Per la prima volta nella storia umana, oggi il lavoro produce sofferenza e dolore tanto in chi ne ha uno, quanto in chi non ne ha alcuno. Le condizioni del lavoro sono in evidente fase di regresso in tutto il quadrante occidentale, ossia nel mondo che per ironia della sorte seguita ad autoproclamarsi libero. Per inciso, la sfera del lavoro – che è il cuore del conflitto della società del capitale – è la sola in cui, ad oggi, sia apertamente riconosciuta e sancita giuridicamente l’asimettria tra datore e “subordinato”. Ebbene, l’Europa per la prima volta sta conquistando, quanto a diritti e condizioni lavorative, lo statuto di colonia tra le tante: i processi di globalizzazione non hanno esteso i diritti fuori dall’Europa, ma li hanno contratti nell’Europa stessa, in nome dei sempre encomiati processi di globalizzazione e di competitività senza frontiere. Si arriva, così, al paradosso di lavoratrici e lavoratori che, nel cuore dell’Europa, sono costretti a lavorare indossando il pannolone o a dichiarare se hanno intenzione di andare in maternità, per non parlare poi del supplizio del precariato e della flessibilizzazione del lavoro. No, non v’è nulla da festeggiare oggi. Deve invece essere una giornata di riflessione critica e di una “rabbia appassionata”, come la appellava Gramsci, che si trasformi in passione trasformatrice e in lotta redentiva.

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Di admin

Diego Fusaro