposito di Wittgenstein è quello ch' egli indica coll' incisiva espressione di " metterla in borghese ", sottolineando (in sintonia con certe posizioni del logico costruzionista-intuizionista Brouwer) il carattere pragmatico dei costrutti matematici, la loro natura di meri modelli delle operazioni consentite in un determinato linguaggio.

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